Appalti

Torino-Lione/3. L’opera rischia lo stop, ma per ogni euro investito il Pil ne guadagnerebbe quattro

di Filomena Greco

Da un lato la competitività delle imprese nell’area Nord-Ovest. Dall’altro l’impatto economico, diretto e indiretto, dei lavori per realizzare la tratta internazionale della Torino-Lione. Sono settimane decisive per il futuro dell’opera, che si porta dietro un dibattito politico aspro, anni difficili di contestazione e una lunga fase di elaborazione arrivata ad un punto la scorsa primavera, dopo dieci diversi progetti e undici cambi di tracciato. Il rischio ora è che arrivi uno stop formale da parte del Governo, se l’analisi costi-benefici commissionata dal ministro Danilo Toninelli confermerà i dubbi di una parte del Governo.

L’iter e le ricadute economiche

La progettazione della Torino-Lione inizia nel 1996, passa attraverso otto delibere del Cipe, conta cinque valutazioni di impatto ambientale e ha alle spalle sette tra trattati e accordi internazionali, l’ultimo dei quali ratificato dai due parlamenti. Oggi il progetto è nella fase esecutiva, tanto che ieri Telt, la società responsabile dell’opera, ha diffuso una nota sull’ultimo bando – da 37 milioni– pubblicato sulla Gazzetta europea, quello sui controlli ambientali, organizzato «in coerenza con il planning previsionale», eppure rischia uno stop.

Gli esperti del Gruppo Clas hanno calcolato, nero su bianco, quanto vale l’impatto socio-economico delle opere per realizzare la tratta internazionale della Torino-Lione: in totale oltre 9 miliardi, considerando la quota di investimento diretto in capo all’Italia (3,1 miliardi), la produzione indiretta (3,4 miliardi) e le ricadute sull’indotto (2,5 miliardi). Un moltiplicatore di tre punti, dunque, che salirebbe a quota 3,77 se si considera l’effetto sul Pil del valore complessivo della produzione attivata in Italia per i lavori della tratta internazionale. Ma torniamo alle ricadute economiche: a beneficiarne secondo l’approfondimento di Clas, il comparto costruzioni, in primis, seguito da servizi alle imprese e industria. Rispetto all’impatto complessivo sul Pil, pesa in termini positivi la quota che l’Ue investirà direttamente per realizzare il collegamento, pari al 40% del suo valore. Secondo l’elaborazione curata dal gruppo di lavoro, l’intero finanziamento sostenuto per costruire la sezione transfrontaliera, considerando quota italiana e parte della quota europea, raggiunge i 5,4 miliardi, cifra che sommata alle ricadute della produzione indiretta e dell’indotto porta ad un totale di 11,3 miliardi, con un rapporto tra Pil prodotto e spesa sostenuta dall’Italia di quasi 4 a uno. Spalmato nel tempo, l’impegno finanziario diretto dell’Italia per realizzare la tratta internazionale della Torino-Lione – dunque tunnel di base e stazione internazionale di Susa – tra il 2020 e il 2027 raggiunge i 350 milioni all’anno, a fronte di un aumento del Pil nazionale, in termini diretti, indiretti e di indotto, pari a 1.320 milioni. Con un margine positivo di 970 milioni. Una valutazione socio-economica, di fatto, quella di Clas, che evidenzia come sia positivo il delta tra l’investimento diretto che l’Italia deve sostenere, in base all’accordo del 2012 che stabilisce le percentuali a carico di Italia e Francia, e le ricadute complessive sul prodotto interno lordo.

Il dibattito

Le conclusioni dello studio saranno al centro dei lavori durante la giornata organizzata domani a Torino da Confindustria Piemonte (Fabio Ravanelli) e dall’Unione industriale di Torino (Dario Gallina), alla presenza del presidente degli industriali italiani Vincenzo Boccia. Una chiamata a raccolta di 200 tra aziende e imprenditori, accanto alle associazioni territoriali dell’asse attraversato dal Corridoio mediterraneo: oltre al Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, FriuliVenezia Giulia e Trentino Alto Adige. Al tavolo gli esponenti del Medef, la Confindustria francese, e Jean-Louis Colson, Capo dell’Unità Reti di trasporto per la Commissione europea. Al centro del dibattito anche le potenzialità future delle reti europee, in particolare rispetto ai traffici dal Far East, tema su cui interverrà Raffaele Marchetti, della Luiss.

La fotografia

Tra le premesse metodologiche dello studio, il valore dell’interscambio tra Italia e Francia, oltre 70 miliardi, con un saldo attivo di 10 miliardi per l’Italia, e più di 42 milioni di tonnellate di merci trasportate lungo l’asse dei due paesi, per il 90% su gomma. Ma cosa succede sugli altri versanti? La Svizzera ha realizzato a sue spese due tunnel di base. Sull’intero arco alpino sono 7 i tunnel di base in fase di realizzazione: oltre al Moncenisio, Gottardo, Ceneri, Lötschberg, Brennero, Semmering e Koralm.

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