Il Commento Appalti

Appalti/2. Il passo indietro sulle concessionarie e il rischio di tornare al modello «riforma continua»

di Mauro Salerno

Doveva essere il codice delle certezze: inderogabile e immodificabile. Sulle deroghe si è visto come è andata con il G7 di Taormina e i mondiali di Sci di Cortina. E anche sul secondo principio - fissato in teoria per voltare pagina rispetto al codice del 2006 bersagliato dalle centinaia di modifiche che in pochi anni hanno trasformato il settore degli appalti in un colabrodo normativo - si rischia ora di dover riporre i facili entusiasmi nello zaino della realtà.

Senza entrare nel merito dell'emendamento proposto dal Pd, uno dei maggiori pericoli legati all'inversione a U sui lavori delle concessionarie autostradali (finora considerata una norma-bandiera dalla stessa commissione Lavori pubblici del Senato) è quello di riaprire la corsa alla correzione continua del codice entrato in vigore da poco più di un anno. Con l'aggravante che molte delle norme che dovevano servire ad aprire una nuova stagione di trasparenza ed efficienza degli affidamenti pubblici - dopo le inchieste sulle grandi opere, dunque dall'Expo in poi - sono rimaste del tutto inattuate.

La stessa scelta di portare dal 60% all'80% la quota minima di appalti delle concessionarie da affidare con gara, uscendo dai circuiti dell'in house, sarebbe dovuta entrare in vigore soltanto il prossimo 19 aprile. Finora è servita solo per alimentare polemiche a mezzo comunicati stampa ed è vissuta - facciamo un po' di autocritica - solo nella realtà parallela raccontata sulle pagine dei giornali.

Il problema è che rischiano di restare titoli di articoli di giornale (di carta o web poco importa) anche le promesse di rinnovamento legate alla riduzione e qualificazione delle stazioni appaltanti e alle commissioni di gara imparziali nominate tramite Albo Anac. Se ne scrive ormai da due anni, ma i provvedimenti che dovrebbero trasformare gli annunci in realtà finora sono rimasti nei cassetti dei ministeri. E c'è da scommettere che, al di là dei facili annunci, difficilmente vedranno la luce prima della fine della Legislatura.

Se si tiene poi conto di scorciatoie e passi indietro sull'obbligo di mettere in gara solo progetti esecutivi e della poco comprensibile scelta di scavalcare i paletti di Cantone (leggi doppio preventivo) sugli affidamenti diretti sotto 40mila euro (rimessi a forza sotto i riflettori con il caso scoppiato ieri a Cosenza) verrebbe da dire che, giudicata alla distanza, la riforma del 2016 rischia di partorire il classico topolino.

Nota finale. Se si eccettua lo slittamento di un termine inserito nel decreto Milleproroghe di fine 2016 e la misura-tampone sui poteri dell'Anac introdotta di tutta fretta nella manovrina di primavera, l'emendamento sui lavori delle concessionarie costituirebbe, se approvato, il primo intervento sul Dlgs 50/2016 con una correzione di merito al di fuori di un ripensamento "organico" (leggi Correttivo).

Il rischio di riaprire il balletto delle modifiche (a una riforma zoppa) è dietro l'angolo.