Appalti

Split payment, costruttori sul piede di guerra: neutralizzare l'impatto dell'Iva

di Mauro Salerno

Per una volta gli allarmi sono stati rispettati. Sono bastati pochi giorni di applicazione dello split payment esteso anche alle società partecipate per rendere concreti i rischi di mettere in ginocchio le imprese di costruzione sopravvissute al più lungo ciclo negativo dal dopoguerra a oggi.

Nel mirino c'è la scelta del governo di estendere d il perimetro di applicazione del meccanismo di «scissione» del versamento Iva, conosciuto sotto il nome di «splt payment». Fuori dal gergo fiscale significa che dal primo luglio (e fino tutto il 2020) a saldo delle fatture un numero crescente di stazioni appaltanti non riconosceranno più l'Iva a costruttori, progettisti e fornitori, ma dovranno versarla direttamente allo Stato. L'elenco di soggetti che obbligati a versare l'Iva direttamente allo Stato e non più alle imprese, in nome della lotta all'evasione fiscale. Prima a essere interessati dalla misura erano soltanto le amministrazioni pubbliche. Cioè, in pratica solo Comuni, province e Regioni, tra gli enti più interessati dal sistema degli appalti. Dal primo luglio questo steccato salta. E nel recinto dello split payment finiscono anche tutte le società partecipate. Dunque, anche Consip, Ferrovie, Anas, ex municipalizzate.

Conseguenza? I costruttori non si vedranno più versare l'Iva dai loro committenti pubblici. Ma dovranno continuare a pagarla i propri fornitori, con l'esclusione dei subappaltatori, interessati dal meccanismo del «reverse charge», che dunque in questo caso rende l'Iva neutrale. Come dovrebbe peraltro risultare sempre questa imposta. Per i pagamenti ricevuto dal primo luglio l'Iva, invece, diventa una sorta di costo in più da sopportare. E che va a erodere la liquidità di imprese che si muovo in un settore che non naviga certo nell'oro.

«Le imprese sono sul piede di guerra - il presidente dell'Ance Giuliano Campana. Non bastano i problemi relativi al credit crunch e ai ritardati pagamenti che hanno fortemente condizionato la liquidità delle imprese in questi ultimi anni. Ora viene introdotta un nuovo regime estensivo dello split payment che di fatto finisce per accanirsi sulle imprese di costruzione che operano nel settore dei lavori pubblici».

Per i costruttori «basterebbe poco per conciliare le esigenze di cassa dello stato con quelle di non penalizzare i rapporti commerciali tra gli operatori dell'edilizia».

La soluzione proposta dall'Ance è quella di estendere il reverse charge anche ai fornitori delle imprese che , a monte, si vedono applicato lo split payment dalle committenti. «In questo modo renderemmo l'Iva una partita contabilmente neutra garantendo nello stesso tempo sia maggiori entrate per lo stato che una minore evasione fiscale, senza penalizzare le imprese».

La proposta, finora rimasta inascoltata, verrà avanzata di nuovo al Governo in vista dell'approvazione della nuova legge di Bilancio. Da qui potrebbe arrivare una via d'uscita capace di evitare ulteriori contraccolpi al comparto industriale che in questi anni ha più pagato lo scotto della crisi. Ma c'è anche un'altra idea, che Campana suggerisce già ora: «L l'estensione della fatturazione elettronica anche tra privati, dietro autorizzazione Ue che il Governo ha, peraltro, già richiesto, consentirebbe di abolire infatti praticamente del tutto lo split payment».

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