Appalti

Pagamenti Pa, il governo studia una norma in Manovra per anticipare i soldi tramite Cassa Depositi

di Gianni Trovati

Il governo lavora a una riedizione dello sblocca-pagamenti della pubblica amministrazione. L’obiettivo è di liberare fino a 20 miliardi di euro. Lo strumento è l’anticipazione di liquidità da parte di Cdp, che non impatta sui problematici saldi della manovra. E la norma sbarcherà in legge di bilancio, già alla Camera o più probabilmente al Senato visti i tempi stretti.

Il ritorno in campo delle anticipazioni guarda prima di tutto agli enti territoriali perché sono loro ad avere la fila più lunga di creditori alle porte. Ma il sistema dei pagamenti pubblici è una catena, e spesso la cassa nei Comuni langue anche perché sono i fondi ministeriali a farsi attendere. Solo ieri, per esempio, è stato dato il via libera all’ultima rata, circa 1,2 miliardi, del fondo di solidarietà comunale.

Il nuovo sblocca-debiti fa il paio con la possibilità, che sarà data da un altro emendamento in manovra, di raddoppiare anche le anticipazioni di liquidità ai sindaci fino a 6/12 delle entrate, invece dei 3/12 previsti dalle regole ordinarie. In pratica i sindaci, oltre a chiedere fino a 3/12 al loro tesoriere, potranno ottenere dalla Cdp una quota equivalente: 1/12 delle entrate vale 5,1 miliardi, per cui la mossa può sbloccarne fino a 15.

La mossa fa parte di un ricco pacchetto su cui ieri governo e amministratori locali hanno trovato l’intesa in Conferenza Stato-Città. Al centro della discussione, che ha dato il via libera al Viminale per il decreto sui fondi 2019, ci sono state una serie di partite aperte dall’apparenza molto tecnica ma dalla sostanza molto pratica: circa 1,3 miliardi di stretta lamentata dai sindaci sulla spesa corrente, che vengono attenuati dall’intesa. Anche perché sarebbero numeri “pericolosi” nell’anno che vedrà lo sblocco delle aliquote locali. Prima di tutto, un altro correttivo in manovra eviterà di aumentare del 10% l’obbligo di accantonamenti per coprire i buchi aperti nella riscossione. Il parametro rimane al 75% dei mancati incassi, la base di calcolo si restringe da cinque a tre anni, e per questa via si evita di congelare 440 milioni. Un altro freno arriva per i fabbisogni standard: continueranno a distribuire il 45% del fondo di solidarietà, ma con i nuovi parametri.

Torna poi in campo il «fondo Tasi», nato nel 2014 per far quadrare i conti in 1.800 Comuni in uno dei tanti cambi di veste del fisco sul mattone. Scende dai 300 milioni di quest’anno ai 190 del 2019, ma sarà confermato nel 2020 e dal 2021 il governo ha promesso un pacchetto da 500 milioni. Nessuna apertura, invece, sui 563 milioni di taglio annuale imposto dalla spending review del 2014 e in scadenza a fine anno. Per questa ragione il presidente Anci Antonio Decaro riconosce i «passi avanti», ma aggiunge che sono «parizali».

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