Appalti

Acea/2. L'Ad Donnarumma: «Faremo acquisizioni, non società ma comparti produttivi»

di Celestina Dominelli

In Sudamerica Acea sta già partecipando ad alcune gare nei paesi in cui è presente (Colombia e Perù), mentre altrove l’azienda capitolina punta a esportare il proprio know how. Forte dell’esperienza accumulata come gestore di infrastrutture a Roma e nel centro-sud della penisola. E ora, grazie al piano 2018-2022 da 3 miliardi di euro di investimenti presentato ieri a Piazza Affari, l’ad della società, Stefano Donnarumma, si dice pronto a farla crescere ulteriormente anche nel mercato domestico, battendo la strada dell’aggregazione verticale. «Più che pensare a fusioni o incorporazioni tra grandi gruppi date le dimensioni - spiega l’ingegnere meccanico da maggio al timone dell’azienda - ritengo che Acea possa fungere da acceleratore nei territori in cui opera e possa crescere acquisendo, per esempio, comparti commerciali o produttivi, come sta facendo A2A nel fotovoltaico».

Pensa che sia definitivamente tramontata la possibilità di una discesa nel vostro capitale del Comune di Roma che detiene il 51%?

Dal punto di vista tecnico, se Acea avesse più flottante, sarebbe più appetibile sul mercato e garantirebbe maggiore soddisfazione ai suoi azionisti. Non credo, però, che l’azienda abbia bisogno necessariamente di questo per crescere, non è una condicio sine qua non ma un’opportunità che attiene alla strategia del socio di maggioranza e finora non abbiamo avuto segnali in questo senso.

Nel vostro piano, si fa cenno a un basket di iniziative strategiche, a partire dal possibile consolidamento nell’idrico. Avete già individuato potenziali target?

Nelle aree in cui siamo già fortemente presenti (Lazio, Campania, Umbria e Toscana), stiamo già dialogando con i territori e con i soci pubblici per capire se possiamo essere d’aiuto per progetti di maggiore respiro e per garantire piani di investimento efficaci.

Uno dei settori su cui puntate è la distribuzione gas. Parteciperete alle gare d’ambito?

Già da qualche mese abbiamo avviato un dialogo con gli operatori per capire, da un lato, se è possibile acquisire delle società da utilizzare come punto d’appoggio per le gare e, dall’altro, valutare eventuali partnership. Consapevoli del fatto che potremo soprattutto un importante supporto industriale nonché grandi opportunità di sinergie tra idrico e gas, che sono molto affini.

C’è spazio per consolidarsi nel mercato elettrico?

Magari ci fosse. La verità è che lì le occasioni non sono molte, ma, se si dovessero presentare, le valuteremo con molto interesse soprattutto se riguarderanno aree limitrofe ad altri nostri business.

Da molti Acea viene vista come il possibile cavaliere bianco in grado di salvare l’Ama e risolvere l’emergenza rifiuti di Roma. Che ne pensa?

La vocazione di Acea non è quella di gestire la logistica del rifiuto. Non facciamo raccolta o stoccaggio, siamo per natura infrastrutturisti e impiantisti. Se, dunque, Acea può dare un contributo e vuole farlo, non c’è bisogno dell’integrazione con Ama ma di complementarietà e in questo siamo perfettamente allineati con questa amministrazione. Lavoreremo perciò a nuovi progetti nel trattamento rifiuti (dalle plastiche ai fanghi da depurazione), ma non pensiamo a nuovi termovalorizzatori viste le lungaggini autorizzative, ci accontenteremo di tener vivi i nostri impianti e di farli funzionare al meglio.

Ad agosto avete siglato un memorandum of understanding con Open Fiber per l’infrastrutturazione della banda ultra-larga nella capitale. Che tempi prevede per il closing?

Siamo alla definizione dei dettagli e conto di portare una proposta di intesa al nostro ultimo cda prima di Natale. Credo che si troverà una quadra entro fine anno in modo da diventare operativi agli inizi del 2018.

In quel memorandum, si prevede anche la possibilità di costituire una società, a maggioranza Acea, per progetti nell’ambito smart city. A che punto siete su quel fronte?

Ci stiamo lavorando con loro ma non è detto che otterremo il risultato solo con Open Fiber. Di certo c’è che sarà una società di Acea partecipata da altri potenziali investitori, ci auguriamo soprattutto partner industriali, e che riteniamo di dover partire comunque entro la prima del 2018.

Roma ha vissuto una grave emergenza idrica nei mesi estivi. Il problema è alle spalle?

La crisi idrica è tuttora in corso. Gli acquedotti storici sono in sofferenza e lo sono ancor più oggi che a novembre perché la pioggia è ancora poca e questo fa sì che al momento ci manchino più di due metri cubi di acqua al secondo. Ciò detto, negli ultimi cinque mesi abbiamo effettuato più di cinquemila riparazioni e, per fine anno, avremo esaminato per due volte i 5400 chilometri di rete. E ora dobbiamo muoverci su due piste parallele: la sostituzione delle reti obsolete e la manutenzione predittiva e preventiva delle reti esistenti, anche associata al ricorso a nuove tecnologie (dall’uso dei sensori nelle tubazioni all’osservazione satellitare per avere previsioni meteo puntuali) in modo da mantenere il livello delle perdite sotto un certo valore. Ci siamo dati l’obiettivo di arrivare sotto il 30%. A maggio, quando sono stato chiamato, eravamo al 46%, oggi siamo scesi al 35-36 per cento.

Nei vostri piani futuri c’è il raddoppio del Peschiera. Che tempi prevede per il completamento?

Il tratto superiore, quello più urgente, richiede non meno di 4 anni di attività e un esborso tra i 300 e i 400 milioni, mentre serviranno almeno due anni per l’iter autorizzativo. Per questo motivo, abbiamo inserito nel piano solo il costo della progettazione (30 milioni,ndr) che sarà riassorbito dalla tariffa idrica, mentre aspettiamo di vedere come il governo e le istituzioni deciderano di finanziare la realizzazione di un’opera strategica per la città e il paese.

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