Appalti

Fondo Investimenti, il parere del Consiglio di Stato non risolve il problema dei fondi 2017

di Alessandro Arona

Il Consiglio di Stato, nel suo parere reso noto il 12 giugno sullo schema di Dpcm 2018 (inviato a metà maggio dal governo Gentiloni) per la ripartizione del Fondo Investimenti si è attenuto in senso stretto al contenuto della richiesta: un parere sull'iter in corso di approvazione del decreto. E i giudici di Palazzo Spada hanno affermato che, dopo la sentenza 74/2018 della Corte Costituazionale, è necessaria l'intesa con gli enti territoriali (Regioni o Comuni a seconda dei casi) se la ripartizione dei fondi riguarda materie di loro competenza, e che è corretto che tale intesa non sia cercata e raggiunta sul Dpcm "madre" che ripartisce per materie e ministeri i fondi pluriennali, ma caso per caso nei singoli decreti attuativi (minsteriali) "a valle", quando ci sarà la concreta individuazione della tipologia e della lista di interventi da finanziare.

Questo parere fa sì che il governo Conte possa andare avanti con questo iter, modificando in corsa il Dpcm o riscrivendolo da zero, ma comunque senza bisogno di cercare subito una maxi-intesa generale con le Regioni.

Però il parere non chiarisce il principale nodo che sta bloccando in questi mesi il Fondo Investimenti: che succede ai fondi ripartiti nel 2017, il Dpcm Gentiloni di settembre che ha assegnato ai ministeri 46 miliardi di euro (in 16 anni) e poi i numerosi decreti minsteriali attuativi e anche i contratti di programma Anas e Rfi?
Seguendo il parere, il Dpcm di settembre 2017 sarebbe valido, ma i decreti a valle solo se contengono l'intesa, ove necessaria per materia. Il punto è proprio questo: solo una piccolissima minranza dei decreti emanati aveva l'intesa, e ora il governo Conte (i dirigenti di Palazzo Chigi, del Mef e dei ministeri interessati) dovrebbero passare in rassegna tutti i Dm per capire se l'intesa c'è, e se non c'è dove è necessaria, e se necessaria trvarla con Regioni e Comuni; e se non si raggiunge rivedere ui conte nuti dei decreti. Insomma, un processo non da poco.
Tra i palazzi ministeriali coinvolti era circolata nelle settimane scorse la speranza che Palazzo Spada potesse suggerire la possibilità di "sanare" il fondo 2017 con una maxi-intesa sul Dpcm madre. Strada comunue politicamente complessa, perché Conte dpvrebbe cercare un'intesa con le Regioni su un un Dpcm firmato da Gentiloni.
L'Anas fa trapelare che c onsidera l'iter di approvazione del Contratto di programma già futto di accordi con le Regioni sulle opere, dunque "coperto" e legittimo anche alla luce della semtenza della Consulta. Però non si tratta di intese formali, qualche dubbio rimane.

Insomma, il Consiglio di Stato non ha tolto del tutto le castagne dal fuoco al governo, il tema resta aperto.

Questo il passaggio chiave del parere:

«La previsione dello schema di decreto appare in ogni caso conforme alle prescrizioni
della Corte pur rinviando, evidentemente, il momento dell'intesa, per le materie
interessate, alla successiva concreta individuazione degli interventi da finanziare, e
quindi al momento effettivamente decisionale di utilizzazione del fondo come ripartito per ministeri e settori di spesa nella sede di cui si discute. Sarà cura semmai del Governo, per assicurare la piena conformità del procedimento attuativo del comma 1072 all'indicazione del Giudice costituzionale, vigilare in sede di monitoraggio affinché, nell'adozione dei successivi provvedimenti di attuazione, le singole amministrazioni dello Stato promuovano, ove necessario, le intese con i corrispondenti livelli delle autonomie territoriali
».

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