Appalti

«Codice appalti, piano città, credito: subito il decreto per i cantieri veloci»

di Giorgio Santilli

«È bene che dopo il vicepremier Salvini anche il vicepremier Di Maio si dica favorevole a un decreto legge per i cantieri veloci. Perché il tempo delle promesse da marinaio deve finire e anche il tempo delle ideologie sulle infrastrutture. Le infrastrutture sono beni collettivi, non individuali, che consentono ai cittadini di vivere meglio e alle imprese di essere più competitive, c’è poco da demonizzare o ridicolizzare con le battute su Lione. Ora attendiamo che il decreto si faccia davvero per sbloccare gli investimenti pubblici e che non si fermino opere in corso proponendo analisi per fare la quinta riprogrammazione in dieci anni». Gabriele Buia, presidente dell’Ance, vede con favore gli spiragli aperti negli ultimi 3-4 giorni dalle forze politiche di governo, ma resta sul chi va là. Servono i fatti ora, il tempo delle parole cui non corrispondono fatti è finito e il settore delle costruzioni è sull’orlo del baratro. Meno litigi, più fatti. A partire dal decreto che veramente aggredisca le lentezze burocratiche e stappi i colli di bottiglia.

Un canale diplomatico sembra riavviato fra i costruttori e il governo ma è una tregua fragilissima nei giorni in cui anche il governo rischia di cadere sulla questione infrastrutturale. Ance ripropone un documento con due piani temporali su cui lavora da tempo e su cui qualche convergenza sembra maturare. Le imprese chiedono subito «le norme per accelerare i tempi dei passaggi al Cipe, i visti della Corte dei Conti, le autorizzazioni edilizie e urbanistiche, le prime modifiche al codice degli appalti, lo sblocco dei fondi fermi al ministero dell’Ambiente, un piano sul “modello spagnolo” con corsie veloci per accelerare gli investimenti dei comuni, quelli per le scuole e per il dissesto idrogeologico, un fondo di garanzia in favore delle banche che consenta di evitare la svendita dei crediti incagliati e nuove restrizioni di credito al settore, la velocizzazione dei pagamenti della pubblica amministrazione, una correzione dello split payment che oggi drena 2,5 miliardi di liquidità dal settore». Poi c’è il piano dello «sviluppo del Paese di medio-lungo periodo» con una riforma organica del codice degli appalti (che attualmente è prevista in un disegno di legge delega dai tempi molto lunghi), gli incentivi fiscali degli ecobonus e del sismabonus estesi alla «demolizione e ricostruzione», un programma di investimenti per rendere competitive le nostre città. Servono cifre, opere e impegni concreti. Un tavolo dove tracciare impegni concreti.

E proprio sul rilancio delle città - anche qui con fondi e programmi concreti - si svolge il nuovo pressing dell’Ance, immediato e di prospettiva perché la riqualificazione e la rigenerazione urbana può diventare la sfida del Paese. «Dopo il monitoraggio delle opere bloccate che ci ha portato a segnalare al governo 600 opere ferme per un valore di 36 miliardi- dice Buia - ora passiamo a un’opera sistematica e capillare di denuncia del degrado delle nostre città: faremo un censimento di ogni singolo edificio degradato e poi aspetteremo una risposta da chi deve trovare soluzioni. Lo sblocca-città dopo lo sblocca-cantieri. In questo modo faremo capire ancora meglio come questo settore sia al servizio della qualità della vita dei cittadini. Devono darci gli strumenti per intervenire, rendendo più conveniente e più facile investire per i cittadini e per le imprese».

Sul codice appalti, infine, le modifiche che dovrebbero scattare subito per l’Ance, quindi con decreto, sono anzitutto quelle che servono per rispondere alla procedura di infrazione Ue. «Le priorità sono il subappalto, i criteri di aggiudicazione, la qualificazione, la revisione prezzi e il contenzioso «per cui le imprese hanno bisogno di risposte in tempi brevi».

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