Appalti

Cassazione: risoluzione per inadempimento della Pa anche senza l'iscrizione delle riserve

di Paola Rossi

Per la Corte di cassazione la domanda giudiziale di risoluzione del contratto di appalto pubblico per inadempimento della Pa non è impedita dalla mancata iscrizione delle riserve. Cioè la richiesta da parte dell'appaltatore di risoluzione del contratto per inadempimento dell'amministrazione, in questo caso un Comune, non è condizionata dall'avvenuto adempimento formale dell'iscrizione in bilancio delle riserve espresse dalla parte privata su fatti che comportano maggiori oneri di spesa o minori entrate. Infatti, come dice la Cassazione con la sentenza n. 21656 depositata il 5 settembre, la riserva attenendo a una pretesa economica (maggiori spese o minori introiti per l'appalto) di sicura matrice contrattuale presuppone l'esistenza di un contratto valido. Quindi se si contesta l'esistenza stessa di un contratto valido - come nel caso della risoluzione - le pretese contro l'inadempimento della stazione appaltante non sono condizionate dall'istituto delle riserve.

Per questo il Comune in caso di domanda di risoluzione del contratto da parte dell'appaltatore non può opporre la mancata iscrizione delle riserve che nulla hanno a che vedere con la fase rescissoria del rapporto. Tant'è vero che, comunque, anche nel caso in cui vi sia stato l'assolvimento di tale onere, di iscrizione in bilancio delle riserve, questa circostanza non esime dal fornire la prova della domanda giudiziale.
Nel caso specifico oggetto dell'appalto pubblico erano i lavori per realizzare una fognatura nel territorio comunale che però erano stati sospesi dal Comune committente più volte, fino al totale blocco dei lavori per la presenza di cavi Enel nel suolo.

Oltre alla risoluzione per inadempimento l'impresa aveva chiesto e ottenuto anche il risarcimento danni per mancato guadagno e per i costi sostenuti

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