Appalti

Edilizia, accordo scaduto da 18 mesi: nel nuovo contratto il nodo bilateralità

di Cristina Casadei

Ci sono molti argomenti sul tavolo per il rinnovo del contratto collettivo nazionale dell'edilizia ma, sulla maggior parte, manca una reale convergenza tra aziende, oggi riunite su un unico fronte, e sindacati che prima di Natale, il 18 dicembre, hanno usato la leva dello sciopero. Da parte delle imprese, oggi, «esiste la volontà forte di fare il contratto», dice Marco Garantola che nella nuova squadra dell'Ance, è il vicepresidente per le relazioni industriali. L'auspicio è che «i molti argomenti sul tavolo possano trovare una convergenza su punti comuni», sottolinea Garantola. Tra le priorità del nuovo contratto, che riguarda oltre un milione e mezzo di addetti, c'è sicuramente «la revisione di tutto il sistema bilaterale che comprende, tra l'altro, le casse edili, le scuole edili e il comitato della sicurezza», comincia Garantola. Tutto questo mondo va rivisto insieme al sindacato e una delle ragioni più forti sta nella valanga che si è abbattuta sul settore con la crisi. E che sono i numeri a spiegarci. Secondo l'Osservatorio delle casse edili, nel 2008 il totale della massa salari era quasi 5 miliardi di euro (4.980.271.435 per la precisione), oggi è sceso sotto i 3 miliardi di euro (2.906.456.319 nel 2016, dato allineato con il 2017). «Con la crisi abbiamo perso il 40% delle imprese e abbiamo pressoché dimezzato la forza lavoro.

La preoccupazione del sindacato per le concessionarie è comprensibile, ma non dobbiamo dimenticare che impiegano 3mila persone quando il sistema ha perso quasi 700mila lavoratori iscritti alle casse edili». Rivedere la bilateralità non vuol dire smantellarla. Vuol dire, secondo Garantola, «renderla efficiente ed efficace. Il sistema bilaterale, che è un fiore all'occhiello dell'edilizia, gestito pariteticamente dalle aziende e dai sindacati, funziona nel momento in cui è efficiente nell'erogare servizi a lavoratori e imprese». Quindi? «Serve una riorganizzazione per ridurre i costi ed efficientare il sistema: ci sono casse che hanno una lunga storia, quella di Milano è nata oltre 100 anni fa, e grandi dimensioni, e poi ci sono le casse molto piccole: queste ultime devono essere in grado di fare sinergia». Il primo passo sulla via dell'efficienza dovrebbe quindi essere l'integrazione dei servizi, mentre il secondo un intervento sui costi che «in prospettiva dobbiamo cercare di uniformare a livello nazionale. Un primo passo potrebbe essere quello di rendere il costo uniforme almeno a livello regionale», spiega Garantola.Il rinnovo del contratto dovrà passare dalla complessa riforma della bilateralità ma anche dall'investimento su leve diverse. La prima è il welfare. «Il nostro paese oggi ha leggi che prevedono una tassazione agevolata sull'uso di strumenti di assitenza sanitaria e integrazione pensionistica, esigenze avvertite dai nostri lavoratori che chiedono risposte proprio su sanità e previdenza.

Per questo stiamo lavorando per creare un fondo sanitario nazionale del settore edile in modo che dal nord al sud le prestazioni, che oggi sono molto diverse, possano essere uguali. Allo stesso modo stiamo lavorando per potenziare il Fondo integrativo per consentire a chi svolge lavori gravosi di poter usufruire di forme adeguate di tutela».Il negoziato nel corso dell'ultimo anno ha incrociato più volte battaglie politiche, come quella sul codice degli appalti o quella che riguarda gli ammortizzatori sociali. «Risulta pertanto indispensabile provvedere a una ulteriore riduzione dell'aliquota contributiva in edilizia che potrebbe quantificarsi dal 4,70% al 4%», dice Garantola. Tutto questo, peraltro, non comprometterebbe il sistema. «Con la riduzione del contributo ordinario al 4% è possibile dimostrare che l'Inps avrebbe comunque maturato un saldo positivo della gestione cigo edile anche attraverso l'aumento della contribuzione addizionale, mediamente pari al 12%. Sono anni che creiamo avanzi al fondo della cassa integrazione».Alla luce di un quadro davvero molto complesso per l'edilizia le imprese dicono che «il contratto va rinnovato ma è necessario creare le condizioni ottimali. La crisi e la perdita di lavoro impone di abbandonare le vecchie logiche – dice Garantola -. Sono finiti i tempi in cui si chiedeva 100 per portare a casa 80. Abbiamo bisogno di un contratto innovativo e di rivedere l'impianto dell'articolato con l'obiettivo di dare ai lavoratori più denaro in tasca ma in forme diverse, attraverso cioè l'erogazione di servizi alla persona e alle famiglie che è il vero welfare».

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