Appalti

Interdittiva antimafia, Palazzo Spada corregge l’Anac: l’utile dell’impresa al soggetto finanziatore, non alla Pa

di Massimo Frontera

Nel caso in cui l’impresa si stata commissariata a seguito di interdittiva antimafia, l’utile di gestione non deve essere versato alla stazione appaltante ma semmai al soggetto finanziatore dell’opera. Con questa affermazione il Consiglio di Stato si discosta da quanto affermato dall’Anac nelle “Quinte linee per la gestione degli utili derivanti dalla esecuzione dei contratti d’appalto o di concessione sottoposti alla misura di straordinaria gestione ai sensi dell’articolo 32 del decreto legge 90/2014”. La gestione dell’utile delle imprese commissariate rappresenta una materia delicata e complessa, sia per la scarsità di indicazioni operative contenute nella norma primaria (l’articolo 32 del decreto sulla Pa), sia perché a diverse cause del commissariamento corrispondono anche diversi percorsi di gestione. Nel suo parere, il Consiglio di Stato, illustra anche una panoramica dei diversi casi possibili.

Commissariamento per reati contro la Pa
Nei casi di commissariamento dell’impresa per reati contro la Pa, Palazzo Spada concorda con l’impostazione dell’Anac: è giusto mantenere il vincolo sugli utili accantonati, in attesa delle decisioni dell’autorità giudiziaria. Giusto anche stipulare «apposite convenzioni per la
remunerazione dell'utile accantonato (...) per evitare all'amministrazione il rischio di responsabilizzazione per gestione non diligente, per il caso in cui gli utili accantonati debbano, anche solo parzialmente, essere restituiti all'avente diritto».

Gestione separata per le diverse imprese del raggruppamento
I giudici condividono anche l’indicazione dell’Anac di «procedere ad accantonamenti separati degli utili delle singole imprese in Rti in relazione alla personalità della responsabilità penale ed alle ricadute sulla responsabilità degli enti dipendente da reato di cui alla legge n. 231/2001 e successive modifiche, che rende possibile decisioni di diverso segno rispetto a ciascun imputato e a ciascuna impresa coinvolta».

Avvalimento, tutelare l’impresa ausiliata incolpevole
Nel caso dell’avvalimento, i giudici rilevano una lacuna nelle indicazioni dell’Anac, nel senso che occorre evitare di vincolare gli utili dell’impresa ausiliata nel caso in cui l’impresa ausiliaria finisca nel mirino dei magistrati. Ma ecco il ragionamento dei Palazzo Spada: «Appare, altresì, opportuno integrare le Linee guida con un riferimento alla fattispecie dell'avvalimento. In tal caso, che potrebbe, in effetti, generare perplessità operative, appare corretto muovere dalla premessa che il profitto dell'impresa ausiliaria rappresenta tecnicamente, a carico dell'ausiliata, un (corrispondente) costo. Ne discende - per l'eventualità che l'impresa coinvolta dall'iniziativa penale sia, appunto, l'ausiliaria - che non potrà procedersi all'accantonamento degli utili a carico dell'ausiliata».

Interdittiva antimafia , no al versamento degli utili alla Pa...
L’accantonamento e la gestione degli utili nel caso di interdittiva antimafia a carico dell’impresa pone questioni più complesse e delicate rispetto al commissariamento a seguito di un reato contro la Pa, anche a causa del «silenzio della norma sullo specifico punto».
In questo caso, il Consiglio di Stato non condivide l’indicazione dell’Anac (peraltro già contenuta in una precedente versione delle linee guida) sul fatto che l’utile debba essere versato alla stazione appaltante. Più esattamente, il Consiglio di Stato non condivide - o per meglio dire «condivide solo in parte» - le premesse dell’Anac che portano a concludere che «gli utili accantonati (“necessariamente e definitivamente” sottratti all’impresa) dovrebbero essere riversati, per l’appunto alla stazione appaltante, in quanto controparte negoziale e beneficiaria della prestazione».
Al termine di un complesso ragionamento - in cui, tra le altre cose, si sottolinea che l’impresa colpita da interdittiva è, di fatto, costretta a completare l’opera non più in virtù di un contratto ma di un provvedimento prefettizio - i giudici concludono che versare l’utile alla stazione appaltante rappresenta un ingiustificato arricchimento per la Pa.

... ma al soggetto che stanzia la provvista finanziaria
L’accantonamento del profitto dell’impresa, premettono i giudici, «rappresenta, a fronte della esecuzione del contratto, un obiettivo “risparmio di spesa”, la cui devoluzione (sempre nella logica del divieto di arricchimenti ingiustificati e/o antigiuridici) postula l'individuazione, quale destinatario della conseguente e reciproca “riversione” restitutoria, del soggetto concretamente “depauperato” dalla corrispondente posta (che non è - o, quanto meno, non è necessariamente - la controparte negoziale».
Pertanto, i giudici, propongono una diversa soluzione: «pare senz'altro più coerente che dello stesso benefici non già la stazione appaltante in quanto tale (mera destinataria della prestazione, negoziale o imposta che sia), sibbene il soggetto finanziatore, in quanto erogatore della sottesa e stanziata provvista finanziaria (la quale verrà, con ciò, a ricostituirsi pro parte, relativamente alle somme destinate a corrispondere gli utili di impresa)».
«Del resto, a diversamente opinare, la stessa stazione appaltante finirebbe, con esito paradossale e, comunque, abusivo, per conseguire una non giustificata locupletazione patrimoniale (che si sommerebbe al vantaggio del conseguimento della prestazione originariamente divisata) difficilmente giustificabile in forza dei principi generali, che postulano, appunto, un titolo per l'arricchimento (o il risparmio di spesa)».

Il parere del Consiglio di Stato sulle linee guida Anac per la gestione degli utili delle imprese commissariate

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