Appalti

Codice appalti/2. Tra imprese e progettisti si prepara lo scontro sull'appalto integrato

di Massimo Frontera

«Condividiamo le critiche verso il codice appalti, pensiamo abbia fallito il suo obiettivo. Tuttavia, crediamo che il codice non vada completamente abolito, perché ci sono dei principi da salvaguardare, ma profondamente modificato da un tavolo cui partecipino le imprese e poi rapidamente attuato». Il presidente dell'Ance Gabriele Buia - nell'intervista al Sole 24 Ore del 24 febbraio - traccia la strada del "cantiere" codice che una vasta parte del mondo delle costruzioni vuole riaprire. A quasi 22 mesi di vita il codice è ancora molto lontano dall'applicazione (si veda articolo di Laura Savelli a questo link). Alcuni fondamentali provvedimenti attuativi - qualificazione delle imprese; qualificazione delle Soa; qualificazione delle stazioni appaltanti; commissari esterni - non sono in vigore. L'unica recente novità resta il decreto sul Bim, che dal 2019 dovrebbe traghettare il mercato pubblico verso la digitalizzazione, di cui le costruzioni hanno più che mai bisogno per ottimizzare costi e processi.

Sotto accusa anche la soft law, l'apparato di norme non cogenti affidato all'Anac. Anche in questo caso - come per i Dm ministeriali - molto resta da fare: su 14 linee guida, solo quattro sono in vigore, altre 4 sono in iter, sei sono missing. Il ritorno al "vecchio" regolamento è un mantra che si sente sempre più spesso. «La soft law così è sbagliata, il regolamento n.207 era fatto bene - dice Federico Titomanlio, presidente dell'Igi, l'associazione che riunisce le grandi imprese -. Questo è un campo fatto di procedure, e la procedura deve essere precisa, ma, soprattutto, le linee guida devono essere fatte in maniera precettiva». Un tema ricorrente è anche il ritorno - strisciante - al massimo ribasso. «Se si stabilisce che non si possono fare appalti integrati - ragiona sempre Titomanlio - allora sul progetto esecutivo non mi puoi chiedere l'offerta economicamente più vantaggiosa: mi devi chiedere il massimo ribasso». «L'appalto integrato - afferma ancora il presidente dell'Igi - è una soluzione che ci è sempre piaciuta, ma va gestita bene: non bisogna consentire varianti alle imprese; quando fai il progetto esecutivo non puoi eccepire che il progetto definitivo sul quale hai fatto l'offerta non era fatto bene: te ne dovevi accorgere prima». «L'offerta economicamente più vantaggiosa sul progetto esecutivo va integralmente ripensata - interviene Edoardo Bianchi, vicepresidente dell'Ance con delega alle opere pubbliche -: dove c'è complessità tecnologica, allora ha un senso un'offerta economicamente più vantaggiosa su un progetto definitivo, non esecutivo». Il massimo ribasso? «Vorremmo una norma che lo cancellasse - aggiunge Bianchi -. L'alternativa sta nell'esclusione automatica con il metodo dell'antiturbativa, articolo 97 del codice. Vorremmo che questo sistema venga innalzato fino a cinque milioni, nei casi in cui non c'è complessità tecnologica e non c'è interesse transfrontaliero».
«Il correttivo - dice Andrea Mascolini dell'Oice (società di ingegneria) - ha dato il massimo dell'apertura all'appalto integrato, ma ne vengono pubblicati solo 10-12 al mese: evidentemente il mercato non ha bisogno di appalti integrati. Per noi resta fondamentale il principio di delega della netta separazione tra progettazione e costruzione». «Sull'appalto integrato noi siano sulla stessa linea di Raffaele Cantone - esordisce Rino La Mendola, vicepresidente del Consiglio nazionale architetti, con delega ai Lavori pubblici -. L'appalto integrato relega il progettista a un ruolo secondario nel processo dell'opera pubblica e va contro lo spirito della legge di delega del codice che afferma la centralità del progetto».
Anche l'Anie (tecnologia per le costruzioni) chiede modifiche normative. Nel codice, dice il direttore Maria Antonietta Portaluri, «non si è avuta la forza di eliminare l'obbligo di indicare la terna di subappaltatori che è un'inutile complicazione e neppure quello di rivedere il limite del 30% sull'intero importo del contratto che è una soglia troppo rigorosa. Vorremo tornare al 30% sulla categoria prevalente, limite da estendere dai lavori anche a forniture e servizi».

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