Appalti

Piano irriguo Mezzogiorno, la Corte dei Conti critica contenuti e stato d'attuazione (in forte ritardo)

di Alessandro Arona


Il Piano irriguo per il Mezzogiorno, previsto dalle delibere Cipe n. 74/2005 e 92/2010 per un finanziamento totale di 1.527 milioni di euro, era poco ambizioso (perché basato solo sulla manutenzione) e comunque il suo stato d'attuazione è ancora in pesante ritardo, con una spesa a fine 2016 (ultimi dati disponibili) di 990 milioni, il 64,8% del totale. È quanto emerge dalla relazione della Corte dei Conti «La realizzazione delle opere previste dal piano irriguo nazionale per il Mezzogiorno», pubblicata oggi sul sito dell'organo di controllo. La Corte segnala «l'assenza di idonea programmazione degli interventi, aggravata dalla continua rimodulazione delle risorse finanziarie».

Dall'istruttoria della Corte è inoltre emerso che il piano irriguo, il suo completamento e il nuovo piano per il Sud sono connotati da finalità essenzialmente manutentive, senza la realizzazione di nuove opere, essendo stata ritenuta adeguata l'infrastrutturazione esistente, seppur con necessità di adeguamento. Significativo, al riguardo, è l'abbandono del progetto della Diga di Piano dei Limiti, unico invaso di nuova costruzione previsto nel piano originario. Per quanto concerne lo stato degli interventi, per le opere previste dalla delibera Cipe n. 74/2005, delle 27 programmate, solo 14 (poco più della metà) presentano una percentuale di avanzamento dei lavori pari al 100 per cento, mentre per quanto concerne gli interventi di cui alla delibera Cipe n. 92/2010, 27 delle 37 opere sono ancora in corso e nessun intervento risulta oggi in esercizio.

In termini finanziari, la delibera 74/2005 prevedeva interventi per 256 milioni di euro, e la quota realizzata è ferma a 130,77 milioni (il 51%). Molto meglio va invece il piano di cui alla delibera 92/2010, fondi per 1.271 milioni, che al 31/12/2016, in soli sei anni, è arrivato a una spesa di 859,4 milioni, il 67% del totale. «La frammentazione delle competenze - osserva la Corte - e la protrazione della gestione commissariale fino all'emanazione del decreto legge 51/2015 non hanno favorito una visione unitaria degli obiettivi, al punto che il programma degli interventi è stato realizzato con tempi e procedure distinte tra il Centro-Nord ed il Sud del Paese».

Si vedano le CONCLUSIONI della relazione della Corte dei Conti, da pagina 109 del file in pdf

La relazione della Corte dei Conti

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