Appalti

Codice appalti, Toninelli: semplificazione, ma senza ridimensionare l’Anticorruzione

di G.Sa.

Si infiamma la partita della riforma degli appalti che il governo considera una priorità: la semplificazione del codice approvato nel 2016 serve a rilanciare gli investimenti pubblici e l'esecutivo intende percorrerla rapidamente. Ma il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, esclude che il progetto di riforma del governo possa portare a un ridemensionamento dell'Anac guidata da Raffaele Cantone o dell'azione anticorruzione del governo, come invece riportato da alcuni giornali. «Un governo del M5S - ha scritto ieri Toninelli su Facebook - non abbasserà mai la guardia rispetto alla legalità e alla lotta contro la corruzione negli appalti. Certe ricostruzioni pseudo-giornalistiche sono totalmente campate in aria. Stiamo lavorando fin dal primo giorno del nostro mandato in piena sintonia con Anac, come indirettamente confermano anche le parole di oggi del presidente Cantone, per rendere più rapidi gli affidamenti con norme più chiare e semplici. È risaputo, infatti, che la corruzione e il malaffare si annidano facilmente proprio nella complessità e nell'opacità. Dunque, snellire le procedure non è in contraddizione con la difesa della legalità, tutt'altro».

Per altro, «il tavolo di lavoro vede un coinvolgimento attivo e qualificato dell'Anticorruzione che sta fornendo un contributo prezioso allo scopo di rilanciare quegli investimenti infrastrutturali che possono davvero far ripartire l'economia del Paese». Anche su un altro punto attribuito alle ipotesi di riforma del governo, il ritorno alla legge obiettivo, la smentita di Toninelli è drastica. «Non c'è alcun ritorno - dice drasticamente - ai principi della legge obiettivo». Da cosa nasce, dunque, l'equivoco sulle intenzioni del governo? Il ministro ha chiesto un mese fa circa con una lettera a meno di una decina di esperti - prevalentemente magistrati amministrativi - di partecipare a un gruppo di lavoro che favorisse un primo scambio di idee sulla riforma. Da questo lavoro, cui ha partecipato anche il capo dell'ufficio legislativo del ministero, potevano venire fuori alcune prime posizioni utili sulla riforma. Un verbale ha registrato alcune di queste idee senza che però vi fossero elementi di sintesi o di convergenza.

Non sono mancate, per esempio, posizioni sulla necessità di ridimensionare il soft power dell'Anac o richiami alla legge obiettivo ma su questi punti non c'è né una convergenza significativa né un “visto” ministeriale, come ha poi fatto capire ieri il ministro. Sulla riforma è intervenuto ieri lo stesso Cantone. «La legge obiettivo - dice il presidente Anac - io credo sia stata una delle peggiori mai fatte: ha creato tanti problemi sul piano dei controlli, era una sorta di libro dei sogni su cui si inserivano le opere pubbliche ma ne sono state fatte l'8%, dunque non è stata utile. Non so se la chiave di lettura della riforma possibile sia in questo senso, però: la direttrice non è chiara». Anche la privatizzazione degli appalti tramite concessioni sembra una strada poco percorribile. «Non so - dice Cantone - se l'idea è andare verso un meccanismo di privatizzazione. C'è una preoccupazione del governo, ne ho parlato a lungo con il premier Conte, sul fatto che il sistema degli appalti sia bloccato e c'è l'idea del ministro Tria di mettere in moto gli appalti. Sul modo io non credo che i nodi siano sciolti».

Sul tema della semplificazione c'è, in realtà, un largo consenso. «Semplificare è positivo» per il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che ricorda come sugli appalti ci sia una «questione temporale, cioè in quanto tempo facciamo le infrastrutture che indichiamo di realizzare. Bisogna affrontare la questione temporale nel Paese a partire dalla dotazione infrastrutturale. Ci sembra una buona cosa semplificare e accelerare in quei termini».Anche l'Ance, l'associazione dei costruttori - che smentisce la propria partecipazione a commissioni ministeriali - chiede semplificazione e stigmatizza un possibile ritorno, pur sottilineando le carenze del nuovo codice. Nessuna nostalgia per la la legge obiettivo che ha dato «un pessimo esempio sia per la trasparenza che per l'efficacia». Questo non toglie che «il Codice degli appalti non ha funzionato e quindi - dice il vicepresidente Ance Edoardo Bianchi - riteniamo che debba essere rivisitato in tutte quelle parti in cui non ha dato l'esito sperato». I costruttori chiedono «un esame in serenità senza schierarsi politicamente». I risultati - dice Bianchi - «dovevano essere più trasparenza e velocità nell'impegnare le risorse pubbliche ma alla legge delega i cui contenuti ancora oggi sono fondamentali è succeduta una genesi elefantiaca di un codice che con quella legge non c'entra per nulla». Nel mirino dei costruttori le promesse “mancate” di una soft regulation che invece si è tradotta «in regolamenti più lunghi e copiosi del passato, con solo una ventina di provvedimenti attuativi adottati su 60».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©