Appalti

Manutenzioni/2. Restano i dubbi dell'Ance. Bianchi: «Tre nodi nelle piattaforme Consip»

di Giuseppe Latour

Sui piccoli lavori «l'Ance è contraria al fatto che Consip entri nel mercato della manutenzione edile. Pensiamo che Consip abbia più ragione di esistere per gli acquisti, ad esempio di siringhe o sedie. In quel caso ci sono economie e benefici evidenti. Abbiamo molti dubbi sui lavori sotto il milione».
Sono parole contenute in una nota redatta dall'Ance. Non sono, però, state pronunciate in questi giorni, ma a luglio del 2016, all'indomani della pubblicazione dei maxibandi della centrale di acquisti del Mef sulle manutenzioni. A poco più di un anno da quella data e con il Mepa che comincia ad assumere una consistenza molto rilevante, il giudizio dei costruttori non è cambiato di molto, a sentire le parole di Edoardo Bianchi, vicepresidente Ance con delega alle opere pubbliche.
L'impressione è che alcuni nodi con il passare dei mesi siano rimasti irrisolti, lasciando aperte questioni generali che andranno affrontate, al di là dei risultati del Mepa: dalla qualificazione delle stazioni appaltanti al ruolo che Consip avrà in futuro nel mercato italiano del lavori pubblici.

Per Bianchi l'utilizzo della piattaforma elettronica per le procedure sotto il milione di euro, oggetto in questi giorni del primo monitoraggio organico, lascia almeno tre grandi questioni aperte.

A partire da quella, più generale, del ruolo che Consip deve assumere: «Il sistema delle centrali di acquisti funziona bene per le forniture e, secondo noi, va già meno bene per i servizi. Comunque, ho grossi dubbi che sia vantaggioso utilizzarlo per i lavori di manutenzione». Il tema, in questo caso, è quello della concentrazione di potere eccessiva in capo alla società del Mef: la tendenza a farle fare di tutto rischia di stravolgere i rapporti di forza nel mercato dei lavori. A fronte di vantaggi che, per l'associazione, sono tutti da dimostrare. Non è una questione che riguarda il Mepa, ma il timore è che si arrivi alla deriva degli accordi quadro per i lavori, che poi potrebbero scatenare la catena incontrollabile dei subappalti.

Accanto a questo, c'è il problema della trasparenza negli affidamenti che transitano dal Mepa, che Bianchi espone così: «In questi mesi non siamo ancora riusciti a capire qual è il funzionamento dell'algoritmo con il quale vengono invitate le imprese sul mercato elettronico. Mi chiedo quali siano i criteri per le rotazioni e se sia possibile abusare in qualche modo degli strumenti. Se, ad esempio, invito un'impresa per una gara da mille euro e un'altra per una procedura da 900mila, quell'invito ha lo stesso peso? Se non rispondo all'invito che mi viene rivolto dalla stazione appaltante, vengo escluso? Non ci è chiaro cosa accade quando lasciamo gli inviti in capo all'algoritmo di Consip».
Il meccanismo delle richieste di offerta, cioè, rischia di prestarsi anche a comportamenti scorretti, se messo nelle mani di amministrazioni con cattive intenzioni.

Ma c'è anche un tema legato alla qualificazione delle stazioni appaltanti. Prosegue Bianchi: «Il fatto che Consip per queste gare faccia sostanzialmente da service per i Comuni meno strutturati, compensando le deficienze della pubblica amministrazione, ci riporta al fatto che ci sono delle norme sulla qualificazione delle stazioni appaltanti rimaste ferme, sulle quali non abbiamo notizie. È in quella sede che bisogna dire con chiarezza quali stazioni appaltanti hanno competenze per svolgere le diverse attività legate alle procedure di gara. Bisogna finalmente stabilire chi è qualificato e chi, invece, non lo è».

Per adesso, invece, uno dei pezzi più importanti della riforma del Codice appalti è rimasto tristemente fermo, in attesa di uscire dai cassetti dei tecnici dell'esecutivo.

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