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Estero/2. Ghella (Ance): «Giudizio ingeneroso: dal 2011 le commesse in paesi Ocse salite dall'11 al 46%»

di A.A.

«È giusta l'analisi di Sace Simest sull'opportunità dei costruttori italiani di spostare le loro commesse verso i paesi più solidi e a minor rischio. Ma è quantomeno ingeneroso il giudizio che questo stia avvenendo in modo troppo timido». Giandomenico Ghella, alla guida insieme al fratello Enrico di una delle principali imprese di costruzioni italiane (Ghella Spa) attive all'estero, e vice-presidente Ance con delega per l'estero, risponde con orgoglio ma anche con i numeri alle critiche del Rapporto Sace Simest presentato ieri.
«Il rapporto - commenta Ghella a Edilizia e Territorio - non tiene conto della lentezza con cui i riposizionamenti avvengono per le imprese di costruzione, e non tiene conto dei numeri: le nuove commesse acquisite dai costruttori italiani nei paesi Ocse (i 35 paesi occidentali con più solide economie di mercato, ndr), che nel 2011 erano solo il 16% di quelle acquisite in quello l'anno, sono progressivamente cresciute fino al 46,3% nel 2016» (ultimo anno monitorato in dettaglio dal Rapporto Ance Estero».

«Il Rapporto Sace Simest è interessante - concede Ghella - e anche condivisibile nell'analisi sull'ooportunità di riposizionarsi. Ma non si può ragionare in astratto, come se si parlasse di imprese manifatturiere, che possono modificare i mercati di sbocco del loro export molto più rapidamente dei costruttori. I cicli di vita delle nostre commesse sono molto lunghi, dobbiamo cioè portare a termine contratti acsuisiti magari 10 anni fa, e ci vogliono almeno cinque anni dalla decisione di spostarsi su un nuovo mercato prima di averne effetti evidenti sul fatturato».

«Detto questo - continua Ghella - il riposizionamento sui mercati più forti è già in corso, partito da alcuni anni. I dati sulle nuove commesse sono evidenti: nei paesi Ocse avevamo ottenuto nel 2011 contratti per soli 2.039 milioni, il 16,2% del totale; poi nel 2012 2.800 milioni e il 23% del totale; nel 2013 4.562 milioni e il 26%; dopo un lieve calo nel 2014 un vero boom nel 2015, a 7.293 milioni, pari al 42,3% del totale delle nuove commesse di quell'anno, e infine 9.644 milioni nel 2016, pari al 46,3% del totale».

«Inoltre - prosegue Ghella - alcuni mercati sono assolutamente inaccessibili per le imprese italiane. In alcuni casi sono teoricamente aperti, come in Corea del Sud o Giappone, ma assolutamente presidiati dalle imprese locali, che sono dei colossi rispetto a noi, e dunque avventurarsi lì sarebbe un suicidio. In altri casi, come la Cina e l'India, oltre a esserci imprese locali forti ci sono anche barriere così elevate (doganali e non) che rendono i mercati non avvicinabili». «Ci sono invece altri mercati, per quanto difficili, alla portata delle nostre imprese più specializzate e competitive, come l'Australia, il Brasile, il Cile, Qatar, Stati Uniti, e in questi paesi stiamo crescendo».

«In Usa - spiega Ghella - bisogna operare con una impresa locale, ma le italiane si stanno dando molto da fare, puntando su società controllate attive in Usa da anni, come Astaldi e Condotte, o acquisendone ex novo, come Salini Impregilo e Pizzarotti» (ma anche Cmc nel campo delle cooperative). «Tutte le imprese che conosco - aggiunge Ghella - tra le prime 10-15 per fatturato, stanno puntando sul mercato degli Stati Uniti».

«L'Africa inoltre - aggiunge Ghella - è vero come dice la Sace che è più rischiosa dei Paesi Ocse, ma qualche rischio in più può valer la pena di prenderselo, se è vero che l'Italia e l'Europa hanno davvero intenzione di investire di più nell'area sub-sahariana. Lo stesso discorso vale per l'Iran, dove ci sono molti progetti infrastrutturali per i quali l'Italia ha firmato memorandum of understanding e dove il fondo messo a disposizione da Invitalia qualche giorno fa può dare grande spinta agli investimenti, fornendo garanzia alle banche iraniane».

Evoluzione delle nuove commesse nell'Ocse (dati Ance)

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