Appalti

Appalti, si allontana il decreto: risposta alle obiezioni Ue solo con un disegno di legge

di Giorgio Santilli

Una riforma organica del codice degli appalti che corregga anche le obiezioni fatte da Bruxelles si farà con il disegno di legge delega approvato dal Consiglio dei ministri e non ancora approdato in Parlamento. È questo l'orientamento di Palazzo Chigi che sta mettendo a punto la risposta alla lettera di messa in mora dell'Unione europea inviata quindici giorni fa.

Come anticipato ieri sempre su questo giornale, sembra allontanarsi quindi l'ipotesi di un decreto legge che intervenga immediatamente sul codice. L'ipotesi di un decreto più volte era stata ventilata nei giorni scorsi, soprattutto dal vicepremier leghista Matteo Salvini, che ha parlato di un dcereto «cantieri veloci». Anche le imprese di costruzioni hanno più volte chiesto, per voce dell'Ance, un provvedimento urgente che corregga immediatamente il codice, prendendo spunto proprio dai rilievi mossi dall'Unione europea.

La convinzione di Palazzo Chigi è che con il Ddl si possa affrontare in modo organico la riforma evitando strappi. Nei giorni scorsi era stato il vicepremier pentastellato Luigi Di Maio a dire che la riforma si sarebbe fatta in otto mesi.

Probabilmente nel governo c'è anche l'esigenza di trovare una risposta condivisa sul tema degli appalti fra una Lega più interventista e M5s più attendista. Finora non si è riusciti a varare nessuna norma, nonostante i numerosi annunci, con l'eccezione di quella contenuta nella legge di bilancio che alza a 150mila e a 350mila euro le soglie per le trattative private e per competizioni informali e snelle.

Una norma che aveva provocato la critica molto dura del presidente dell'Anac, Raffaele Cantone. E proprio la notizia trapelata nei giorni scorsi della domanda presentata da Cantone al Csm per tornare a fare il magistrato, lasciando quindi l'Anac al più tardi alla fine del suo mandato, nell'aprile 2020, ha probabilmente indotto il governo a qualche cautela in più sulla riforma del codice. Cantone non ha infatti nascosto la propria opposizione a provvedimenti che stravolgano il quadro legislativo.

Ora la priorità è rispondere alla Ue. Il codice è finito nel mirino della Commissione Ue per la «mancata conformità del quadro giuridico italiano alle direttive del 2014 in materia di contratti pubblici» (le numero 23, 24 e 25). Per la risposta c'è tempo comunque fino a marzo.
Le norme italiane nel mirino di Bruxelles sono numerose, ma fra i rilievi più gravi ci sono quelli relativi al subappalto su cui si evidenziano ben sei violazioni relative ad altrettante norme: a) il divieto di subappaltare più del 30% di un contratto pubblico; b)l'obbligo di indicare la terna di subappaltatori proposti; c)il divieto per un subappaltatore di fare a sua volta ricorso a un altro subappaltatore; d)il divieto per il soggetto sulle cui capacità l'operatore intende fare affidamento di affidarsi a sua volta alle capacità di un altro soggetto; e) i divieti per diversi offerenti in una determinata gara di fare affidamento sulle capacità dello stesso soggetto, per un potenziale subappaltatore indicato di presentare a sua volta offerta e per lo stesso soggetto di essere offerente e subappaltatore di un altro offerente; f) divieto per gli offerenti di avvalersi delle capacità di altri soggetti quando il contratto riguarda progetti che richiedono opere complesse.

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