Appalti

Esclusione dalla gara, sul grave illecito giurisprudenza discorde e Pa senza bussola

di Roberto Mangani

La definizione del grave illecito professionale quale causa di esclusione dalle gare sta suscitando interpretazioni di tipo diverso, cui si accompagnano anche significativi contrasti giurisprudenziali. In questo dibattito si è inserita da ultimo l'Ordinanza del 3 maggio 2018 con cui il Consiglio di Stato ha chiamato la Corte di Giustizia UE a pronunciarsi sulla compatibilità tra norma nazionale e norma comunitaria.

La normativa comunitaria e la legge nazionale
Per cercare di orientarsi è opportuno partire proprio dall'esame delle differenze tra normativa comunitaria e legge nazionale. La Direttiva 2014/24 prevede che l'ente appaltante possa procedere all'esclusione dalle gare del concorrente se può dimostrare con mezzi adeguati che lo stesso si è reso colpevole di gravi illeciti professionali (articolo 57, comma 4, lettera c). L'esclusione è anche consentita se l'operatore economico è incorso in significative e persistenti carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto che hanno causato la cessazione anticipata di tale contratto, un risarcimento danni o altre sanzioni equivalenti (articolo 57, comma 4, lettera g).
La norma nazionale, nel definire il grave illecito professionale, ha in realtà incluso in questa nozione non solo la previsione della lettera c), ma anche - come fattispecie esemplificative - la previsione della lettera g). L'articolo 80, comma 5, lettera c) stabilisce infatti che l'esclusione scatta se l'ente appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si sia reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Nel contempo stabilisce che tra gli illeciti professionali rientrano le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto che ne hanno causato la risoluzione anticipata non contestata in giudizio o confermata all'esito di un giudizio ovvero hanno dato luogo a una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni.

La norma nazionale appare più dettagliata rispetto alla norma comunitaria
Infatti da un lato ribadisce il principio di carattere generale contenuto nella Direttiva, dall'altro elenca alcune ipotesi che di per sè costituiscono grave illecito professionale.
È proprio rispetto all'elencazione di tali ipotesi che si è posto il tema della compatibilità comunitaria della norma nazionale. Il Consiglio di Stato ha infatti rilevato che rispetto alla previsione della Direttiva, che parla genericamente di gravi illeciti professionali come causa di esclusione dalle gare, il nostro legislatore si è espresso in termini più restrittivi. Infatti, nell'elencare le ipotesi di grave illecito professionale, ha fatto riferimento alla necessità che vi sia stata una risoluzione anticipata del contratto non contestata in giudizio o confermata all'esito del giudizio.
Va tuttavia evidenziato che la lettura della norma nazionale che si incentra sulle ipotesi elencate per definire il grave illecito professionale non appare corretta.
È infatti indubbio che qualora vi sia stata una risoluzione del contratto contestata in giudizio bisogna attendere l'esito dello stesso, favorevole all'ente appaltante, affinché si possa configurare il grave illecito professionale nei termini esemplificativi indicati dal legislatore.
Tuttavia ciò non esclude che, anche qualora vi sia un giudizio pendente sulla risoluzione del contratto operata dall'ente appaltante, quest'ultimo possa comunque procedere all'esclusione del concorrente dalla gara sulla base di autonome e separate motivazioni.
La formulazione testuale dell'articolo 80, comma 5 , lettera c) conferma questa interpretazione. Infatti, dopo aver sancito il principio che i gravi errori professionali sono quelli che incidono sulla integrità e affidabilità del concorrente, specifica che "tra questi" rientrano specifici casi puntualmente individuati. L'espressione "tra questi" costituisce il chiaro indice che l'elencazione non esaurisce le ipotesi di gravi errori professionali che si possono verificare nella pratica.

Attenuato l'onere motivazionale dell'ente appaltante
In sostanza l'effetto della tipizzazione di alcuni casi di grave errore professionale è quello di attenuare l'onere motivazionale dell'ente appaltante. Così, se è intervenuta una risoluzione anticipata non contestata in giudizio o confermata in giudizio o una condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni l'ente appaltante potrà per ciò stesso procedere all'esclusione dalla gara, facendo semplicemente riferimento ai suddetti eventi e non essendo tenuto ad alcuna motivazione aggiuntiva.
Si deve tuttavia ritenere che da ciò non si possa dedurre che l'ente appaltante non possa invocare il grave errore professionale in relazione a fattispecie non coincidenti con quelle indicate dalla norma. Ad esempio, se la risoluzione anticipata è stata contestata in giudizio, sicuramente non ricorre l'ipotesi tipizzata dal legislatore. Ciò non toglie che l'esclusione possa comunque essere disposta dall'ente appaltante qualora lo stesso rinvenga ragioni che fanno comunque fondatamente ritenere sussistente il grave errore professionale. La diversità rispetto all'ipotesi tipizzata è che la motivazione del provvedimento di esclusione dovrà essere diffusa, illustrando le ragioni per le quali, pur essendoci una contestazione in giudizio della risoluzione anticipata, si possa configurare un'ipotesi di grave errore professionale. Il provvedimento di esclusione sarà soggetto alle forme tipiche di tutela giurisdizionale, cosicché sarà in ultima analisi il giudice amministrativo a valutare se l'ente appaltante ha fatto un uso corretto della sua discrezionalità, specie sotto il profilo dell'adeguata motivazione.

Cosa dice l'Anac nelle linee guida n.6
Un elemento a sostegno di questa lettura si ricava anche dalle Linee guida Anac n. 6 del 16 novembre 2016, come modificate con delibera dell'11 ottobre 2017 . In esse è chiaramente indicato che il grave errore professionale può sussistere anche in relazione a fattispecie del tutto distinte da quelle tipizzate dal legislatore, facendosi riferimento a condanne anche non definitive intervenute in relazione a particolari reati.
Si conferma quindi che l'ente appaltante gode di una certa discrezionalità nel definire il grave errore professionale e conseguentemente procedere all'esclusione dalla gara, che evidentemente potrà utilizzare sia in relazione a ipotesi del tutto diverse da quelle indicate dal legislatore sia a ipotesi che sono riconducibili a queste ultime ma manchino di alcuni elementi costitutivi specificati dal legislatore stesso (come detto prima, una risoluzione anticipata contestata in giudizio).
Sotto quest'ultimo profilo va evidenziato che l'interpretazione opposta avrebbe l'effetto di condizionare l'azione amministrativa ai tempi del contenzioso. Così, sarebbe sufficiente contestare in giudizio la risoluzione anticipata per bloccare ogni iniziativa dell'ente appaltante che, fino alla definizione dello stesso nel senso del riconoscimento delle ragioni poste a fondamento della risoluzione, non potrebbe escludere il concorrente per grave errore professionale.
Questa situazione diventa ancora più paradossale se la gara viene bandita dal medesimo soggetto che ha disposto la risoluzione anticipata, contestata in giudizio. In questo caso, infatti, l'ente appaltante da un lato ha ritenuto che il comportamento pregresso dell'appaltatore configuri inadempienze talmente gravi da comportare la risoluzione anticipata del contratto. Dall'altro dovrebbe comunque ammettere alla gara lo stesso appaltatore, per il solo fatto che quest'ultimo ha contestato le ragioni alla base della risoluzione anticipata.
L'insieme delle considerazioni formulate fanno ritenere che, al di là delle ipotesi tipizzate indicate dal legislatore, residui in capo all'ente appaltante un ampio margine di discrezionalità nella configurazione del grave errore professionale quale causa di esclusione dalle gare. Si tratta peraltro di una interpretazione della norma comunitariamente orientata, cioè in linea con la corrispondente previsione della Direttiva 2014/24, che come tale porterebbe a ritenere superata la questione pregiudiziale sollevata davanti al giudice comunitario.

Il grave errore professionale conseguente a comportamenti in sede di gara
La lettera c) del comma 5 dell'articolo 80 prevede che il grave errore professionale possa configurarsi anche in relazione ad ipotesi del tutto diverse da quelle finora esaminate. Si tratta di comportamenti che attengono non alla fase esecutiva - come quelli fin qui presi in considerazione - bensì alla fase di svolgimento della gara.
Si tratta del tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a proprio vantaggio o fornire informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione. Resta da valutare quali siano gli atti o provvedimenti formali che devono sussistere affinché si possano configurare le ipotesi indicate. Considerato che si tratta normalmente di ipotesi che constituiscono altrettante fattispecie penali sembra necessario un provvedimento all'interno del processo penale che possa essere considerato idoneo allo scopo. Si deve tuttavia ritenere che non sia necessaria la sentenza di condanna definitiva, essendo sufficiente anche un provvedimento che si collochi in un momento anteriore. Così si può fare riferimento, con sufficiente certezza, ad una sentenza di condanna non definitiva, mentre maggiori dubbi sussistono in relazione al provvedimento di rinvio a giudizio. Anche in questo caso, tuttavia, va riconosciuto un certo margine di discrezionalità in capo all'ente appaltante che, anche in relazione alla gravità del comportamento ipotizzato e alle circostanze del caso concreto, potrà valutare quale tipologia di provvedimenti siano idonei per configurare la sussistenza del grave errore professionale.

La sentenza del Consiglio giustizia amministrativa sicilia

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