Appalti

In house, concessionari liberi sul computo dell’80% dei contratti da mandare in gara

di Massimo Frontera

Dopo il parere interlocutorio del 2 maggio scorso (con la richiesta di un supplemento di riflessione su alcuni punti), il Consiglio di Stato ha rilasciato all’Anac il parere definitivo sulle linee guida con le “indicazioni per la verifica del rispetto del limite” dell’80% del valore dei contratti da mandare in gara da parte dei concessionari (60% per i concessionari autostradali).

Nel parere c’è un punto soprattutto dove i giudici di Palazzo Spada la pensano in maniera esattamente opposta all’Anac. Il punto è quello che riguarda la composizione, per così dire del monte contratti da computare per raggiungere il valore dell’80% da mandare in gara.
Nelle linee guida l’Anac applica la computazione dell’80% a ciascuna delle tipologie dei contratti, cioè bisogna mandare in gara l’80% dei contratti di lavori, l’80% dei contratti di forniture e l’80% dei contratti di servizi. «Secondo l'Anac - spiegano i giudici nel parere - la soluzione restrittiva del necessario computo dell'80% su ciascuna delle tipologie predette sarebbe maggiormente aderente alla ratio legis, oltre che funzionale a prevenire eventuali comportamenti dei concessionari tesi a “scaricare” la percentuale predetta su singole categorie (ad es. servizi e prestazioni) mantenendo tendenzialmente in house le altre (ad es. lavori)».

Cosa “mettere dentro” l’80% dei contratti
Secondo il Consiglio di Stato, invece, la percentuale va intesa come limite globale e i concessionari devono conservare la massima libertà nel determinarla. La conclusione, poggia su tre considerazioni. Prima di tutto, questa interpretazione appare più coerente con il riferimento all’importo “complessivo” che il legislatore indica nel caso di sanzione per il mancato raggiungimento della quota d’obbligo. In secondo luogo, il vincolo voluto dall’Anac secondo i giudici di Palazzo Spada, confligge con il principio di autonomia imprenditoriale e, per questo, presenta profili di incostituzionalità (articolo 41). Infine, ragionano i giudici, «la fissazione della percentuale d'obbligo all'80% del totale delle prestazioni oggetto dell'originaria concessione, è di per se idonea a prevenire ogni serio rischio di elusione rispetto agli obiettivi ultimi del legislatore, nella logica pro-concorrenziale innanzi segnalata».

Il «monte prestazioni» è l’intero valore della concessione
C’è poi un secondo punto sul quale i giudici la pensano in modo diametralmente opposto all’Anticorruzione. La questione riguarda il «monte prestazioni». Detto in altri termini, la questione è capire qual è esattamente l’“imponibile”, per così dire, su cui calcolare la quota d’obbligo dell’80%: l’intero valore della concessione, incluse le prestazioni già effettuate in proprio, oppure solo il valore che il concessionario già esternalizza attraverso società in house? L’Anac, secondo quanto, sintetizzato nel parere, propende per quest’ultima interpretazione, il Consiglio di Stato per la prima interpretazione.
«L'Anac - si legge infatti nel parere - nella sua relazione riferisce che alcuni stakeolder hanno sostenuto che tale percentuale debba avere a riferimento non già il totale delle prestazioni oggetto dell'originaria concessione comprensive del valore delle prestazioni effettuate in proprio (poiché altrimenti il concessionario verrebbe espropriato persino della propria operatività), ma le sole prestazioni che il concessionario non è capace di svolgere direttamente e per le quali sia già intervenuta, o si intenda adottare, una esternalizzazione a mezzo di contratti di appalto stipulati con società in house, collegate o comunque con altri soggetti privati. Secondo questa tesi l'art. 177 si limiterebbe a sancire un obbligo di evidenza pubblica per la sola attività già contrattualizzata o da contrattualizzare, ossia per le sole prestazioni che il concessionario, nell'ambito della propria autonomia imprenditoriale, abbia deciso di esternalizzare, disponendo quindi una esclusione oggettiva dall'art. 177 delle prestazioni eseguite in proprio».
Ipotesi che, appunto, non trova d’accordo il Consiglio di Stato. Ma proprio questa ipotesi, che poggia sull’interpretazione della legge delega - lett. iii) del comma 1 dell’articolo 1 della legge 11/2016 - porta ancora una volta a segnalare profili di incostituzionalità. Conclusione: «Commissione ritiene opportuna, per i motivi suesposti, la trasmissione del presente parere alla Cabina di regia, istituita presso il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri dall'art. 212 del nuovo codice dei contratti pubblici al fine di valutare una proposta di revisione o di interpretazione autentica della norma della legge delega, e quindi del decreto legislativo, alla luce di una più attenta lettura dell'art. 41 della Costituzione».

Il parere del Consiglio di Stato sulla quota 80-20 per i concessionari

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