Appalti

Appalti/1. Varianti in corso d'opera, nel Dm Mit tutte le indicazioni per la fase esecutiva

di Roberto Mangani

La bozza del Decreto del ministero delle Infrastrutture relativa alle Linee guida dirette a disciplinare lo svolgimento dei compiti e delle attività del Direttore lavori contiene alcune specifiche disposizioni, riportate all'articolo 10, che si occupano delle varianti contrattuali.
Si tratta più propriamente di quelle che vengono tradizionalmente denominate «varianti in corso d'opera», che a livello di disciplina legislativa trovano collocazione nell'articolo 106 del D.lgs. 50/2016. Tale ultimo articolo reca come titolo "Modifica di contratti durante il periodo di efficacia". Al suo interno il legislatore ha concentrato in un unico contesto la disciplina di una serie di modifiche contrattuali che si riferiscono ad una molteplicità di ipotesi molto diverse tra loro.
Vengono infatti disciplinate nel medesimo ambito le modifiche di tipo strettamente economico (riconducibili sostanzialmente al meccanismo della revisione prezzi); quelle che attengono al contenuto sostanziale del contratto (assimilabili alle ipotesi più tradizionali delle varianti in corso d‘opera); le modifiche soggettive, che si sostanziano cioè in una variazione del contraente; e, infine, le modifiche di ordine strettamente temporale, relative cioè alla proroga dei contratti.
Utilizzando una tecnica legislativa molto diversa da quella che caratterizzava la normativa previgente - e che in parte riprende l'impostazione della direttiva comunitaria - il legislatore ha quindi operato una sorta di "assemblaggio" normativo, il cui risultato non appare peraltro particolarmente soddisfacente. L'unificazione della disciplina di aspetti così diversi tra loro non giova alla chiarezza e semplificazione del sistema normativo, giacché vengono assimilate nell'ambito di una disciplina unitaria ipotesi che in realtà rispondono a ragioni e logiche differenziate e che hanno in comune solo l'effetto finale, quello cioè di produrre una qualche modifica del rapporto contrattuale.

Le varianti in corso d'opera
Come detto, la bozza del Dm - coerentemente al suo contenuto, diretto a disciplinare i compiti del Direttore lavori - si occupa esclusivamente di quelle variazioni contrattuali che attengono tipicamente alla fase esecutiva del contratto (le varianti in corso d'opera).
In questo senso vi è una chiara indicazione proprio all'articolo 10 della bozza di Dm, che al comma 1 precisa che le disposizioni in esso contenute si riferiscono all'ipotesi contemplata all'articolo 106, comma 1, lettera e) del D.lgs. 50.
Tale ultima norma qualifica appunto le fattispecie riconducibili a detta ipotesi come «varianti in corso d'opera». Secondo la previsione legislativa, esse sono ammesse qualora siano soddisfatte le due seguenti condizioni: 1) la necessità della modifica /variante è determinata da circostanze impreviste e imprevedibili per l'ente appaltante, tra cui viene espressamente indicata la sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità o enti preposti alla tutela di interessi rilevanti; 2) la modifica/variante non deve alterare la natura generale del contratto.
Sulla base di questi presupposti la bozza di Dm disciplina nel dettaglio i compiti propri del Direttore lavori nel processo di approvazione delle varianti.
La prima attività del Direttore lavori è di tipo meramente ricognitivo. Essa si sostanzia nella descrizione dello stato di fatto così da consentire al Rup di accertare la prima condizione indicata dalla norma legislativa, e cioè la non imputabilità della variante all'ente appaltante, che nei fatti si traduce nella sua non prevedibilità al momento della redazione del progetto o della consegna dei lavori. Contestualmente il Direttore lavori deve indicare le ragioni per le quali si rende necessaria la variante.
A valle di questa attività meramente ricognitiva il Direttore lavori è poi chiamato a svolgere un'attività di tipo propositivo. Egli infatti deve elaborare le perizie di variante e inviarle al RUP per le relative determinazioni.

Varianti entro il quinto oppure oltre il quinto
A seconda dell'importo della variante, si possono configurare due distinte ipotesi, la cui disciplina riproduce l'impostazione già contenuta nell'articolo 161 del DPR 207/2010, con alcune modifiche.
La prima ipotesi si ha quando l'importo della variante si colloca nei limiti di un quinto dell'importo contrattuale. In questo caso, tenuto conto che la previsione legislativa (articolo 106, comma 12) stabilisce che l'appaltatore non ha il diritto di risolvere il contratto, la bozza di DM (articolo 10, comma 3) prevede che la perizia di variante sia accompagnata da un atto di sottomissione che l'appaltatore è tenuto a sottoscrivere in segno di accettazione o di motivato dissenso. Va segnalato che, rispetto alle previsioni contenute nel DPR 207, non viene più specificato che l'appaltatore è tenuto ad eseguire i lavori agli stessi prezzi, patti e condizioni del contratto originario, lasciando il dubbio se l'atto di sottomissione possa contenere anche variazioni rispetto alle previsioni del contratto originario.
La bozza di DM contiene poi un'ulteriore novità. Viene infatti previsto – come nel precedente regime normativo - che l'ente appaltante deve comunicare all'appaltatore tempestivamente, e comunque prima del raggiungimento del quarto dell'importo del contratto originario, la volontà di procedere alla stipula dell'atto di sottomissione. Viene tuttavia precisato – con una previsione innovativa – che tale comunicazione ha il fine di escludere che a favore dell'appaltatore sia configurabile alcun tipo di indennizzo, che invece si deve ritenere astrattamente ammissibile qualora sia mancata la suddetta comunicazione (mentre nel regime del DPR 207 l'indennizzo era comunque escluso in termini assoluti).
La seconda ipotesi è quella in cui l'importo della variante superi il quinto dell'importo contrattuale. In questo caso le previsioni della bozza di DM riproducono senza variazioni la disciplina del DPR 2017. Così, la perizia di variante è accompagnata da un atto aggiuntivo, rispetto al quale non vi è però un obbligo di sottoscrizione da parte dell'appaltatore. Quest'ultimo infatti, ricevuta la comunicazione del RUP, ha dieci giorni per comunicare a sua volta se intende accettare la prosecuzione dei lavori e a quali condizioni. In mancanza di riscontro, le condizioni indicate nell'atto aggiuntivo si ritengono comunque accettate.
Se invece l'appaltatore fornisce riscontro alla comunicazione del RUP e indica le sue condizioni, l'ente appaltante ha a sua volta quarantacinque giorni per comunicare le proprie determinazioni; in mancanza, si intendono accettate le condizioni proposte dall'appaltatore.
Quanto alle modalità di determinazione del quinto, non vi sono variazioni rispetto alla disciplina previgente. L'importo complessivo dell'appalto rispetto al quale calcolare il quinto è costituito dalla somma degli importi del contratto originario, degli atti di sottomissione e degli atti aggiuntivi già sottoscritti e degli importi riconosciuti all'appaltatore in sede di accordo bonario o di atto transattivo.

La determinazione dei prezzi di variante
La disciplina di questo aspetto è contenuta nel comma 6 dell'articolo 10 della bozza di DM, che riprende le disposizioni già contenute agli articoli 161, comma 6 e 163 del DPR 207.
La regola generale è che i prezzi dei lavori in variante siano determinati con riferimento ai prezzi del contratto originario. Tuttavia, qualora tali lavori comportino categorie di lavorazioni o l'impiego di materiali non previsti nel contratto originario, si procede alla determinazione di nuovi prezzi. Tali nuovi prezzi sono definiti attraverso le seguenti modalità, da adottare in ordine successivo: a) utilizzo del prezziario dell'ente appaltante o dei prezzari regionali; b) riferimento a lavorazioni similari previste nel contratto originario; c) effettuazione di nuove analisi, in contraddittorio tra Direttore lavori e appaltatore, con successiva approvazione del RUP.
Fin qui le regole sono analoghe a quelle previgenti. Manca tuttavia un'importante disposizione che era contenuta nell'articolo 163 del DPR 207, in base alla quale tutti i nuovi prezzi erano soggetti al ribasso formulato dall'appaltatore in sede di gara.

Le modifiche di dettaglio
Il comma 8 dell'articolo 10 della bozza di DM prevede la possibilità che il Direttore dei lavori disponga modifiche di dettaglio al contratto originario, comunicandole al RUP. Viene però indicata una condizione inderogabile per l'esercizio di questo potere: le suddette modifiche devono lasciare invariato l'importo contrattuale, che non può subire né aumenti né diminuzioni.
Questa possibilità ricorda l'ipotesi delle "varianti non varianti" previste nel previgente regime normativo e che non sono state invece riprodotte nell'articolo 106 del D.lgs. 50.
L'articolo 132, comma 3 del d.lgs. 16372006 consentiva infatti di introdurre variazioni su aspetti di dettaglio entro limiti di spesa contenuti.
Nello specifico, si trattava di quelle ipotesi in cui l'ente appaltante era legittimato a introdurre modifiche in corso d'opera al di fuori dei vincoli sostanziali e procedurali indicati per le varianti in genere. La prima ipotesi consisteva nell'introduzione di quelle modifiche legate ad aspetti di dettaglio che potevano essere disposte in via autonoma dal direttore lavori. La norma poneva peraltro due limiti quantitativi all'esercizio di questa facoltà: il primo è che l'importo del contratto non doveva aumentare; il secondo è che le modifiche dovevano essere contenute nei limiti di importo del 10% per i lavori di bonifica e messa in sicurezza e per quelli di recupero, ristrutturazione, manutenzione e restauro, e nel più ridotto limite del 5% per tutte le altre categorie di lavorazioni dell'appalto.
La seconda ipotesi riguardava le variazioni che potevano essere introdotte, nell'esclusivo interesse del committente, al fine del miglioramento dell'opera e della sua funzionalità. Questa possibilità era condizionata da tre limitazioni: le migliorie non dovevano comportare modifiche sostanziali dell'opera; dovevano essere motivate da oggettive esigenze derivanti da circostanze sopravvenute e imprevedibili al momento della stipula del contratto; non dovevano comportare incrementi dell'importo originario del contratto superiori al 5 %, che peraltro dovevano trovare copertura nella somma stanziata per l'esecuzione dell'opera, al netto del 50% dei ribassi conseguiti in sede di gara.
La facoltà che il comma 8 dell'articolo 10 della bozza di DM riconosce al Direttore lavori di introdurre modifiche di dettaglio al contratto originario si differenzia tuttavia dalle ipotesi delle "varianti non varianti" contemplate dalla precedente disciplina in quanto introduce un limite valido in termini assoluti: le modifiche di dettaglio non possono comportare in alcun caso un aumento dell'importo contrattuale, neanche nella ridotta percentuale del 5% prevista dalla normativa previgente in una delle due ipotesi dalla stessa disciplinate e sopra ricordate.

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