Appalti

Ponti e viadotti/1. Le schede arrivano al Mit, ma è solo ricognizione dell’esistente

di Alessandro Arona

Il «monitoraggio dello stato di conservazione e manutenzione delle opere viarie e dighe», chiesto dal Ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli in seguito al crollo del Ponte Morandi a Genova, e avviato il 16 agosto dal Ministero, ha prodotto una prima ricognizione a tappeto su tutti i ponti, viadotti e dighe a rischio, ma per ora nessuna nuova perizia o rilievi tecnici. I tempi stretti non hanno consentito di poterle fare («Ci vorrebbero risorse, e mesi di tempo» spiega a Edilizia e Territorio il direttore dell’Unione Province, Piero Antonelli). I materiali stanno arrivando ai Provveditori e poi al Mit, con qualche giorno di margine concesso rispetto rispetto alla scadenza del 30 agosto, ma quello che emergerà (tra una decina di giorni) sarà solo la mappatura delle infrastrutture su cui già erano state fatte delle perizie, e di quelle dove le perizie invece devono ancora essere fatte. L’Anas fa sapere di aver già fatto negli ultimi 12 mesi monitoraggi a tappeto sui propri ponti e viadotti (sono 13.200), mentre le Province stanno inviando al Mit la mappa di ponti e viadotti prive di monitoraggio, con una stima di quanto costerebbe fare le perizie tecniche. Una base di partenza - dunque - per stanziare fondi e fissare procedure e scadenze per fare il “vero” monitoraggio.

Questo quanto ricostruito da «Edilizia e Territorio» sentendo Anci, Upi, Anas, Aiscat e alcuni Provveditori. Il Ministero per ora non fornisce informazioni (per oggi è attesa alla Camera una relazione del Ministro Toninelli sul crollo del Ponte Morandi e quello che ne consegue).

Il Ministero delle Infrastrutture, nella lettera firmata il 16 agosto dal Capo dipartimento Infrastrutture Assunta Luisa Perrotti, e inviata ai Provveditori delle opere pubbliche (organi territoriali del Mit), chiedeva agli «enti e soggetti gestori» di strade e dighe di «rappresentare entro e non oltre il 1° settembre gli interventi necessari a rimuovere condizioni di rischio da essi riscontrate, corredando le relative segnalazioni di adeguate attestazioni tecniche e indicazioni di priorità» circa gli interventi di manutenzione straordinaria e messa in sicurezza da effettuare.
I tempi stretti del monitoraggio, poi precisati fra l’altro dai Provveditori nella data del 30 agosto, avevano allarmato Province e Comuni, gestori insieme di 155mila km di strade extraurbane (130mila le Province) su cui ci sono 35mila ponti e viadotti (circa 30mila le Province): in primis per capire se anche loro erano coinvolti nel monitoraggio, e poi su cosa si intendesse per «segnalazioni corredate da adeguate attestazioni tecniche» (da fare nel caso in dieci giorni lavorativi a fine agosto).

I Provveditori regionali (organi del Mit, non delle Regioni), «hanno adottato linee di condotta differenti», spiega l’Upi (Unione Province italiane): «alcuni non hanno proprio coinvolto i Comuni, altri invece sì, affidando alle Province il ruolo si raccogliere le segnalazioni in un ruolo di coordinamento, oppure in altri casi ancora chiedendo direttamente ai Comuni di inviare il monitoraggio» (così da parte dei Provveditori interregionali Lazio-Abruzzo e Sardegna, e quello di Basilicata, Molise, Puglia e Campania).
«Tuttavia - spiegano all’Anci nazionale, associazione Comuni - abbiamo chiarito con il Ministero, e i singoli Anci regionali con i Provveditorati, che in questi tempi stretti l’unica cosa realisticamente possibile era raccogliere i dati sulle situazioni di rischio già accertate, sulle quali erano già stati fatti monitoraggi e perizie. Abbiamo chiesto ai Comuni di inviare i dati anche a noi, presto saremo in grado di fare una prima mappatura dei risultati».

L’Upi ha inviato a tutte le Province una scheda tecnica per raccogliere i dati in modo omogeneo, nella quale vengono riportate le opere in due gruppi: 1) quelle che sono già state sottoposte a monitoraggio, su cui dunque si dovevano riportare eventuali interventi avviati o programmati: da allegare la relazione tecnica, lo stato della progettazione e il piano finanziario; 2) tutte le altre opere infrastrutturali in gestione, un censimento puntuale di quelle che necessitano monitoraggio, con la stima media dei costi necessari per realizzare le indagini tecnico-diagnostiche.

Il presidente dell’Upi Achille Variati ha chiesto alle Province di inviare anche all’associazione le schede compilate, «così da potere comporre il quadro nazionale che presenteremo al Ministero delle Infrastrutture». «I dati raccolti - proseguiva Variati - saranno parte essenziale della documentazione che presenteremo nell'ambito delle richieste per la Legge di Bilancio 2019, con le indicazioni puntuali Provincia per Provincia».

I tecnici del Ministero stanno ragionando sull’ipotesi di elaborare Linee guida uniforme su “come fare i monitoraggi” (quelli tecnici, sui ponti che non li hanno ancora fatti), al fine di arrivare a una classificazione di rischio (per livelli) simile a quello sismico sugli edifici, al fine di individuare poi livelli di priorità di intervento e fabbisogni finanziari.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©