Appalti

Autostrade, per la strage del bus sulla A16 i Pm di Avellino chiedono 10 anni per i vertici della società

di Ivan Cimmarusti

L'accusa al Tribunale di Avellino di aver «omesso di provvedere alla riqualificazione del viadotto Acqualonga sull'A16», contribuendo alla morte di 40 persone che viaggiavano su un autobus precipitato dal cavalcavia, rischia di avere un peso anche nell'indagine di Genova sul crollo del ponte Morandi, dove la mancata ristrutturazione avrebbe provocato 43 vittime. Per gli inquirenti liguri, ciò che potrebbe emergere dagli atti della Procura irpina - che ieri ha chiesto la condanna a 10 anni dell'ad di Autostrade (Aspi) Giovanni Castellucci, per il quale il vicepremier Luigi Di Maio chiede le dimissioni - è un presunto «modus operandi» poco attento della società controllata dal gruppo Atlantia, nella gestione della manutenzione stradale.Per questo la Guardia di finanza di Genova intende acquisire i documenti d'indagine dei pm di Avellino, che ieri hanno formalizzato le richieste di condanna per dodici persone, tra le quali anche il dirigente di Aspi Paolo Berti.

Il top manager è - assieme a Castellucci - nella lista dei 21 indagati di Genova, accusati di non aver pianificato una adeguata ristrutturazione del viadotto Polcevera. Un'accusa speculare a quella di Avellino, dove le consulenze tecniche dei pm avrebbero sollevato presunte gravi responsabilità di Aspi. Una perizia di 540 pagine, infatti, rischia di pesare nel giudizio al Tribunale irpino. Ma andiamo con ordine. Il 28 luglio 2013, sul viadotto Acqualonga dell'A16, in direzione Napoli, un autobus della Volvo perde il controllo, sfonda una barriera di tipo new jersey e precipita per 30 metri, provocando la morte di 40 persone e il ferimento di altre 29. Per i consulenti dei pm «la barriera non ha funzionato come avrebbe dovuto e come avrebbe potuto in condizioni di corretta manutenzione, a causa dell'elevato stato di corrosione dei tirafondi». Per i pm, dunque, tra le cause del grave incidente ci sarebbe anche la mancata manutenzione.

Un aspetto che emerge dagli atti, in cui si legge che «venivano rilevati gravi ed anomali fenomeni corrosivi degli elementi metallici (cd “tirafondi”) di collegamento delle barriere in calcestruzzo al cordolo del viadotto nonché fenomeni corrosivi sugli elementi di collegamento (giunzioni) al piede delle citate barriere». Secondo l'avvocato Giorgio Perroni, legale di Aspi, «le richieste di condanna appaiono a dir poco sconcertanti, perché non fondate su alcun dato scientifico oggettivo ed in contrasto con quanto emerso in dibattimento». Ha aggiunto: «Siamo convinti del fatto che nelle prossime udienze, nel corso delle quali verranno smentite in toto le considerazioni svolte dall'accusa, sarà possibile per il giudice cogliere a pieno la differenza intercorrente fra la genericità dell'intervento della Procura e la puntualità del rigore scientifico e probatorio che caratterizzerà invece i singoli interventi difensivi».

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