Appalti

Pedemontana veneta, i 7 miliardi in meno di «incasso» per Sis e il ricorso che pende al Tar

di Franco Tanel

Le ultime quattro settimane sono state cruciali per la Superstrada Pedemontana Veneta: prima il 9 novembre la collocazione del maxibond da oltre 1,5 miliardi di euro, necessario al Consorzio Sis, concessionario dell'opera per chiudere il Pef e avere le risorse per continuare i lavori, poi il 6 dicembre il parere dell'ANAC di Cantone , che pur esprimendo critiche e perplessità per alcuni aspetti del contratto di concessione, dà sostanzialmente il via libera all'opera che a questo punto dovrebbe essere completata per la fine del 2020.

LA SUPERSTRADA PEDEMONTANA
Ma andiamo con ordine: la Superstrada Pedemontana, 94,5 km da Montecchio Maggiore nel vicentino, sull'autostrada A4, a Spresiano in provincia di Treviso, dove s'immette nella A27, ha l'obiettivo di sgravare dal traffico la rete stradale ordinaria nelle province di Vicenza e Treviso, ai piedi delle Prealpi, aree interessate da una urbanizzazione diffusa e da una alta densità di piccole e medie industrie.
La Pedemontana è attualmente opera già cantierata (il primo colpo di ruspa è dell'ottobre 2011) tra quelle di maggior valore in Italia con i suoi 2,25 miliardi ma fin dall'inizio ha avuto difficoltà nel closing finanziario. La convenzione prevedeva infatti che a fronte di una concessione di 39 anni, un contributo pubblico in conto costruzione di 173 milioni e un canone di disponibilità di 436 milioni di euro complessivi erogato semestralmente per i primi 30 anni di gestione, il Consorzio Sis "mettesse" 350 mln di capitale proprio e reperisse sul mercato finanziario i restanti 1,5 miliardi necessari.

Ma di rinvio in rinvio il finanziamento non è mai arrivato e sono cresciuti i dubbi sulla solidità del Pef. Con l'atto aggiuntivo alla convenzione del dicembre 2013 i contributi pubblici in conto costruzione tra statali e regionali sono schizzati a 614 milioni, l'equity garantito dal concessionario sale a 500 mln, ma tutto questo non è bastato perché il mercato finanziario accogliesse positivamente l'emissione delle obbligazioni necessarie a reperire il miliardo e mezzo necessario al closing finanziario.

UN PEF INADEGUATO
La questione è infine esplosa nell'estate 2016 quando è stato chiaro a tutti che, a queste condizioni, il closing non si sarebbe mai raggiunto e che il rischio di rimanere con decine di chilometri di cantieri avviati e bloccati era reale. Il Pef è stato messo sotto accusa e ritenuto non adeguato su vari aspetti: le stime di traffico, l'allocazione del rischio tra concedente e concessionario, il livello di remunerazione assicurata al concessionario stesso. Il Governo a fine 2016 non ha confermato il Commissario delegato e la gestione dell'opera è ritornata in capo alla Regione che ha avviato con il concessionario una trattativa per ridefinire la convenzione.

LA CONVENZIONE RIVISTA E IL BON SOTTOSCRITTO
La revisione della convenzione (Terzo atto convenzionale del maggio 2017) ha risolto la situazione e la collocazione del bond è finalmente arrivata ai primi di novembre, quasi sul filo di lana visto che il concessionario aveva tempo fino al 29 gennaio 2018, pena la decadenza della concessione. E' stato così emesso un bond da 1,57 miliardi di euro, che come spiega una nota di Superstarda Pedemontana Veneta spa (la società di progetto creata dal Consorzio Sis) il cui ricavato sarà utilizzato per finanziare i costi di costruzione, gli oneri finanziari, le tasse e gli altri costi di progetto sostenuti nella costruzione. La Regione Veneto, nel frattempo, attraverso l'accensione di un mutuo, ha destinato all'opera ulteriori 300 milioni di euro, destinati soprattutto al pagamento degli espropri.

LA DELIBERA DELL'ANAC
Superato lo scoglio del closing finanziario, rimaneva il pronunciamento dell'Autorità Nazionale Anticorruzione, a cui erano stati indirizzati vari esposti sia da esponenti politici che da comitati di cittadini contrari all'opera. Il documento, reso noto lo scorso 6 dicembre ripercorre in ben 40 pagine la complicata storia della Pedemontana e giunge ad alcune importanti conclusioni. La prima - e più importante - è che ANAC approva la decisione della Regione Veneto di non aver rescisso il contratto di concessione con Sis e di aver firmato la nuova convenzione lo scorso maggio.
Però esprime due rilievi importanti.
Il primo è che non ritiene ammissibile che il termine dei lavori sia posticipato di due anni, cioè al 30 settembre 2020 senza una corrispondente riduzione del termine della gestione.
Il secondo critica l'ulteriore contributo pubblico di 300 milioni che la Regione ha assicurato all'opera. Su questo l'ANAC sottolinea come la percentuale di contributo pubblico sul costo totale dell'opera arrivi circa al 40% e che anche se questo non è in contrasto con il Codice dei Contratti che fissa il limite adesso al 50%,, è certamente poco opportuna per un'opera che realizzata con un project financing avrebbe dovuto essere sostanzialmente a carico dei privati.

I MILIARDI IN MENO...
Sulle obiezioni di Cantone, Marco Corsini, commissario delegato Regionale per la Pedemontana, risponde che bisogna guardare complessivamente il nuovo atto convenzionale: «Il maggior contributo di 300 milioni, che è giustificato in termini di riequilibrio del Pef, è nulla rispetto al risparmio di oltre sette miliardi ottenuto riducendo i ricavi del concessionario. La Regione ha comunque indicato al concessionario l'obbligo di affidare in gara tutti i lavori non eseguiti direttamente». Corsini si riferisce al fatto che con la nuova convenzione gli incassi dei pedaggi saranno incamerati dalla Regione e al Concessionario sarà riconosciuto solo un canone di disponibilità annua. Secondo i calcoli del Pef nell' arco della concessione la Regione incasserà 12,7 miliardi dai pedaggi e ne pagherà 12,1 di canone di disponibilità. Fatti tutti i calcoli con Iva e interessi sui mutui il saldo è positivo per la Regione per 167 milioni di euro.

IL CANONE DI DISPONIBILITà
Cantone però nel suo documento chiede alla Regione di chiarire meglio come si sia arrivati a determinare la cifra del canone di disponibilità, che è pari per il 2020 a 153.946.814,27 euro + Iva, facendo intendere che forse la cifra dovrebbe essere più bassa. Ricordiamo che con la precedente convenzione la Regione si impegnava a pagare un canone integrativo al Concessionario nel caso il traffico fosse stato inferiore alle previsioni. Una clausola capestro, che esponeva la Regione a un rischio finanziario elevatissimo, reso ancora più evidente dalla revisione al ribasso di tutte le stime di traffico fatte recentemente da diversi soggetti.
Il Terzo Atto Convenzionale, ribalta questo meccanismo e di fatto "taglia" i ricavi del concessionario nei 39 anni di circa 7 miliardi secondo i calcoli fatti da Corsini (da 19 a 12 miliardi di euro, dunque). Alla fine quindi in capo al concessionario rimangono i rischi di costruzione e gestione, oltre che quello economico relativo al finanziamento dell'opera (sia pure moderato da un contributo pubblico che arriva a 914 milioni) mentre la Regione si è accollata il rischio traffico.

IL RICORSO AL TAR
Rimane un ultimo ostacolo sulla strada della Pedemontana: il ricorso al Tar contro la decisione della Regione di riscrivere la convenzione con il concessionario, da parte dell'Ati Salini-Impregilo, sconfitta dal Consorzio Sis con un ricorso al Consiglio di Stato nel 2009.
Nel ricorso presentato al Tar, Salini Impregilo sostiene che il contratto è stato radicalmente riscritto e che quindi la concessione deve essere rimessa in gara.

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