Appalti

Troppi ricorsi nelle gare? Attenzione alla "caccia alle streghe": spesso la colpa è delle leggi confuse

di Roberto Mangani

Il tema dei ricorsi davanti al giudice amministrativo come una delle cause principali del rallentamento o addirittura del blocco delle opere pubbliche ritorna ciclicamente nel dibattito non solo tra i tecnici del settore ma anche a livello di pubblica opinione.
L'esperienza concreta dimostra che quasi a ogni procedura di gara corrisponde un ricorso del concorrente escluso o non aggiudicatario, cui normalmente segue il ricorso incidentale di altro concorrente, con un conseguente proliferare di contenziosi davanti al giudice amministrativo.

Da questo dato di comune esperienza deriva l'affermazione che vede appunto il contenzioso presso il giudice amministrativo come un oggettivo ostacolo alla celere realizzazione delle opere.

Come tutte le affermazioni che trovano origine nell'esperienza concreta anche questa coglie indubbiamente un elemento di verità.
È infatti innegabile che il livello di contenzioso relativo alle procedure di gara per l'affidamento delle opere pubbliche abbia raggiunto livelli patologici; così come non può non destare preoccupazione il frequente riproporsi di contrasti giurisprudenziali per cui una medesima questione trova soluzioni diverse a seconda del giudice chiamato a pronunciarsi (spesso anche nell'ambito di sezioni diverse del Consiglio di Stato).

Appare tuttavia fuorviante partire da questo dato oggettivo per giungere alla troppo facile conclusione che il giudice amministrativo "blocca" le opere pubbliche. Se non altro perché tanto il livello anomalo di contenzioso che i contrasti giurisprudenziali sono spesso il risultato di un quadro normativo confuso e contraddittorio, frutto a sua volta di una tecnica legislativa non sempre soddisfacente.

Appare quindi opportuno partire da alcuni dati oggettivi relativi al quadro normativo attualmente vigente in tema di contenzioso amministrativo in materia di opere pubbliche, anche al fine di evitare che si ipotizzino soluzioni legislative difficilmente praticabili.

Cosa è stato già fatto: la dichiarazione di inefficacia del contratto.
Le regole che governano il processo amministrativo relativamente al contenzioso sulle procedure di gara hanno subito negli ultimi anni numerosi modifiche, per la gran parte ispirate all'obiettivo di accelerare la definizione del giudizio e di consentire l'avvio dei lavori in tempi ragionevoli.
Il Codice del processo amministrativo (D.lgs. 104/2010) già conteneva norme che andavano in questa direzione, delineando un "rito speciale" in materia di appalti derogatorio rispetto alle regole ordinarie della giustizia amministrativa.
Tale rito speciale si caratterizza in primo luogo per una forte riduzione dei termini processuali, sia per le parti (proposizione del ricorso, costituzione delle parti, produzione dei documenti) che per il giudice (fissazione dell'udienza di trattazione, deposito della sentenza). Inoltre, sempre in funzione acceleratoria è prevista di norma l'emanazione di una sentenza in forma semplificata.
Particolarmente significative sono poi le previsioni contenute agli articoli 121 e 122 che disciplinano le ipotesi in cui, a seguito dell'annullamento dell'aggiudicazione, il giudice può dichiarare anche l'inefficacia del relativo contratto. In particolare, l'articolo 121 circoscrive tale possibilità alle ipotesi di violazioni gravi da parte dell'ente appaltante (mancata pubblicazione del bando di gara, ricorso alla procedura negoziata fuori dei casi consentiti dalla legge, mancato rispetto del termine per la stipula – c.d. stand still), fermo restando che anche in caso di tali violazioni il contratto resta comunque efficace qualora ciò sia imposto da esigenze imperative connesse a un interesse generale.

L'articolo 122, a sua volta, stabilisce che al di fuori delle ipotesi di gravi violazioni il giudice per dichiarare l'inefficacia del contratto deve tenere conto di una serie articolata di elementi (interesse delle parti, effettiva possibilità del ricorrente di ottenere l'aggiudicazione, stato di esecuzione del contratto).

In sostanza, l'orientamento che emerge appare quello di preservare il più possibile la vigenza del contratto – e quindi l'effettiva esecuzione dei lavori - ancorchè lo stesso sia frutto di un'aggiudicazione dichiarata illegittima, riconoscendo al concorrente leso unicamente il risarcimento del danno "per equivalente", cioè un ristoro economico per la mancata aggiudicazione.

Le novità del D.lgs. 50/2016
La specialità del giudizio amministrativo sulle controversie in materia di appalti (c.d. rito speciale) è stata ulteriormente rafforzata dalle novità introdotte dall'articolo 204 del D.lgs. 50/2016 .
Una prima novità riguarda l'esercizio da parte del giudice del potere cautelare, cioè la concessione della così detta sospensiva a favore del ricorrente, in attesa del giudizio di merito. Attraverso l'introduzione di una disposizione ad hoc (comma 8 – ter dell'articolo 120 del codice del processo amministrativo) è stato previsto che il giudice, nel decidere se concedere la sospensiva, deve tenere conto delle previsioni contenute agli articoli 121 e 122 sulla dichiarazione di inefficacia del contratto, nonché delle esigenze imperative connesse a un interesse generale all'esecuzione del contratto.
Si tratta di una previsione che limita in maniera significativa il ricorso da parte del giudice alla misura cautelare, che nei fatti viene confinato alle ipotesi in cui si ritiene che la decisione di merito possa travolgere anche il contratto, e sempre che ciò non sia in contrasto con un interesse generale all'esecuzione dello stesso.

La seconda novità riguarda l'obbligo di impugnazione immediata dei provvedimenti di ammissione e di esclusione dalle procedure di gara relativi alla valutazione dei requisiti dei concorrenti, con relativa preclusione di far valere in un momento successivo la ritenuta illegittimità degli atti di gara conseguenti (nuovo comma 2 – bis dell'articolo 120 del Codice del processo amministrativo). Tale obbligo - cui peraltro si accompagna un'ulteriore riduzione dei termini processuali (nuovo comma 6 – bis) - ha il dichiarato obiettivo di consentire decisioni giurisdizionali immediate e non più contestabili sui provvedimenti di ammissione ed esclusione, preservando quindi le successive fasi della procedura di gara dal rischio di ulteriori contestazioni su questi specifici profili.

L'insieme delle novità introdotte vanno tutte nella direzione di delineare regole processuali che sembrano particolarmente attente all'esigenza di definire rapidamente il contenzioso e di assicurare che il contratto vada comunqe avanti, anche a costo di sacrificare su alcuni punti le altrettanto legittime esigenze di tutela dei concorrenti, da far valere in sede giudiziaria.

Cosa si potrebbe ancora fare ?
Nonostante gli interventi legislativi sul processo amministrativo relativo al contenzioso sui contratti pubblici siano stati negli ultimi anni - come visto - tutt'altro che marginali, si continua a parlare della necessità di ulteriori riforme, sempre con l'obiettivo di evitare che il ricorso al giudice amministrativo si trasformi in un oggettivo ostacolo alla celere realizzazione delle opere.
Vengono quindi riproposte soluzioni già parzialmente sperimentate in passato cui se ne aggiungono altre del tutto originali.

1) Il solo risarcimento danni
Tra le prime vi è quella di prevedere in via generalizzata che, a fronte della ritenuta illegittimità dell'aggiudicazione o di altro atto della procedura di gara, non si faccia luogo alla ripetizione della gara o a una nuova aggiudicazione a favore del concorrente leso (reintegrazione in forma specifica), bensì solo al riconoscimento a favore di quest'ultimo di una somma di denaro a titolo di risarcimento danni (tutela per equivalente). Ciò nella logica di preservare comunque il contratto in essere e quindi di non bloccare o rallentare l'esecuzione dei lavori.
Si tratta di una soluzione che a suo tempo il legislatore aveva già perseguito ma limitatamente alle opere della legge obiettivo, e di cui si trova ancora traccia, seppur attenuata, nell'articolo 125 del Codice del processo amministrativo. Per tali opere era stato appunto previsto che la sospensione o l'annullamento da parte del giudice dell'aggiudicazione non determinava il venir meno del contratto nel frattempo stipulato, ma solo il risarcimento per equivalente a favore del concorrente leso.
In sostanza, si tratterebbe di non travolgere il contratto non solo in mancanza dei presupposti – più sopra ricordati – nel ricorso dei quali il giudice amministrativo può attualmente dichiarare l'inefficacia dello stesso; bensì sempre e comunque, senza alcun tipo di limitazione.
E' evidente che in questo modo viene riconosciuta al concorrente leso una forma attenuata di tutela, che suscita più di una riserva sotto il profilo della sua compatibilità con l'ordinamento costituzionale e comunitario.
Sotto il primo profilo, è quanto meno dubbio che l'introduzione generalizzata della tutela per equivalente sia conforme ai precetti costituzionali sanciti dall'articolo 24, secondo cui tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi e dell'articolo 113, che consente limitazioni molto circoscritte alla tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione.
Sotto il profilo dell'ordinamento comunitario, occorre ricordare che la ratio ultima della Direttiva ricorsi 2007/66 è quella di tutelare in via immediata l'interesse degli operatori economici, a fronte di una violazione delle regole procedurali da parte dei committenti pubblici, a vedersi riconosciuta l'aggiudicazione e la conseguente stipulazione ed esecuzione del contratto.

2) Penalizzazione di chi fa "ricorsi temerari"
Queste obiezioni risultano ancora più pregnanti con riferimento a un'altra possibilità recentemente ipotizzata, consistente nella penalizzazione – che potrebbe spingersi fino all'esclusione dalle gare per un determinato periodo di tempo - di quegli operatori che siano risultati soccombenti in un certo numero di contenziosi da essi proposti. Soluzione che, nella sua assolutezza, appare in palese contrasto con i principi costituzionali e comunitari volti ad assicurare una tutela giurisdizionale piena ed effettiva ai concorrenti alle gare.

La questione del "rating reputazionale". Occorre peraltro considerare che una qualche valutazione in merito agli esiti dei contenziosi in cui sia stata coinvolta l'impresa è già presente nell'ordinamento. Ci si riferisce al c.d. rating d'impresa, fondato sui requisiti reputazionali in capo all'impresa, per la definizione dei quali il legislatore individua espressamente gli esiti dei contenziosi che hanno interessato la stessa sia in fase di gara che in fase esecutiva.
Dopo le modifiche introdotte dal D.lgs. 56/2017 (Decreto correttivo) il rating di impresa (articolo 83 comma 10) non rappresenta più un elemento obbligatorio da tenere in considerazione fini della qualificazione ma costituisce unicamente un dato – che l'impresa può acquisire in via volontaria – da far valere eventualmente come fattore premiale in sede di individuazione in sede di gara della migliore offerta.
Si tratta evidentemente di una soluzione molto meno incisiva di quella che arriva a prevedere l'esclusione dalle gare dell'impresa soccombente in più contenziosi, ma sicuramente maggiormente in linea con i canoni dell'ordinamento costituzionale e comunitario.

UNA RIFLESSIONE CONCLUSIVA
Tutto quanto detto induce a una riflessione conclusiva. Il controllo di legittimità del giudice amministrativo sugli atti della procedura di gara è ineludibile. Il suo esercizio può essere disciplinato da regole dirette a contingentare i tempi del giudizio o, entro certi limiti, a circoscriverne gli effetti.
Molte di queste regole sono tuttavia già presenti nel nostro ordinamento, tanto da delineare il così detto "rito speciale degli appalti". Resta allora da chiedersi se, in luogo di ipotizzare altre innovazioni più o meno ardite che avrebbero l'effetto di derogare ulteriormente agli ordinari canoni del processo amministrativo – con forti dubbi in merito alla loro legittimità costituzionale e comunitaria – non sarebbe più efficace concentrarsi sU una migliore redazione dei testi legislativi. Nella consapevolezza – come accennato in apertura - che molte delle questioni che vengono portate all'attenzione del giudice amministrativo derivano da un quadro normativo confuso, contraddittorio e frutto di una tecnica legislativa che spesso lascia a desiderare.

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