Appalti

Cmc, sei richieste di fallimento, no delle banche e niente incassi: ecco come si è arrivati al Cda del 2 dicembre

di Alessandro Arona

Nel corso dell’anno sono state presentate sei richieste di fallimento a carico della cooperativa Cmc Ravenna, il colosso delle costruzioni (numero tre in Italia, 1.118 milioni di fatturato nel 2017) in concordato in bianco dal 7 dicembre scorso. Ma la situazione si è fatta critica soprattutto dopo il 9 novembre, quando la coop ha comunicato al mercato che non sarebbe riuscita a pagare la cedola sui bond (9,7 milioni) in scadenza il 15 novembre. Dopo quel comunicato sono piovuti numerosi decreti ingiuntivi da parte di fornitori, obbligazionisti e creditori, e il 21 novembre Unicredit, in qualità di banca agente, in conseguenza del mancato pagamento della cedola, ha notificato a Cmc l’attivazione del cross default (insolvenza incrociata estesa a tutti i debiti in corso).

Nel frattempo tutti i committenti, salvo l’Anas, continuavano a non pagare: di 136,7 milioni di pagamenti arretrati che la società si aspettava di incassare - causa del forte peggioramento della posizione finnaziaria netta già nella semestrale del giugno 2018 - solo 52 milioni sono effettivamente arrivati, i 50 milioni dell’Anas e poco altro.

Di conseguenza gli advisor nominati il 9 novembre, guidati da Mediobanca, hanno dovuto prendere atto che non esistono margini per una negoziazione in bonis con le banche, e che anzi il rischio concreto era di andare verso una veloce procedura di fallimento, viste le udienze al tribunale già fissate e nessuna possibilità di adempiere ai creditori.

Così si è arrivati alla drammatica riunione del consiglio di amministrazione di domenica 2 dicembre, con la decisione unanime di chiedere il concordato preventivo in bianco, unica strada individuata «a tutela del patrimonio sociale (che verrebbe depauperato dai pignoramenti dei creditori sociali più rapidi, con assorbimento di parte dell'attivo soltanto a favore di questi ultimi) e quindi della par condicio creditorum, sia al fine di evitare il fallimento della Società».

Il resconto dell’ultimo drammatico mese e mezzo di Cmc è condensato nel verbale del consiglio di amministrazione del 2 dicembre, di cui «Edilizia e Territorio» è in possesso.

MANCATI INCASSI E PIGNORAMENTI
«Alla fine dello scorso novembre - si legge nel verbale del Cda di Cmc - gli incassi ottenuti dalla Società nel periodo settembre-novembre 2018 sono risultati pari a soli 52 milioni di euro, rispetto ai 136,7 milioni previsti, e la Società si è venuta a trovare in crisi di liquidità con conseguenti mancati pagamenti di fornitori che hanno, poi, proposto avverso la Società decreti ingiuntivi, pignoramenti e istanze di fallimento».
Nel secondo semestre dell’anno, inoltre, sono stati presentate a carico della società sei istanze al Tribunale per la dichiarazione di fallimento.

CRISI RISALENTE E CANTIERI IN AFFANNO
«Non vi è dubbio che la crisi attuale della Società trovi origine in ragioni più risalenti nel tempo - spiega al Cda il presidente Alfredo Fioretti - riconducibili alla nota crisi del settore delle costruzioni, che già ne avevano provocato una certa fragilità finanziaria; ma gli incassi previsti, che avrebbero dovuto consentirne il recupero (come già accaduto in passato), sono invece mancati, provocando – come detto – una crescente crisi di liquidità, che a sua volta ha innescato una negativa reazione a catena, impedendo alla Società la regolare esecuzione delle commesse ed il puntuale adempimento delle obbligazioni».

LA STRETTA DEI CREDITORI
«Il 21/11/2018 Unicredit, quale Banca Agente, ha notificato alla Società, con riferimento alla linea di credito rotativa cd. “Revolving Credit Facility – RCF” ..., l'attivazione del Cross default ai sensi della clausola 9.1.10 del contratto di finanziamento sottoscritto in data 22 luglio 2016 ... in conseguenza del mancato pagamento, da parte di Cmc, della cedola scaduta in data 15 novembre 2018 relativa al suddetto bond». «Alla società sono stati notificati vari decreti ingiuntivi, soprattutto a seguito della comunicazione al mercato di cui alla premessa F, e pendono sei procedimenti per la dichiarazione di fallimento della Società (Reg.Ist.Fall. 123-124-141-143-146-148/2018), con udienza fissata avanti al Tribunale di Ravenna ....».

IMPOSSIBILE IL NEGOZIATO IN BONIS
«Gli approfondimenti sulla situazione economico, patrimoniale e finanziaria - si legge sempre nel verbale - condotti con l'ausilio degli advisor nominati, hanno evidenziato che la situazione di liquidità della Società è ulteriormente peggiorata, tanto da rendere ad oggi impossibile proseguire, in una prospettiva di continuità, una negoziazione in bonis con il ceto creditorio, sia bancario sia obbligazionario, e dunque portare a compimento una complessiva manovra di riorganizzazione dell'esposizione finanziaria della Società (idonea altresì alla sterilizzazione delle suddette istanze di fallimento pendenti), sulla quale la Società e gli Advisor hanno in primo luogo concentrato le loro analisi e attività, quale obiettivo primario».

LA SCELTA (INEVITABILE) DEL CONCORDATO
«L'ingresso alla procedura preconcordataria consentirà di congelare le pretese creditorie e di sviluppare il piano di ristrutturazione dei debiti, in un regime di protezione del patrimonio sociale da estemporanee iniziative individuali - cautelari ed esecutive - del suoi creditori, nonché dalle istanze di fallimento, le quali tutte vengono sospese in quanto
improcedibili nella fase concordataria».

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