Appalti

Codice appalti. Varianti in corso d'opera o modifiche al contratto? Come regolarsi con l'articolo 106

di Roberto Mangani

Il Codice dei contatti pubblici non contiene una disciplina autonoma delle varianti. A differenza dell'impostazione del D.lgs. 163/2006, che dedicava alle varianti in corso d'opera una regolamentazione distinta, il D.lgs. 50/2016 inserisce le disposizioni sulle varianti in un contesto più ampio, che viene denominato modifiche dei contratti.
In realtà la disciplina che ne risulta non brilla per chiarezza e non è particolarmente soddisfacente sotto il profilo della tecnica legislativa. L'articolo 106, denominato "Modifica di contratti durante il periodo di efficacia" sovrappone norme tipiche delle varianti con altre disposizioni in cui le modifiche contrattuali hanno diversa origine e natura e riguardano anche il profilo soggettivo.
Lo sforzo interpretativo è allora quello di isolare le norme riferibili alle varianti per cercare di individuarne la relativa regolamentazione. Sotto questo profilo già l'esordio dell'articolo 106 può essere fonte di equivoci. Il comma 1 prevede infatti che "Le modifiche, nonché le varianti" devono essere autorizzate dal Rup, con una locuzione che lascia intendere che le varianti siano un qualcosa di sostanzialmente diverso dalle modifiche.
In realtà la disciplina contenuta all'articolo 106 non è ispirata a questa separatezza, ed anzi le varianti trovano la parte sostanziale della loro disciplina nell'ambito delle così dette modifiche al contratto.
Occorre quindi esaminare l'articolo 106 per estrapolare da esso le disposizioni riferibili alle varianti.

Le varianti in corso d'opera tradizionali
Il comma 1, lettera c) fa riferimento all'ipotesi tradizionale di varianti, cioè quelle dipendenti da circostanze impreviste e imprevedibili per l'ente appaltante e che vengono appunto denominate varianti in corso d'opera. Da segnalare che le circostanze in questione non solo devono essere impreviste, ma anche imprevedibili, la cui verificazione cioè non era ipotizzabile con l'uso dell'ordinaria diligenza. Tra le circostanze impreviste e imprevedibili viene indicata la sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità o enti preposti alla tutela di interessi rilevanti. Le circostanze in questione devono essere sopravvenute, cioè devono intervenire in un momento successivo alla stipula del contratto. Al ricorrere di queste circostanze la variante è ammessa, ma con due limitazioni. La prima è che la variante da introdurre non deve alterare la natura generale del contratto. Non è agevole stabilire in concreto la portata di questo limite, ma si deve ritenere che esso voglia impedire che attraverso l'introduzione di una variante si cambi in maniera sostanziale il tipo di prestazioni da rendere.
La seconda limitazione – che peraltro vale solo per i settori ordinari - è di natura quantitativa e deriva dal richiamo al comma 7. Quest'ultimo stabilisce che l'incremento di prezzo derivante dall'introduzione delle varianti non deve superare il 50% del valore del contratto iniziale. E' inoltre previsto che in caso di più varianti successive il limite del 50% si applica al valore di ciascuna modifica. La formulazione di quest'ultima previsione non è tra le più chiare. L'interpretazione preferibile, anche perché in linea con la ratio della norma, è che l'insieme delle varianti che intervengono in momenti successivi non può essere superiore al 50% del valore del contratto originario.

Le varianti-modifiche (non sostanziali)
Un'altra ipotesi di legittima introduzione delle varianti è quella delle modifiche non sostanziali (comma 1, lettera e). La delimitazione del campo di operatività di questa ipotesi deriva dall'identificazione di quali sono, al contrario, le modifiche sostanziali (come tali non consentite).
Il comma 4 individua quindi le modifiche sostanziali. In primo luogo sono tali quelle che introducono condizioni che, se fossero state contenute nella procedura di affidamento, avrebbero consentito la presenza di candidati diversi da quelli che hanno effettivamente partecipato o l'accettazione di un'offerta diversa da quella che è risultata aggiudicataria. Sia pure nella genericità della formulazione utilizzata, questa ipotesi sembra voler salvaguardare la necessità che le condizioni iniziali della gara e della conseguente aggiudicazione non vengano alterate.
In secondo luogo sono modifiche essenziali quello che cambiano l'equilibrio economico del contratto. È evidente che tale previsione non si può intendere nel senso che non può variare il corrispettivo del contratto, perché ciò sarebbe una aperta contraddizione con l'insieme delle previsioni che ammettono le varianti. Ciò che il legislatore ha inteso garantire è che non si deve alterare l'equilibrio contrattuale, e che quindi la modifica da introdurre non sia tale da avvantaggiare in maniera impropria uno dei due contraenti (in particolare l'appaltatore). Per esemplificare, sarà certamente possibile un incremento del corrispettivo a condizione che vi sia anche un proporzionale incremento delle prestazioni che l'appaltatore deve rendere.
Infine l'ultima ipotesi di modifica sostanziale è quella in cui viene ampliato notevolmente l'ambito di applicazione del contratto. Anche in questo caso non è agevole definirne con esattezza i contorni, residuando un notevole margine di valutazione discrezionale sulla nozione di "notevole ampliamento" del contratto.
Al di là delle difficoltà interpretative della nozione di "modifiche sostanziali" ciò che emerge è la tendenziale ampiezza della stessa. Ne consegue, di riflesso, che esce ridimensionato il generale potere di introdurre modifiche non sostanziali previsto dalla lettera e) del comma 1. In sostanza, sembra potersi affermare che si deve trattare di modifiche di dettaglio, che non incidono né sull'oggetto della prestazione né sulle condizioni fondamentali che ne regolano lo svolgimento.

Le modifiche per importi sottosoglia
Questa tipologia di modifica/variante è disciplinata dal comma 2 nella formulazione introdotta dal D.lgs. 56/2017.
La disciplina prevede due limiti di natura quantitativa: la modifica deve essere per un importo inferiore alle soglie comunitarie e, inoltre, non deve superare il 10% per le forniture e i servizi e il 15% per i lavori del valore del contratto originario.
Vi è poi un limite qualitativo, consistente nella necessità che la modifica non possa alterare la natura complessiva del contratto, il che implica il divieto di modificare i caratteri essenziali delle prestazioni da rendere.
Nel caso in cui vi siano una pluralità di modifiche successive gli importi di tutte le modifiche concorrono a formare i limiti sopra indicati.
È infine prevista una disposizione particolare per l'ipotesi in cui le varianti da introdurre siano la conseguenza di errori o omissioni del progetto esecutivo che pregiudichino in tutto o in parte la realizzazione dell'opera o la sua utilizzazione. Anche in questo caso le varianti sono ammesse nel rispetto dei limiti quantitativi sopra indicati, il che lascia aperto il problema di cosa accada qualora l'errore o l'omissione progettuale comporti un potenziale incremento in misura superiore ai suddetti limiti quantitativi.

Il cosiddetto quinto d'obbligo
Il comma 12 ripropone una disposizione tradizionale relativa al c.d. quinto d'obbligo, che tuttavia inserita nel complesso delle norme contenute all'articolo 105 pone un problema interpretativo di notevole rilievo.
In base al comma richiamato la stazione appaltante può imporre all'appaltatore l'esecuzione, alle medesime condizioni del contratto originario, di prestazioni in aumento o in diminuzione fino alla concorrenza del quinto dell'importo del contratto.
Letta isolatamente la disposizione sembrerebbe superare tutti i limiti e le condizioni sopra illustrate: la stazione appaltante cioè potrebbe affidare prestazioni fino a un quinto in più dell'importo del contratto senza dover rispettare alcun limite o vincolo.
Se invece si vuole dare un'interpretazione che non consideri questa previsione in maniera isolata, ma la inserisce nel contesto complessivo della disciplina delle varianti, si finisce per ammettere il ricorso al quinto d'obbligo solo in presenza delle altre condizioni previste dalle norme sopra illustrate.
In questa logica, l'aumento del quinto sarà ammissibile nell'ipotesi di varianti derivanti da circostanze impreviste e imprevedibili, posto che in questa fattispecie il legislatore ha individuato il limite del 50% dell'importo del contratto iniziale come limite massimo della variante. Mentre per le varianti sottosoglia, la variante non potrà arrivare al quinto, ma dovrà necessariamente rispettare i limiti sopra indicati (105 per forniture e servizi e 15% per lavori). Si deve tuttavia rilevare che in questo modo l'istituto dell'aumento del quinto perde la sua valenza autonoma e la previsione che lo disciplina finisce per rimanere senza alcun effetto pratico.
Vi è poi una terza soluzione interpretativa: le varianti sono ammesse solo nel rispetto delle condizioni indicate nelle specifiche previsioni dell'articolo 106 e tuttavia l'ente appaltante ha il potere di imporle e l'appaltatore è obbligato ad eseguirle alle medesime condizioni dell'appalto iniziale solo se esse restano nell'ambito del quinto dell'originario importo contrattuale. Oltre tale limite, invece non esiste alcun potere di imposizione in capo all'ente appaltante e l'appaltatore può sciogliersi dal vincolo contrattuale ovvero negoziare lo svolgimento delle prestazioni a condizioni diverse da quelle iniziali.

Obblighi di comunicazione delle varianti
Il comma 14 prevede alcuni oneri di comunicazione da parte dell'ente appaltante in merito alle varianti approvate. Per i contratti sottosoglia tutte le varianti devono essere comunicate dal Rup all'Osservatorio dei lavori pubblici entro trenta giorni dalla loro approvazione. Questa comunicazione deve essere effettuata anche per i contratti di importo pari o superiore alla soglia comunitaria qualora le varianti siano di importo pari o superiore al 10% dell'importo originario del contratto; se invece le varianti superano detto importo devono essere trasmesse dal Rup all'Anac unitamente al progetto esecutivo, l'atto di validazione (dovendosi intendere per tale l'atto di approvazione) e ad un'apposita relazione da parte del Rup. Qualora l'Anac accerti l'illegittimità della variante esercita i poteri sanzionatori ai sensi dell'articolo 213.

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