Appalti

Esclusione dalle gare/2. Così il nuovo Codice ha ampliato la nozione fino all'«illecito professionale»

di Roberto Mangani

La pronuncia del Consiglio di Stato n. 4192 del 5 settembre 2017 va valutata alla luce della nuova causa di esclusione fondata sul grave illecito professionale delineata dall'articolo 80, comma 5, lettera c) del D.lgs. 50/2016, tenuto anche conto delle Linee guida n. 6 del 16 novembre 2016 adottate dall'ANAC, che hanno fornito importanti indicazioni selle modalità di applicazione della norma.

Dall'errore professionale all'illecito professionale. La nuova norma sostituisce quella contenuta all'articolo 38, comma 1, lettera f) del D.lgs. 163/2006, che prevedeva come causa di esclusione da un lato la grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla medesima stazione appaltante che bandiva la gara; dall'altro, l'aver commesso un grave errore nell'esercizio della propria attività professionale.
L'articolo 80, comma 5, lettera c) del D.lgs. 50 prende invece in considerazione in maniera omnicomprensiva l'illecito professionale, elencando poi una serie di ipotesi idonee a configurarlo: significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata o accertata in giudizio, o che hanno dato luogo a una condanna al risarcimento del danno; tentativo di influenzare le decisioni della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate; fornire informazioni false o fuorvianti che influenzino le decisioni dell'ente appaltante sull'esclusione, la selezione e l'aggiudicazione nello svolgimento della gara.

Il raffronto tra le due norme evidenzia con immediatezza come l'evoluzione della disciplina normativa si sia mossa dalla nozione di errore professionale a quella, significativamente più ampia, di illecito professionale.

Questo ampliamento si riscontra in primo luogo sotto il profilo dei rapporti con la stazione appaltante che bandisce la gara. La norma contenuta nel D.lgs. 163, infatti, si riferiva a due fattispecie ben definite: la grave negligenza o malafede nell'esecuzione di un precedente contratto e il grave errore professionale. Solo il secondo riguardava genericamente l'esecuzione di qualunque contratto, mentre la grave negligenza o malafede doveva riguardare necessariamente l'esecuzione di un contratto intercorso con la medesima stazione appaltante che bandiva la gara.
Questa differenza non si rinviene nella norma del D.lgs. 50. L'illecito professionale riferito alle carenze nell'esecuzione di una precedente prestazione viene in rilievo in relazione a qualunque contratto, anche se concluso con un ente appaltante diverso da quello che bandisce la gara. Il dato che rileva è che le carenze riscontrate in fase esecutiva facciano venire meno l'affidabilità dell'impresa, a prescindere dallo specifico rapporto contrattuale in cui si sono manifestate.

L'ampliamento dell'ambito di applicazione della nuova disciplina si evidenzia poi sotto un altro profilo, particolarmente rilevante. Infatti, la causa di esclusione prevista dal D.lgs. 163 riguardava comportamenti dell'impresa attinenti esclusivamente alla fase esecutiva.
La norma del D.lgs. 50 offre invece una nozione di illecito professionale che, nell'elencazione che viene fornita dalla stessa, abbraccia anche comportamenti che attengono alla fase di svolgimento della gara (tentativo di influenza indebita del processo decisionale, ottenimento di informazioni riservate, comunicazione di informazioni false o fuorvianti idonee a influenzare le decisioni dell'ente appaltante in sede di gara).

I mezzi di prova. Sotto questo profilo la disciplina del D.lgs. 50 si presenta per alcuni aspetti più rigorosa di quella previgente.
La causa di esclusione prevista dalla lettera f) del comma 1 dell'articolo 38 del D.lgs. 163 è stata infatti costantemente interpretata dall'Autorità di vigilanza e dalla giurisprudenza nel senso che la negligenza o malafede o il grave errore professionale non presupponevano che vi fosse stata una risoluzione del rapporto contrattuale o il definitivo accertamento giudiziale dell'inadempimento contrattuale. In sostanza il legislatore lasciava all'ente appaltante un significativo margine di discrezionalità nel valutare se, a prescindere dall'intervenuta risoluzione del contratto o di un provvedimento giudiziale, il comportamento tenuto dall'impresa fosse tale da far venir meno il requisito dell'affidabilità della stessa.

Diverso e più restrittivo è l'approccio contenuto nella lettera c) del comma 5 dell'articolo 80 del D.lgs. 50. Viene infatti previsto che l'illecito professionale riconducibile alle carenze nell'esecuzione di un precedente contratto deve aver trovato consacrazione in una risoluzione anticipata dello stesso contratto non contestata in giudizio o confermata in giudizio, ovvero in una condanna al risarcimento del danno. In sostanza, la norma restringe l'ambito della valutazione discrezionale della stazione appaltante che nel precedente regime normativo era riconosciuta in termini più ampi. Natura non definitiva della sentenza penale. Per ciò che concerne le eventuali sentenze del giudice penale, queste vengono in rilievo nei casi in cui i comportamenti idonei a configurare l'illecito professionale costituiscano anche dei reati.

In queste ipotesi le Linee guida dell'ANAC precisano che l'ente appaltante, ai fini di decidere sull'eventuale esclusione del concorrente, deve valutare anche le sentenze di condanna non definitive (punto 2.1.1.4), in linea con quanto affermato nella richiamata pronuncia del Consiglio di Stato.

Il periodo temporale. Anche in merito al periodo temporale rispetto al quale il comportamento che costituisce grave illecito professionale può assumere rilevanza ai fini dell'esclusione dalle gare si riscontra una sostanziale convergenza tra le indicazioni contenute nelle Linee guida e le affermazioni operate dal Consiglio di Stato.
L'ANAC precisa infatti (punto 5.1) che il periodo di tre anni entro il quale può operare l'esclusione decorre dall'annotazione della notizia nel Casellario informatico gestito dall'Autorità ovvero, per i provvedimenti penali di condanna non definitivi, dalla data del provvedimento (e non dalla materiale commissione del fatto).
Rispetto a questo principio generale le Linee guida introducono una puntualizzazione. Viene infatti precisato (punto 5.2) che la stazione appaltante deve valutare l'incidenza del tempo trascorso con riferimento alla gravità del comportamento, alla tipologia del contratto da affidare e alle modalità di esecuzione dello stesso.

Contraddittorio e proporzionalità. Le Linee guida contegno anche alcune indicazioni sui criteri da seguire nella valutazione dei gravi illeciti professionali.
Un primo criterio è di natura procedurale, essendo previsto che l'esclusione dalla gara per illecito professionale possa essere eventualmente disposta solo all'esito di un procedimento in contraddittorio con il concorrente, per dar modo a quest'ultimo di far valere le proprie ragioni. Si tratta di un'indicazione innovativa, non risultando che la prassi consolidata sotto il previgente regime normativo prevedesse l'instaurazione di un contraddittorio.
Sotto questo profilo è interessante ricordare la precisazione operata nella pronuncia del Consiglio di Stato, secondo cui l'obbligo del contraddittorio sussiste solo a condizione che il concorrente, in aderenza ai principi di trasparenza e leale collaborazione, abbia fornito una dichiarazione completa e veritiera in merito ai fatti rilevanti sotto il profilo dell'eventuale illecito professionale.
Viene poi indicato un criterio di natura sostanziale, rappresentato dall'osservanza del principio di proporzionalità, che impone di operare un apprezzamento complessivo del comportamento incriminato in modo tale che il provvedimento da assumere non gravi in maniera eccessiva sull'impresa. In questo ambito la valutazione da effettuare deve tener conto della tipologia di violazione contestata, delle conseguenze sanzionatorie intervenute, del tempo trascorso e delle eventuali recidive (punti 6.2 e 6.4).

Le misure di self cleaning. Infine, va valutata l'adozione da parte dell'impresa di eventuali misure di self – cleaning (punto 7), cioè di tutte quelle azioni o provvedimenti idonei a dimostrare che, nonostante sia stato effettivamente posto in essere un comportamento di per sé configurabile come illecito professionale sanzionabile con l'esclusione, sia stata in qualche modo ripristinata l'integrità e affidabilità dell'impresa.
Il quadro che emerge da queste indicazioni va nel senso di evitare qualunque automatismo nella decisione finale dell'ente appaltante, nell'ottica di assicurare che l'eventuale provvedimento di esclusione non sia legato all'applicazione meccanica di parametri astratti ma sia il risultato di valutazioni puntuali dei concreti comportamenti tenuti dall'impresa.

Le Linee guida Anac sugli illeciti professionali

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