Appalti

Dirigenti Pa, stop dell’Anac agli stipendi online

Bandiera bianca, e parola alla Corte costituzionale. La battaglia ingaggiata dai 156mila dirigenti pubblici italiani contro la pubblicazione online dei loro compensi ha espugnato l’ultimo fortino: quello dell’Anac, che ieri ha sospeso gli obblighi di trasparenza anche per aiutare le amministrazioni ormai intrappolate nel più classico degli intrecci burocratici all’italiana. All’atto pratico, l’ostacolo finale è caduto: e i dirigenti possono chiedere agli uffici di rimuovere dai siti dell’«amministrazione trasparente» i dati sui compensi.
Quella decisa ieri dall’Anac è l’ultima (per ora) mossa di un’altalena che appassiona da anni gli uffici pubblici. Tutto nasce dai decreti che nel 2013 hanno attuato la «legge Severino» sulla lotta alla corruzione, e hanno previsto lo stesso trattamento per politici e dirigenti: in nome della trasparenza, ministri, sindaci, assessori e vertici amministrativi avrebbero dovuto pubblicare su Internet patrimoni, redditi, rimborsi per viaggi e missioni e tutti gli altri compensi a carico della Pa.

Le decisioni del Tar
Il dibattito fra sostenitori della «trasparenza» e detrattori del «gossip retributivo» si è infiammato subito, e ha complicato la vita alla trafila burocratica. La legge Severino è stata attuata da due decreti, e i decreti sono stati applicati con le istruzioni del Garante della Privacy. I dirigenti, esperti conoscitori del meccanismo, sono partiti dal fondo, e hanno chiesto al Tar Lazio di occuparsi degli atti del Garante. Con l’ordinanza 1030 del 2017 i giudici amministrativi hanno tirato la prima bordata, e hanno sospeso le istruzioni che spiegavano come pubblicare i dati su stipendi, patrimoni e rimborsi spese. Ma il colpo non è stato definitivo, perché la burocrazia è una scienza esatta. La decisione del Tar ha interessato il comma 1, lettere c) e f), e il comma 1-bis dell’articolo 14 del decreto legislativo 33 del 2013, che regolano la pubblicazione distinta di patrimoni, stipendi e così via. Lo stesso articolo 14 ha però anche un comma 1-ter, che riguarda la diffusione online degli «emolumenti complessivi percepiti a carico della finanza pubblica» da ogni dirigente.

Parola alla Consulta
La distinzione è importante per i politici, ma nel caso dei dirigenti gli «emolumenti complessivi a carico della finanza pubblica» finiscono nei fatti a corrispondere con lo stipendio, nelle sue varie componenti. Il dubbio è venuto allo stesso Garante della Privacy, che è tornato a bussare al Tar per capire se la bocciatura dei primi due commi (1 e 1-bis) si estendesse di fatto anche al terzo (1-ter). La risposta, affermativa, è arrivata a gennaio con la sentenza 84/2018. A quel punto le amministrazioni si sono trovate strette fra i «no» del Tar e i «sì» dell’Anac, che ha continuato a evitare la sospensione con due comunicati di maggio e novembre 2017. Ora le indicazioni cambiano, anche per fermare la battaglia fra chi brandisce le sentenze amministrative Tar e chi risponde con le istruzioni dell’Authority.
Ma l’ultima parola tocca alla Consulta a cui, sempre su richiesta del Tar Lazio (ordinanza 9828/2017) tocca chiarire se il solito comma 1-ter va d’accordo con la Costituzione.

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