Appalti

Grandi Lavori Fincosit cede a Salini la controllata Usa e Seli Overseas: primo passo per la continuità dei cantieri

di Alessandro Arona

Grandi Lavori Fincosit (Glf, sede a Roma, famiglia Mazzi), terzo grande gruppo di costruzioni andato quest'anno in crisi di liquidità con concordato in bianco aperto dal Tribunale di Roma il 12 luglio scorso (dopo il caso di Condotte e poco prima di Astaldi), ha messo nei giorni scorsi un punto fermo per il salvataggio della continuità aziendale, dei cantieri in corso e dell'assetto proprietario, seppure con un perimetro sostanzialmente dimezzato: la cessione a Salini Impregilo delle controllate Seli Overseas (infrastrutture in galleria) e Glf Construction Co (Miami, Usa). Il numero uno delle costruzioni in Italia, Salini Impregilo, aveva fatto pervenire il 20 giugno scorso l'offerta vincolante di acquisto (con scadenza 31 ottobre), condizionata però dal preventivo trasferimento da Glf alla controllata Seli del ramo d'azienda gallerie (inclusi i due lotti del Terzo Valico, Serravalle e Val Lemme). Preparate le carte, la cessione del ramo è stata autorizzata dal Tribunale il 4 ottobre scorso, e perfezionata contrattualmente il 9. Pochi giorni dopo Glf ha firmato dal notaio il contratto che cede in usufrutto le due società a Salini Impregilo. Da una settimana, dunque, il Gruppo Salini è subentrato a tutti gli effetti nell'esercizio dei diritti azionari e nella gestione delle due società Seli Overseas e Glf Usa.

Il perfezionamento dell'acquisto avverrà solo dopo l'autorizzazione del Tribunale (prevista entro poche settimane). In alternativa i giudici della sezione fallimentare potrebbero aprire la procedura ad offerte competitive di rilancio, ma certo non sarà facile sfidare il numero uno italiano delle costruzioni. Nel frattempo l'usufrutto a Salini garantisce da subito continuità ai cantieri (600 milioni di euro di portafoglio per Seli, 200 per la società Usa), mentre l'offerta complessiva è di 10 milioni per Seli e 10,779 per l'americana.

La cessione di Seli Overseas e Glf Usa a Salini Impregilo è uno dei tasselli chiave della strategia di ristrutturazione del gruppo, già delineata nella domanda del 5 luglio scorso al Tribunale di Roma. Oggi il gruppo Grandi Lavori Fincosit vale circa 350 milioni di euro di fatturato (contro i 447 medi 2014-2016), con un portafoglio di circa 1,3 miliardi (due miliardi nel 2016). Questa la strategia: 1) costituzione della controllata Newco Fincosit, già nel marzo scorso, con cessione già attiva da luglio del ramo lavori marittimi (tra gli altri piattaforma di Vado Ligure, piastra di Taranto, Tempa Rossa Eni); 2) cessione di Seli e Glf Usa a Salini Impregilo; 3) cessione altri asset minori; 4) proseguimento dell'attività diretta in alcuni contratti con cash flow favorevole; 5) ristrutturazione del debito.

Su circa 1,3 miliardi di euro di portafoglio lavori residuo (quote lavori da realizzare), circa 800 milioni sono andati a Salini Impregilo (200 nella società Usa e 600 milioni per Seli Overseas), mentre la parte che resta nel gruppo della famiglia Mazzi vale circa 500 milioni (300 nella newco Fincosit e 200 "in house" in Glf, lavori come la strada Rho-Monza e l'ospedale di Udine).

La nuova scadenza per la presentazione del piano concordatario in continuità dovrebbe essere il 12 dicembre. La liquidità incassata da Salini, circa 20 milioni, insieme a quella derivante dalle altre cessioni e dagli incassi dei crediti dalle amministrazioni, dovrebbe consentire a quel che resta del gruppo Glf di proseguire i cantieri e di provare ad acquistarne di nuovi, mentre a questo punto il tassello da definire è la ristrutturazione del debito, la percentuale cioè di "sacrificio" da chiedere ai creditori (banche e fornitori) in cambio della continuità aziendale e la certezza del pagamento della quota (ridotta) concordata. Per ora tutte le commesse rimaste in Glf stanno sostanzialmente continuando i lavori, senza ritardi nel pagamento degli stipendi e con cassa integrazione ridotta per i dipendenti (intorno al 20-25%), e anche in ambienti sindacali c'è fiducia che la soluzione in corso possa garantire il salvataggio di tutti i lavoratori attualmente impiegati (circa 900 in tutto tra parti cedute e parti che restano). Dopo l'ok del Tribunale al piano concordatario, naturalmente, l'ultima parola sulla ristrutturazione del debito spetterà per legge all'assemblea dei creditori.

Tornando indietro un paio d'anni nel film della crisi di Glf, sono stati proprio i contratti per il Terzo Valico (nuova ferrovia Av da Genova verso Novara e Milano, in costruzione) una delle cause scatenanti della crisi di Grandi Lavori Fincosit. Stiamo parlando della quota di lavori civili (il 60% del totale) che il general contractor Cociv (controllato da Salini Impregilo e dal 2017 commissariato dopo le inchieste per corruzione) deve affidare con gara europea. Nel 2016 Glf vince (con altre imprese) le gare per il lotto Serravalle (32 milioni la quota Glf) e Val Lemme (222 mln). Ma il commissario blocca tutto a fine 2016: sul Serravalle i lavori erano già partiti il 27/7/2016 ma l'11/12/2016 il commissario decreta la caducazione del contratto, per il Val Lemme il contratto non viene firmato e il 12/12/2016 la gara viene congelata. I due stop si sommano a situazioni di criticità comuni a molte altre imprese di costruzione: tempi lunghi di pagamento da parte della Pa, condizioni più stringenti dalle banche, trattive più difficili nei contenziosi in corso d'opera.

I vertici di Glf tentano da subito, da fine 2016, un piano con le banche per arrivare a: aumento di capitale a carico dei soci, dilazionamento del debito, nuova liquidità per 20 milioni per non rallentare i cantieri in corso. La società era allora la numero nove in Italia, con fatturato medio degli ultimi tre anni di 447 milioni di euro e portafoglio ordini di circa due miliardi e debito con le banche di circa 160 milioni, e altrettanto circa con i fornitori. Ma le trattative con le banche si protraggono per oltre un anno senza risultato, e la crisi di liquidità fa crollare il fatturato da 456 a circa 350 milioni di euro (bilancio consolidato non depositato). A fine 2017 il commissario di Cociv sblocca le due commesse del Terzo Valico, con firma del contratto Val Lemme e consegna cantiere a novembre 2017 e riconsegna cantieri per il Serravalle il 28 marzo 2018, ma a quel punta la società non ha più risorse per alimentare i lavori, il debito è salito (tra banche e fornitori) a 400 milioni, a maggio Anas rescinde tre contratti (in Sardegna e per il Colle di Tenda) che erano in affanno e le banche (anche scottate dalla contemporanea vicenda Condotte) bloccano le trattative. Il 5 luglio Glf chiede il concordato preventivo in bianco , concesso dal Tribunale di Roma il 12 luglio, fissando il termine del 12 ottobre per la presentazione della domanda definitiva di concordato e contestuale piano di ristrutturazione e continuità aziendale.

Già il 3 marzo era stata creata la newco Fincosit, con sede a Genova, alla quale il 18 giugno è stato ceduto in affitto il ramo dei lavori marittimi e le relative commesse (tra le altre i lavori in corso per la piattaforma portuale di Vado Ligure, Savona, le opere a mare per la piastra logistica del porto di Taranto, lavori per il progetto Eni Tempa Rossa).

Nei giorni scorsi, prima della scadenza del 12 ottobre, la società ha chiesto (come spesso avviene) la proroga di due mesi della scadenza, che il Tribunale dovrebbe concedere. Nel frattempo è maturata la cessione di circa metà del Gruppo a Salini Impregilo, avviata con l'offerta vincolante irrevocabile del 20 giugno. E qui torniamo alle vicende degli ultimi giorni, raccontate all'inizio.

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