Appalti

Restrizione concorrenza, anche una sola gara può costituire «mercato rilevante»

di Pietro Verna

Anche una singola gara d'appalto può costituire "mercato rilevante" ai fini dell'accertamento di un'intesa restrittiva della concorrenza, in quanto l'articolo 2 della citata legge 10 ottobre 1990, n. 287 "Norme per la tutela della concorrenza e del mercato" vieta ogni contatto, diretto o indiretto, tra gli operatori che abbia per oggetto o per effetto di influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente o di informare tale concorrente sulla condotta che l'impresa ha deciso di porre in atto. Il che implica che, ai fini dell'applicazione delle sanzioni previste dall'articolo 15 della stessa legge, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) deve parimenti accertare il concreto pregiudizio arrecato al funzionamento del mercato (Consiglio di Stato, Sezione VI, 12 ottobre 2017, n. 4733). Con l'enunciazione di questo principio, il massimo organo di giustizia amministrativo ha parzialmente riformato la pronuncia del Tar Lazio – Roma che aveva sanzionato le società partecipanti a tre procedure di gara bandite dal Ministero della Difesa- Direzione generale degli armamenti navali- NAVARM, nel triennio 2011- 2013, aventi per oggetto l'affidamento dei servizi di bonifica degli arsenali di La Spezia, Taranto e Augusta.

La cornice normativa
La legge n.287/1990 vieta le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante (articolo 2). Stabilisce altresì che nei casi di infrazioni gravi l'AGCM dispone l'applicazione di una sanzione pecuniaria fino al dieci per cento del fatturato realizzato in ciascuna impresa nell'ultimo esercizio (articolo 15, comma 1). Materia, quest'ultima, disciplinata dalle linee guida sulla modalità di applicazione dei criteri di quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie ( di seguito "Linee guida") adottate dall' AGCM (delibera 22 ottobre 2014. n. 25152).

Il contenzioso
La vicenda processuale era scaturita da una segnalazione con la quale lo stesso Ministero della difesa aveva denunciato all'AGCM condotte sintomatiche di un'intesa restrittiva della concorrenza, perché le imprese in questione, previamente costituitesi in tre Associazioni temporanee di impresa (ATI), avevano fatto si che a ciascuna gara partecipasse una sola ATI per arsenale, con l'effetto che l'unica partecipante risultasse aggiudicataria a ribassi anormalmente decrescenti nel corso degli anni. Segnalazione che permetteva all'AGCM di accertare l'esistenza di un'intesa "in grado di neutralizzare il confronto competitivo, consentendo la spartizione dei lotti e la fissazione dei prezzi di aggiudicazione" e di applicare la sanzione pecuniaria prevista dall'articolo 15 della legge n.287/1990 ossia il pagamento di una sanzione pecuniaria fino al dieci per cento del fatturato realizzato in ciascuna impresa nell'ultimo esercizio (nel caso di specie, da euro 4.233.674,50 a euro 49.525,00).

La sentenza di Palazzo Spada
Le imprese appellanti avevano eccepito che il giudice di primo grado si sarebbe limitato a condividere le censure dell'AGCM senza tener conto che la condotta contestata non avrebbe presentato alcun connotato di gravità nei termini stabiliti dal suindicato articolo 15, che l' Autorità garante "avrebbe pretermesso l'analisi di alcune circostanze attenuanti, quali l'ambito di operatività meramente locale delle imprese interessate [e] la loro marginale dimensione" e che le sanzioni applicate sarebbero state sproporzionate. Tesi che il Consiglio di Stato ha ritenuto, per un verso, priva di pregio e, per altro verso, fondata. Il Collegio, infatti, pur confermando l'indirizzo giurisprudenziale a mente del quale anche una porzione ristretta del territorio nazionale può assurgere a "mercato rilevante" ogni qual volta esista una concorrenza suscettibile di essere alterata (ex multis, Consiglio di Stato, Sezione VI, 22 marzo 2001, n. 1699), ha rilevato che l' Autorità garante avrebbe dovuto attenersi alle citate Linee guida, ove si afferma, tra l'altro, che "affinché la sanzione abbia un'effettiva efficacia deterrente, è almeno necessario che essa non sia inferiore ai vantaggi che l'impresa si attende di ricavare dalla violazione". Di qui la decisione di Palazzo Spada di ritenere l'intesa anti competitiva e di rideterminare l'importo delle sanzioni nella misura del 70% in meno di quelle applicate dall'ACGM. Il tutto in linea con il principio secondo cui l'analisi degli effetti prodotti sul mercato può incidere sulla valutazione di gravità della intesa illecita e, di conseguenza, sulla quantificazione della sanzione pecuniaria (Consiglio di Stato, Sezione VI, 3 aprile 2009, n. 2092).

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