Appalti

Estero/1. Sace Simest: «Grande crescita delle italiane, ma ancora poco nei paesi forti»

di Alessandro Arona

La quota di fatturato realizzato all'estero da parte dei contractor italiani (imprese di costruzione) è esplosa negli ultimi 12 anni, passando dai 3 miliardi di euro del 2004 (il 31% del fatturato totale) a 14 miliardi di euro nel 2016 (73% del totale). Il report Sace Simest (Gruppo CdP) pubblicato ieri è dedicato alle imprese di costruzione italiane all'estero, e rielabora i dati (tra cui quello sopra) del Rapporto Estero dell'Ance presentato il 5 ottobre scorso. Ma Sace Simest aggiunge un'analisi sulla rischiosità geografica dei lavori nel mondo, ritenendo le commesse delle italiane ancora troppo localizzate in paesi a rischio medio e medio-alto. L'Ance già parla di «importante riposizionamento in corso» verso i paesi più solidi, ad esempio Stati Uniti, Unione europea, paesi del Golfo. «Vero - risponde Sace nel report - ma è troppo timido, non basta».

Sace Simest spiega che «oltre a intercettare un aumento inedito e forse irripetibile della domanda da parte di nuovi mercati (in una fase di crisi sul versante domestico) il portafoglio lavori delle imprese italiane di costruzione si è espanso soprattutto in contesti ad alta opportunità e rischio medio-alto che presentavano marginalità importanti, così come su commesse di importo rilevante». Il rapporto parla di tre categorie di imprese: le «Cristoforo Colombo», veri esploratori di mercati ad elevata potenzialità ma alto rischio. Le «Amerigo Vespucci», che puntano su mercati più stabili ma comunque con difficile penetrabilità, e rischio medio. Infine la «Giovanni Caboto», che puntano su mercati forti e affidabili, dove ovviamente la concorrrenza è altissim ae si vince solo con elevata specializzazione e managerializzazione.

Secondo Sace i costruttori italiani sono stati finora troppo «Cristoforo Colombo»: coraggiosi, sì, ma finiti troppo spesso nei guai come in Libia o in Venezuela (non a caso l'ultima legge di Bilancio ha istituito un fondo da 16 milioni di euro per gli indennizzi alle imprese, quasi tutte di costruzione, che hanno conseguito perdite irrecuperabili in questi paesi). Secondo Sace «il presidio delle imprese italiane rimane al di sotto della media globale in Estremo Oriente, in Europa (UE e non-UE, anche per il peso inferiore della domanda domestica) e nell'area Nafta» (Usa, Canada e Messico). mentre resta «superiore alla media in Africa e Medio Oriente», aree più rischiose. Sace sottolinea fra l'altro che «il 2017 ha visto una ripresa degli investimenti in costruzioni anche sui mercati avanzati, con un'inversione di tendenza rispetto alla progressione degli emergenti, che tornano al di sotto del 60% della domanda globale».

Sace riconosce i cambiamenti in atto: le commesse acquisite dalle imprese italiane nel 2016 sono aumentate di oltre il 20%, per un totale di 20,8 miliardi di euro, «principalmente per effetto di una maggiore domanda dalle economie</p><p>Ocse, che rappresentano il 46% degli ordini acquisiti nell'anno (erano il 42% nel 2015)». «Lo sforzo di riposizionamento delle imprese italiane è iniziato - commenta Sace Simest - ma è troppo timido, non basta, in base a quello che vediamo a livello globale». L'Ance d'altra parte sottolinea che le imprese italiane stanno scommettendo co forza su Stati Uniti e Canada, e le commesse nell'ultimo anno monitorato (2016) sono state il 24% del totale, rispetto a un portafoglio totale (comprese le vecchie commesse) del 10%.

L'espansione negli Stati Uniti è fra l'altro confermata dalle numerose commesse italiane nel 2017 e anche 2018, come quella di oggi di Astaldi (tratta stradale da 108 milioni di dollari). Sono d'altra parte crollate, vista l'instabilità dell'area, le commesse in Nord Africa (solo 2% delle nuove nel 2016), mentre l'Africa Sub-sahariana con il suo 17,6% delle nuove commesse rappresenta la seconda area di espansione insieme al Medio Oriente, e dopo il Nord America. Ma sull'Africa le prudenze del rapporto Sace Simest sembra addirittura eccessiva rispetto alla centralità strategica assegnata dai governo negli ultimi due anni ai rapporti privilegiati e agli investimenti dell'Italia e dell'Europa nei paesi sub sahariani di origine dei flussi migratori, come confermato dal vertice del novembre scorso tra Ue e Unione Africana ad Abidjan, in Costa d'Avorio.

Il rapporto Sace Simest sui costruttori all'estero

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