Appalti

Decreto Genova/1. Mancano le coperture: scontro Mef-Chigi poi l’annuncio: «Presto al Colle»

di Giorgio Santilli e Manuela Perrone

Doveva essere il segnale più importante del “governo del cambiamento”, la risposta alla fortissima apertura di credito dei cittadini simboleggiata cinque settimane fa dagli applausi ai funerali delle 43 vittime. Ma il decreto Genova si è rivelato un banco di prova faticoso. E neppure ieri è stato trasmesso al Quirinale, come era stato invece annunciato lunedì dal premier Conte. Approda al Colle in queste ore con la bollinatura del Mef, dopo la definizione di costi e coperture in un testo arrivato sprovvisto di parecchie cifre.

Nasce da qui l’ennesimo botta e risposta tra i tecnici dell’Economia e le voci politiche giallo-verdi, sullo stesso asse Palazzo Chigi-Mef già incendiato dalle polemiche del fine settimana su manovra e reddito di cittadinanza. In mattinata è il sottosegretario leghista alle Infrastrutture, Edoardo Rixi, a chiamare in causa la Ragioneria generale: «La colpa dei ritardi è loro, perché il documento è stato inviato il 21 settembre». Ma era un testo «largamente incompleto», fanno sapere nel pomeriggio fonti di Via XX Settembre. Anche perché, dopo l’approvazione «salvo intese» nel consiglio dei ministri del 13 settembre, il provvedimento si è allargato per ospitare una serie di interventi lunga ed eterogenea, dalla Liguria alle aree terremotate di Ischia e delle Marche oltre a una serie di altri aiuti. Il caos ha portato a sfoltire molti punti, accendendo però le proteste del governatore ligure Giovanni Toti: «Stupisce e preoccupa il susseguirsi di voci che modificherebbero sostanzialmente i contenuti concordati una settimana fa a Palazzo Chigi - spiega -. Mi chiedo se non sia più opportuno il ritiro del decreto e ricominciare da capo su basi solide».

Il via vai di misure aggiunte e tolte ha complicato un lavoro che già ha faticato parecchio a trovare la quadra sulle spese per la ricostruzione del ponte. Resta la richiesta ad Autostrade per l’Italia (Aspi) di provvedere al finanziamento: ma le regole di finanza pubblica impongono coperture certe, e non appese ai rischi di contenziosi con la società che appaiono molto probabili. Per questa ragione il testo finale prevede lo scudo pubblico del Fondo Infrastrutture. La partita si intreccia con la volontà del governo di escludere Aspi dai lavori. La mossa di trasformare il futuro commissario straordinario in stazione appaltante in grado di dribblare l’obbligo di gara ha fatto emergere di dubbi di costituzionalità, che sarà il Colle a dover dirimere sulla base del testo definitivo.

I lavori su calcoli e tabelle hanno dovuto poi affrontare il puzzle delle tante norme aggiunte nei giorni di gestazione del decreto. Per Genova sono arrivate le assunzioni extra negli enti locali (Comune, Città metropolitana e Regione Liguria), i fondi in più per il trasporto pubblico e gli aiuti fiscali a famiglie e imprese. Sorvegliate speciali sono state poi le misure su Ischia, con il commissario ad hoc e la possibilità di assicurare contributi fino al 100% delle spese per la ricostruzione di imprese e case private. Nelle bozze era spuntata anche la rimodulazione di una serie di mutui agevolati previsti da vecchie norme per l’autoimprenditorialità e le nuove imprese del Mezzogiorno, con la possibilità di sospendere le rate e allungare gli ammortamenti fino al 2026, pure nei casi in cui i ritardi nei pagamenti avessero già portato alla risoluzione dei contratti con Invitalia.

Il testo, alleggerito rispetto alle bozze degli ultimi giorni, arriva ora al Quirinale per l’esame finale e la promulgazione. Ma la partita non è chiusa. Anche Palazzo Chigi, nel comunicato con cui ieri sera prova a gettare acqua sul fuoco e a negare ritardi «per l’avvio delle misure di sostegno», riconosce che a completare l’opera dovrà pensarci la legge di bilancio, finanziando una serie di spese correnti che per i prossimi anni sono ancora senza copertura.

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