Appalti

Appalti sottosoglia, nessun “diritto” dell’impresa alla proroga del contratto o all’invito alla gara

di Roberto Mangani

L'affidamento dei contratti di importo inferiore alle soglie comunitarie trova una specifica disciplina nell'articolo 36 del D.lgs. 50/2016, che delinea un sistema autonomo caratterizzato da regole specifiche ed esaustive. Tale disciplina - che ha subito limitate ma significative modifiche ad opera del Decreto correttivo n. 56 del 2017 - si muove nell'ambito di due diverse esigenze, non sempre facilmente conciliabili. Da un lato viene perseguito l'obiettivo di individuare procedure di affidamento il più possibile semplificate, che consentano significativi margini di flessibilità tanto più rilevanti quanto minore è l'importo del contratto. Dall'altro vi è l'esigenza di porre comunque dei limiti all'azione degli enti appaltanti, al fine di evitare che la discrezionalità di cui essi godono sia totale e sfugga ad ogni sindacato, anche giurisdizionale. Nella ricerca di un punto di equilibrio tra le due esigenze si muove la giurisprudenza che, a seconda dei casi, privilegia l'istanza di semplificazione ovvero la finalità di limitare l'attività discrezionale degli enti appaltanti.
È in questo ambito che si collocano due recenti sentenze del giudice amministrativo di primo grado, che si occupano sotto specifici profili delle modalità di azione degli enti appaltanti nell'affidamento dei contratti sottosoglia.

La proroga della durata dei contratti sottosoglia
Una prima pronuncia è del Tar Lazio, Sez. II bis, 10 settembre 2018, n. 9212 . La questione sottoposta al giudice amministrativo ha preso origine dal ricorso presentato dal titolare di un contratto di appalto di servizi nell'ambito del quale era contenuta una clausola con cui veniva prevista la possibilità di proroga dello stesso. A fronte di questa clausola il titolare del contratto contestava la scelta dell'ente appaltante di indire una procedura negoziata per il riaffidamento del servizio. Secondo il ricorrente l'ente appaltante, tenuto conto della possibilità di proroga prevista nel contratto e prima ancora nei relativi atti di gara, avrebbe dovuto procedere alla proroga o, in alternativa, fornire un'idonea e circostanziata motivazione delle ragioni che lo avevano indotto a una scelta diversa, e cioè all'indizione di una procedura negoziata a inviti.
Il giudice amministrativo ha respinto il ricorso, disattendendo totalmente le considerazioni avanzate dal ricorrente. A sostegno di questa decisione il Tar Lazio ricorda in primo luogo come nell'ordinamento dei contratti pubblici vige tradizionalmente il principio generale secondo cui una volta scaduto il contratto l'ente appaltante deve indire una nuova gara per il riaffidamento dello stesso, ed anzi ha l'onere di predisporre gli atti di gara con sufficiente anticipo, così da garantire la vigenza del rapporto contrattuale senza soluzione di continuità.
In questo contesto la proroga dell'originario contratto costituisce uno strumento del tutto eccezionale, cui si può ricorrere solo in presenza di circostanze altrettanto eccezionali che rendano impossibile l'attivazione degli ordinari meccanismi concorrenziali.
Quanto detto trova conferma nelle previsioni contenute nell'attuale disciplina dei contratti pubblici e, in particolare, dall'articolo 106, comma 11 del D.lgs. 50/2016. Tale norma prevede infatti la possibilità di proroga, ma la circoscrive entro limiti ben definiti. In primo luogo la proroga deve intervenire in relazione a contratti ancora in corso di esecuzione; in secondo luogo deve essere stata prevista nei documenti di gara. L'ultimo vincolo è di natura temporale: la proroga è infatti limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura di gara che nel frattempo deve essere stata avviata.
Ulteriore previsione è che in caso di proroga il contraente è tenuto all'esecuzione delle prestazioni a prezzi, patti e condizioni identiche o migliorative rispetto a quelli di cui al contratto originario. In realtà quest'ultima previsione non appare pienamente aderente all'orientamento giurisprudenziale dominante e ricordato anche dal Tar Lazio secondo cui solo in presenza di un mero differimento della durata del rapporto contrattuale si può parlare di proroga in senso proprio, mentre laddove alcune condizioni contrattuali vengano modificate - anche se a vantaggio dell'ente appaltante - si tratterebbe non di una proroga ma di un rinnovo.
Va tuttavia evidenziato che la possibilità di proroga prevista dal legislatore e ribadita da una clausola contrattuale non crea alcuna legittima aspettativa né tanto meno alcun diritto in capo al contraente. Significative sotto questo profilo sono le ragioni della proroga indicate dal legislatore, che si sostanziano nell'esigenza di dare continuità alle prestazioni per il solo tempo necessario allo svolgimento della procedura di gara finalizzata all'individuazione del nuovo contraente. In questo modo, lo stesso legislatore ha voluto evidenziare che la regola che vige è sempre quella di svolgere una regolare procedura di gara e che in questo contesto la proroga resta un fatto eccezionale e temporalmente limitato.
La conclusione di questo insieme di considerazioni, cui giunge anche il Tar Lazio, è non solo che è pienamente legittima la scelta dell'ente appaltante di far luogo a una procedura negoziata per l'affidamento di un contratto pur in presenza di una facoltà di proroga, ma che tale scelta non necessita di alcuna particolare motivazione.

Il “diritto” di essere invitati alla procedura negoziata
La seconda pronuncia è Tar Molise, 14 settembre 2018, n. 533 e si riferisce allo svolgimento della procedura negoziata prevista dall'articolo 36 del D.lgs. 50 per l'affidamento dei contratti sottosoglia. La norma stabilisce che si faccia luogo a una procedura negoziata a inviti per affidamenti superiori a 40.000 euro e fino a 1 milione di euro per i lavori – per lavori di importo superiore è previsto il ricorso a procedure ordinarie - e alle soglie comunitarie per i servizi e le forniture. Gli inviti devono essere formulati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici.
Naturalmente non vi è alcuna preclusione al fatto che l'ente appaltante decida di svolgere una procedura negoziata per l'affidamento di contratti di importo inferiore a 40.000 euro, che in base alla norma potrebbero essere oggetto di affidamento diretto.
Questa ipotesi si è verificata nel caso preso in esame dal giudice amministrativo. L'ente appaltante aveva infatti indetto una procedura negoziata per l'affidamento dei servizi di raccolta, trasporto e conferimento di rifiuti differenziati, pulizia stradale, manutenzione e cura del verde, manutenzione del cimitero e trasporto di persone e cose. L'importo a base di gara risultava inferiore a 40.000 euro.
Un operatore del settore contestava tale modalità lamentando che l'ente appaltante aveva circoscritto l'invito solamente a quattro soggetti, precludendogli la partecipazione alla procedura in violazione dei principi del favor partecipationis, della libera concorrenza, dell'economicità e della trasparenza. A ciò si aggiunga che l'affidamento aveva ad oggetto servizi eterogenei, circostanza che avrebbe consigliato una maggiore apertura al mercato rispetto ai limitati inviti operati dall'ente appaltante.
Il giudice amministrativo ha respinto il ricorso. In via preliminare ha evidenziato come, trattandosi di un contratto di importo inferiore a 40.000 euro, l'ente appaltante avrebbe potuto legittimamente far luogo all'affidamento diretto, prescindendo del tutto da qualunque confronto tra offerte. In secondo luogo nessun profilo di illegittimità può derivare dall'accorpamento in un unico appalto di una pluralità di servizi tra loro eterogenei, poiché rientra nella discrezionalità dell'ente appaltante affidare in unico blocco servizi non solo analoghi o assimilabili, ma anche servizi indipendenti purché ciò sia giustificato da ragioni di economicità.
Nel merito il giudice amministrativo ha sottolineato come la procedura seguita sia pienamente conforme al dato normativo, ed anzi estenda ai contratti di importo inferiore a 40.000 euro una procedura che il legislatore ha previsto per i contratti di importo più elevato. Si tratta comunque di una procedura in cui la speditezza prevale sul formalismo e il cui utilizzo, essendo legislativamente previsto, non necessita di alcuna particolare motivazione.
In linea più generale viene evidenziato come l'articolo 36 del D.lgs. 50 delinei un micro sistema esaustivo e autosufficiente che non implica particolari formalità e rispetto al quale anche l'osservanza dei principi generali cui deve essere ispirata l'attività contrattuale dei committenti pubblici non determina limiti puntuali.
In questo contesto non è configurabile alcun diritto dell'operatore di settore ad essere invitato alla procedura negoziata svolta dall'ente appaltante che, muovendosi nell'ambito delle previsioni legislative, gode di un'ampia discrezionalità nella scelta dei soggetti da invitare. Peraltro, trattandosi di un contratto di importo inferiore a 40.000 euro, come tale affidabile in via fiduciaria, si deve ritenere che, ancorché l'ente committente si sia determinato allo svolgimento di una procedura negoziata, non valgano neanche le indicazioni che vigono per la procedura relativa all'affidamento di contratti di importo superiore a tale soglia, secondo cui la scelta dei soggetti da invitare deve avvenire tramite indagine di mercato o elenchi di fiducia.

Contratti sottosoglia e principi generali
Come emerge anche da alcune affermazioni contenute nelle due pronunce l'affidamento dei contratti di importo inferiore alle soglie comunitarie trova una disciplina organica ed esaustiva nell'ambito dell'articolo 36 del D.lgs. 50.
Tale disciplina si incentra su procedure semplificate e, nel caso di contratti di importo più limitato, su un affidamento diretto che, in virtù della modifica appositamente introdotta dal D.lgs. 56/2017, può prescindere anche dalla consultazione di una pluralità di operatori economici.
Se questo è il quadro di riferimento sorgono oggettive difficoltà di applicazione della previsione contenuta nel comma 1 del medesimo articolo 36 secondo cui l'affidamento dei contratti sottosoglia deve avvenire nel rispetto dei principi generali individuati all'articolo 30. Si tratta dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, proporzionalità, trasparenza e pubblicità.
È infatti evidente che questi principi sono difficilmente coniugabili con modalità di affidamento che o prescindono totalmente da qualunque forma di pubblicità e di confronto competitivo - contratti fino a 40.000 euro - o comunque si svolgono sulla base di procedure negoziate a inviti in cui la libera concorrenza viene limitata e i principi di trasparenza e pubblicità vengono depotenziati nella loro attuazione pratica.
Sotto questo profilo sembra potersi concludere che gli affidamenti di forniture e servizi di importo inferiore alle soglie comunitarie e quelli di lavori di importo inferiore a 1 milione di euro sono governati da regole che lasciano un ampio margine di manovra agli enti appaltanti, rispetto ai quali anche l'osservanza dei principi generali dell'attività contrattuale subisce un significativo ridimensionamento.

La pronuncia del Tar Lazio n.9212/2018

La pronuncia del Tar Molise n.533/2018

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