Appalti

Condotte, Oxy vuole acquisire e smembrare, i manager spingono per l'amministrazione straordinaria

di Alessandro Arona

La crisi del big delle costruzioni Condotte d'acqua Spa (gruppo da oltre un miliardo di euro di fatturato e tremila occupati) rischia di avvitarsi sempre di più. Se ne parlerà il 19 aprile al tavolo di crisi al Mise, ma la riunione tra impresa, sindacati e Ministero potrebbe non essere risolutiva.
Il 18 maggio scade il termine fissato dal Tribunale di Roma per la presentazione del piano per il concordato preventivo, dopo la richiesta di concordato in bianco presentata dalla società il 4 gennaio scorso, ma nel frattempo la soluzione che consenta di rilanciare l'azienda non è vicina.
La scorsa settimana, dopo contatti informali nelle settimane precedenti, è arrivata la proposta formale del fondo di private equity Oxy Capital Italia, specializzato in ristrutturazione di imprese in crisi. Il piano propone di acquisire il controllo (al posto di Ferfina), ridimensionando in parte la società con alleggerimenti di personale e asset. Il consiglio di gestione ha in prima battuta respinto questo piano, e sta tentando di "rinegoziarlo".
Venerdì è fissato un incontro tra Oxy Capital e le banche creditrici di Condotte, con l'obiettivo di arrivarci con un piano a quel punto accettato - obtorto collo - dal consiglio di gestione della società. Alcune fonti raccontano di un obiettivo di Oxy di mantenere la gran parte del perimetro operativo dell'attuale Condotte. Resta però il punto del controllo, a cui nelle settimane scorse le famiglie che controllano il Gruppo avevano fatto capire di non voler rinunciare.

Nel frattempo i dirigenti interni, appoggiati dal sindacato di categoria Federmanager, ha suggerito al consiglio di gestione, come possibile via d'uscita se dovessero fallire le trattative con il fondo Oxy, quella dell'amministrazione straordinaria, la procedura speciale gestita dal Ministero dello Sviluppo ex legge Marzano, previa dichiarazione di insolvenza del Tribunale. In sostanza si suggerisce alle famiglia controllanti (quella di Isabella Bruno Tolomei Frigerio e dell'ex presidente Duccio Astaldi, che controllano Ferfina tramite la Finoval) di rinunciare alla società per salvare l'impresa e i suoi lavoratori.

Sia con il concordato, dopo l'acquisizione di Oxy, sia con l'amministrazione straordinaria (gestione da parte del commissario Mise), l'attuale controllo di Ferfina sfumerebbe. Sembra improbabile a questo punto la terza via, quella a cui la società puntava a gennaio, la ristrutturazione del debito con le banche (con rinvio di scadenze e riduzione di interessi), con ritiro della domanda di concordato.

Da gennaio a oggi la situazione è infatti precipitata. In quasi tutti i cantieri ci sono ritardi nel pagamento degli stipendi, in alcuni casi nessun pagamento da 4 mesi. I principali cantieri di Condotte sono il nodo Tav di Firenze (Nodavia), il Policlinico di Caserta, la Siracusa-Gela, la Lioni-Grottaminarda, mentre sono da avviare la Città della Salute di Sesto San Giovanni, il nuovo carcere di Bolzano, le due tratte Tav Brescia-Verona e Verona-Bivio Vicenza (entrambe in quota). Condotte in questi mesi ha continuato a vincere gare importanti, come (nei giorni scorsi) l'ospedale Cisanello di Pisa (380 milioni, con Integra) e il lotto austriaco del Brennero da 966 milioni (con l'austriaca Porr). Nello stesso tempo, all'estero, sono arrivate rescissioni di contratti in corso proprio come effetto della crisi (in Norvegia, Polonia e Romania), e a rischio sono anche i lavori per l'autostrada in Algeria, su cui da tempo Condotte chiede invano il riconoscimento di costi extra.

La società ha contenziosi e riserve per un "petitum" (richieste di danni o costi non riconosciuti) per 2,8 miliardi di euro (di cui circa 500 nel nodo Tav di Firenze). Al netto di un po' di normali "esagerazioni", la cifra è imponente, e la tesi della società è stata a gennaio che questi rallentamenti sui cantieri (vedi nodo di Firenze) e ritardi nei pagamenti sono alla radice della crisi, mentre l'impresa è sana. Nel frattempo però la richiesta di concordato, con i commissari vigilanti, frena i pagamenti, e il verbale Mise del tavolo di crisi del 29 marzo segnala problemi per l'impresa anche sul Durc, che a quella data risultava revocato per mancati pagamenti di oneri previdenziali, con conseguente impossibilità di incassare pagamenti da terzi e di avviare nuovi cantieri.

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