Appalti

Dl Semplificazioni/2. Aumenta la discrezionalità delle Pa sugli illeciti professionali

di Giuseppe Imbergamo (*)

Con il Dl 14 dicembre 2018, n. 135 (c.d. “Decreto Semplificazioni”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 290 del 14.12.2018) è stato modificato in modo significativo l'art. 80, comma 5, lett. c) del Codice dei contratti pubblici, dedicato alle ipotesi di grave illecito professionale.
In attesa della conversione in legge del decreto, appare opportuno svolgere alcune riflessioni, anche in considerazione degli effetti sulle dichiarazioni da rendere in gara relativamente alle procedure i cui bandi o avvisi sono stati pubblicati successivamente al 15 dicembre scorso, data di entrata in vigore del Decreto.

Le novità più rilevanti si concentrano nella lettera c-ter), del comma 5 dell'art. 80, formulato nei seguenti termini:
«5. Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all'articolo 105, comma 6 qualora:
c-ter) l'operatore economico abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili; su tali circostanze la stazione appaltante motiva anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa;»

Le modifiche intervenute, tutte incentrate sulla fase di esecuzione degli appalti, possono essere così riassunte:
• eliminazione, dal testo della pregressa disposizione, dell'inciso «non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio», riferito alla risoluzione anticipata in danno dell'operatore economico;
• inserimento dell'ipotesi di persistenti carenze nell'esecuzione dell'appalto tra i gravi illeciti;
• onere da parte dell'Amministrazione di motivare in ordine al tempo trascorso e alla gravità della violazione.

Occorre soffermarsi in particolare sulla cancellazione del riferimento alla contestazione in giudizio degli addebiti decisi unilateralmente dalle Amministrazioni e dagli Enti Pubblici.
In questo modo, viene meno una precisa garanzia per gli operatori economici, sottoposti ad una doppia discrezionalità: quella della stazione appaltante che ha deciso la risoluzione contrattuale e quella successiva (e non meno impattante) degli Enti che decidono l'ammissione nelle successive gare a cui l'impresa partecipa.

Allo stesso tempo, si complica la valutazione del Responsabile unico del procedimento, rispetto ad una fase, quella delle ammissioni alla gara, in cui si auspicava certamente più snellezza e meno complessità.

Alla luce della novella legislativa, pare dunque che la valutazione della rilevanza di una risoluzione, ancorché tempestivamente sottoposta alla cognizione di un giudice, spetti unicamente alla stazione appaltante, la quale non potrà comunque procedere all'esclusione dell'impresa, se non dopo aver attivato il contraddittorio con quest'ultima.

L'esclusione disposta dalla stazione appaltante, ad ogni modo, dovrà comunque dare adeguatamente conto delle ragioni per le quali la risoluzione sia tale da rendere dubbia l'integrità o l'affidabilità dell'operatore economico, anche avuto riguardo al tempo trascorso dalla presunta violazione e alla gravità della stessa.

La modifica normativa interviene, peraltro, in un momento in cui si attendeva la terza versione delle Linee Guida Anac n. 6, destinate specificamente al tema degli illeciti professionali. A questo punto, è lecito pensare che anche la versione delle aggiornate Linee Guida n. 6, inviata in data 28.9.2018 dall'Autorità al Consiglio di Stato per l'acquisizione del relativo parere (Parere del Consiglio di Stato - Commissione speciale n. 2616, reso in data 13.11.2018) dovrà essere rivista in funzione delle modifiche normative in commento.

Inoltre, la scelta operata con il Decreto Semplificazioni (che si ricorda, potrà o meno essere confermata dalla legge di conversione) interviene in un momento in cui si attende l'autorevole giudizio della Corte di Giustizia Europea (giudizio promosso con ordinanza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 2639 del 3.5.2018, con cui è stata rimessa alla Corte di Giustizia UE, Causa C-324/18), chiamata ad esprimersi proprio sul tema della compatibilità del previgente art. 80, comma 5, lett. c) con la Direttiva 2014/24/UE, e in particolare sulla circostanza che l'impugnazione delle risoluzioni subite sia elemento sufficiente e necessario per evitare le esclusioni motivate in base alle pregresse interruzioni contrattuali (ipotesi non espressamente richiamata dalla Direttiva 2014/24/UE, ma non per questo contraria all'impianto comunitario, incentrato peraltro sui principi del favor partecipationis e della proporzionalità delle cause di esclusione).

Quale che sia la valutazione operata dal giudice comunitario, laddove l'impostazione del decreto legge venisse confermata dalla legge di conversione, si assisterebbe comunque ad una modifica sostanziale del sistema.

Nel frattempo, spetta certamente agli operatori economici e alle stazioni appaltanti l'arduo compito di districarsi in un sistema giuridico in continuo movimento, aggravato dall'incertezza che regna sul concetto stesso di “gravità” e sul numero di ipotesi indefinito di illeciti professionali, ipotesi che aumentano ad ogni aggiornamento delle Linee Guida n. 6.
Sino ad oggi, in considerazione del quadro normativo previgente, il giudice amministrativo è intervenuto più volte a correggere il comportamento di alcune amministrazioni, chiarendo che la contestazione in giudizio di una risoluzione anticipata è di per sé sufficiente ad eliminare la valutazione dell'esclusione (da ultimo, Tar Lazio – Latina, Sez. I^, sentenza 8.1.2019, n. 3).
Occorrerà attendere la Legge di conversione per conoscere l'impostazione che verrà data ad una tematica certamente nevralgica, tanto per gli operatori economici quanto per le stazioni appaltanti.

(*) Studio Legale Piselli & Partners

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