Appalti

Bruxelles: il codice appalti viola le regole Ue, subappalti e avvalimento nel mirino

di Mauro Salerno

Anche se i dettagli non sono ancora del tutto noti, ci sono sicuramente le regole sui subappalti e la disciplina dell’avvalimento, oltre a quella delle cause di esclusione dalle gare tra i punti che Bruxelles contesta al modo con cui sono state recepite in Italia le tre direttive europee su appalti e concessioni varate nel 2014. Sul banco degli imputati, quasi inutile dirlo, c’è il codice entrato in vigore del 2016. E la notizia, deflagrata ieri pomeriggio, è che dopo aver lanciato i primi segnali di avvertimento già nel 2017, la Commissione europea alla fine si è decisa ad aprire la procedura di infrazione che - in assenza di risposte concrete - potrebbe condurre all’applicazione di pesanti sanzioni, come accaduto con il caso depuratori.

Per completezza, va precisato che l’Italia è solo uno dei Paesi finiti nel mirino di Bruxelles per non essersi conformata alle regole Ue sugli appalti: la lettera di messa in mora partita da Bruxelles è infatti stata spedita ad altri 14 Stati membri dell’Unione. Aspetto, questo, che non serve a smorzare le proteste dei costruttori che, tramite il presidente dell’Ance Gabriele Buia, chiedono al governo «di perdere altro tempo e a intervenire subito con un decreto urgente per modificare la normativa».

Le norme nel mirino
La Commissione ha finora mantenuto il massimo riserbo sui contenuti della lettera inviata al governo italiano. Secondo le prime indiscrezioni, le obiezioni sollevate sul codice appalti sarebbero diverse. Tra i punti più contestati ci sarebbe quasi con certezza la normativa sul subappalto (articolo 105 del codice), su cui già alla vigilia dell’approvazione del correttivo varato a maggio 2017, la direzione generale Mercato interno aveva risposto a un esposto dei costruttori bocciando i limiti imposti ai subaffidamenti (30% del valore complessivo dell’appalto). All’epoca la direzione generale aveva definito «molto preoccupanti» i vincoli delle norme italiane (incluso il tetto del 20% allo sconto sul valore dei subcontratti) perché «la previsione di limiti quantitativi generali e astratti applicabili laddove il subappalto è consentito, sembrano in netto contrasto con le norme e la giurisprudenza Ue».
Tra le norme del subappalto contestate ci sono anche l’obbligo di nominare una terna di subappaltatori e il divieto di subappaltare a cascata. Obiezioni in arrivo anche sull’avvalimento, con il divieto del prestito dei requisiti a cascata e l’impossibilità di appoggiarsi su altri soggetti nel caso di progetti che includono lavorazioni speciali.

Secondo quanto ricostruito finora, nel mirino di Bruxelles ci sarebbero poi alcuni passaggi delle norme che regolano l’obbligo o la possibilità di escludere dalle gare gli operatori non in linea con i requisiti o ritenuti poco affidabili (articolo 80 del codice). Non esente da rilievi sarebbe pure il capitolo dedicato ai concessionari.

Cosa succede ora
Il quadro completo si avrà solo quando verrà svelato in modo completo il contenuto delle violazioni rilevate in sede europea. Per ora la lettera di «messa in mora» resta coperta da riserbo. L’invio della lettera costituisce il primo passo dell’articolato iter con cui si dipana la cosiddetta «procedura di infrazione». Ricevuta la lettera il governo ha un lasso di tempo, in questo caso vengono concessi due mesi, per rispondere alle argomentazioni della Commissione, altrimenti Bruxelles potrà decidere di dar seguito alle lettere inviando un «parere motivato». Il parere motivato è il secondo passaggio della procedura di infrazione. Si tratta di una richiesta formale di conformarsi al diritto dell’Unione in cui si spiega perché la Commissione ritiene che il paese violi il diritto europeo. Anche in questo caso viene fissato un termine preciso per comunicarle le misure adottate per adeguarsi, in genere sono due mesi. Se anche questo passaggio va a vuoto scatta il deferimento alla Corte di Giustizia.
La maggior parte dei casi viene risolta prima di essere sottoposta alla Corte. Ma se un paese europeo, non comunica le misure che attuano le disposizioni di una direttiva in tempo utile, la Commissione può alla fine chiedere alla Corte di imporre sanzioni, come è in effetti avvenuto con i depuratori. Prima di arrivare fin qui ci vuole però tempo: una procedura di questo tipo può impiegare anni prima di arrivare al traguardo finale.

L’attenzione sugli appalti è però più alta della media. I contratti pubblici sono infatti la corsia attraverso la quale passa anche la spesa dei fondi europei. Se le regole sono complicate o disallineate dal diritto dell’Unione agli occhi della Commissione questo significa anche una spesa quantomeno inefficiente delle risorse. Argomento cui a Bruxelles sono piuttosto sensibili.

Tante occasioni mancate, Buia: subito le correzioni
È scattato invece subito l’allarme dei costruttori, che a dire il vero chiedono da mesi una riforma delle regole, addossando al codice non tutta, ma buona parte della crisi del settore dei lavori pubblici. «La decisione della Commissione europea - attacca il presidente dell’associazione costruttori Buia - conferma quello che andiamo denunciando da anni e cioè che il codice appalti ha completamente fallito l'obiettivo di riportare il settore dei lavori pubblici in Europa con regole semplici, chiare e trasparenti».

Lo stesso governo, fin dal discorso di insediamento del presidente Conte lo scorso giugno, aveva posto l’accento sulla necessità di semplificare il codice. Finora però, nonostante gli annunci, si è mosso poco. Anche l’ipotesi di attuare subito un primo pacchetto di norme urgenti con la conversione del decreto Semplificazioni è tramontata. E nell’orizzonte normativo restano solo i treni, non proprio rapidi, di un nuovo disegno di legge, oltre alla legge delega che il governo ha varato lo scorso 12 dicembre c che al momento non risulta neppure presentata in Parlamento. «Non possiamo attendere i tempi di una legge delega di riforma del Codice - incalza Buia -: Servono modifiche urgenti e tempestive per consentire lo sblocco dei cantieri e quindi dare risposte ai cittadini».

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