Appalti

Alta velocità Torino-Lione/2. Virano: completeremo l'opera insieme ai francesi

di F. Ant.

Mario Virano, direttore generaleTelt, come valuta questo riposizionamento dei francesi sugli investimenti per la Torino-Lione?

È naturale che un nuovo governo insediato, e con un ricambio politico così forte dopo l’elezione del presidente Macron, ritenga di avviare un audit per capire come indirizzare investimenti importanti.

Architetto, il ministro francese dei Trasporti Elisabeth Borne ha parlato chiaramente di “pausa”.

Certo, perché vogliono mettere in sicurezza i conti. L’Afift (l’Agence de financement des infrasctures de France, ndr) viene finanziata ogni anno per ogni singola opera. A differenza dell’Italia che ha già stanziato fin dall’epoca del governo Monti 2,5 miliardi scaglionati su più annualità.

Sarà frenata o rilancio?

L’Afift ha già finanziato i lavori a tutto il 2017. Sulla tratta internazionale non viene richiesto alcun blocco e non vengono messi in discussione gli accordi con la Ue. Il fatto che ipotizzino, come noi italiani già abbiamo fatto, delle soluzioni low cost per il percorso in territorio francese è semmai il segno che si vuole arrivare a concludere l’opera. Il 27 settembre ci sarà a Lione il vertice bilaterale Macron-Gentiloni: forse sapremo con esattezza.

Eppure in Francia procedono veloci sui lavori e le comunità locali sono coese. Perché?

Sul Dauphiné Libéré c’è stato in questi giorni un sondaggio in cui il 71% della popolazione si è detto contrario alla “pausa”. Desiderano che la nuova linea sia pronta. Lo sentono come un progetto del territorio, che è stato condiviso e che avrà positive ricadute economiche. Sono gli effetti della procedura “Démarche grand chantier”.

Che è poi ciò che è mancato in Italia. Concorda?

Certo. Sappiamo che molti problemi con le popolazioni locali valsusine e con il movimen to no Tav sono nati per uno scarso coinvolgimento e una scarsa informazione nella fase iniziale, prima del 2005. Poi, con l’Osservatorio, si è recuperato.

I no Tav contestano l’utilità dell’opera e i suoi costi.

La scelta è stata compiuta perché è un’opera utile e che dà futuro alle relazioni Italia-Francia che valgono 70 miliardi all’anno con 10 miliardi di saldo attivo per l’Italia. Le contestazioni nel nostro Paese, paradossalmente, hanno avuto l’effetto di rendere più risolute le decisioni dei governi. In Francia il tema è molto sentito localmente, mentre è meno percepito a livello nazionale.

I francesi della Maurienne non capiscono il perché della seconda canna del tunnel autostradale del Fréjus... Si lavora effettivamente per il trasporto su ferrovia o no?

Lei sa che nel 1999, quando ci fu il terribile incendio del Bianco con 39 morti, io ero amministratore delegato dell’autostrada e del Traforo del Fréjus?

Per questo glielo domando...

Ci trovammo da un giorno all’altro con il traffico raddoppiato e contingentarlo avrebbe messo in crisi la società che aveva rischiato il default. Cercammo allora di puntare sugli standard di sicurezza. Brevettammo la tecnologia del “Fire detector” con le camere agli infrarossi per bloccare l’ingresso in galleria dei camion surriscaldati. Lo vendemmo dappertutto, ma per garantire la sicurezza la seconda canna è indispensabile. Il traffico si controlla e si limita con accordi, non con la pericolosità.

Parliamo della sindaca Chiara Appendino. Che il primo cittadino di Torino sia contro la Tav è un bene?

La sindaca Appendino dice di sapere bene di non avere giurisdizione sull’opera. Ma un ruolo passivo del capoluogo potrebbe marginalizzare il territorio, accreditando a livello internazionale la linea come la “Milano-Lione” e relegando Torino a un ruolo comprimario. La città ha già perso troppe occasioni. Io mi auguro che, con intelligenza, la sindaca non si sottragga all’impegno per lo sviluppo.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©