Appalti

I paletti del Consiglio di Stato sugli appalti delle centrali di committenza: «Norme poco chiare»

di Roberto Mangani

Una centrale di committenza regionale, nell'indire una gara per l'affidamento di un appalto, non ha alcun obbligo di coordinarsi con la Consip al fine di verificare se quest'ultima stia svolgendo la sua attività di centrale acquisti anche in relazione al suddetto appalto. Di conseguenza la centrale di committenza regionale può procedere autonomamente, anche se la Consip ha già avviato e abbia ancora in corso altra procedura di gara per l'affidamento del medesimo contratto.

Il principio è stato affermato da una recente sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, 28 giugno 2017, n. 3162, che cerca di mettere ordine nella complessa materia della centralizzazione degli acquisti, oggetto da più di un decennio di ripetuti interventi normativi – spesso mal coordinati tra loro – che hanno creato, secondo lo stesso Consiglio di Stato, una «scarsa chiarezza della normativa di riferimento».

Il caso
La Stazione Unica Appaltante (Sua) della Regione Basilicata aveva indetto una procedura aperta per l'affidamento del servizio di pulizia e di altri servizi aggregati per soddisfare i fabbisogni delle aziende sanitarie regionali. La gara era suddivisa in cinque lotti e il lotto n.5 riguardava i servizi propri dell'Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza.
Un operatore economico del settore ha proposto ricorso davanti al giudice amministrativo contestando la legittimità della gara con specifico riferimento all'inserimento nella stessa del lotto n.5. Ciò sia tenuto conto che esso era titolare del precedente contratto presso la suddetta Azienda Ospedaliera che prevedeva una facoltà di proroga del relativo servizio; ma soprattutto in relazione al fatto che il medesimo operatore aveva in precedenza partecipato ad una procedura di gara indetta dalla Consip – e ancora in corso – per l'affidamento dei servizi di pulizia delle strutture del Servizio Sanitario nazionale, tra cui erano ricomprese anche quelle localizzate nella Regione Basilicata e, in particolare, l'Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza.

La censura avanzata dall'operatore si incentrava sul difetto di motivazione e di istruttoria da cui sarebbe inficiata la determinazione con cui la Sua ha deciso di avviare la gara senza verificare l'esistenza di altra gara già in corso da parte della Consip avente ad oggetto, tra l'altro, il medesimo contratto, né ponendosi il tema di attendere gli esiti di tale gara. Ciò avrebbe arrecato un immediato pregiudizio all'operatore economico ricorrente, ledendo il suo affidamento al buon esito della gara Consip, cui lo stesso aveva partecipato.
Il Tar Basilicata ha accolto il ricorso, ritenendo illegittimo il comportamento della Sua regionale. A sostegno di questa decisione il giudice amministrativo di primo grado ha evidenziato che la legge n. 296/2006 (Legge finanziaria 2007, articolo 1, comma 449), nel prevedere la possibilità per le regioni di costituire centrali di committenza in favore degli enti del Servizio sanitario regionale e di altre amministrazioni pubbliche aventi sede nel territorio della regione, ha stabilito che le centrali di committenza regionali e la Consip costituiscono «un sistema a rete, perseguendo l'armonizzazione dei piani di razionalizzazione della spesa».

Da questa previsione legislativa il Tar Basilicata ha fatto conseguire, come effetto ineludibile, la necessità di coordinamento tra l'attività delle centrali di committenza e quella della Consip. Questo onere di coordinamento comporta l'esigenza di evitare inutili sovrapposizioni tra tali attività, anche al fine di non pregiudicare il legittimo affidamento degli operatori dei settori merceologici interessati che, in buona fede, abbiano partecipato a procedure di gara già avviate da una delle centrali acquisti (Consip o Sua regionale).
Secondo il giudice ammnistrativo di primo grado nel caso di specie questo obbligo di coordinamento delle relative attività non sarebbe stato correttamente assolto. Infatti, la puntuale attuazione di tale obbligo avrebbe comportato in capo alla centrale di committenza regionale un obbligo di motivazione circostanziato, diretto a illustrare le ragioni per le quali si riteneva comunque opportuna l'indizione di una procedura di gara per l'affidamento di un determinato appalto laddove un'altra gara avente il medesimo oggetto era in precedenza stata indetta dalla Consip e si trovava peraltro in uno stadio di avanzato svolgimento.
Proprio la mancanza di questa adeguata motivazione ha reso quindi illegittima la procedura di gara indetta dalla Centrale di committenza regionale, limitatamente al lotto ricomprendente l'appalto già oggetto della gara precedentemente avviata dalla Consip.

La posizione del Consiglio di Stato.
Il Consiglio di Stato non ha condiviso le motivazioni del giudice di primo grado, la cui pronuncia è stata quindi riformata.
Secondo il giudice di appello la disciplina che regola l'operatività delle centrali regionali di acquisto non impone a queste ultime alcun obbligo di motivazione specifico che dia conto del perché le stesse abbiano ritenuto opportuno procedere allo svolgimento in via autonoma di una procedura di gara avente ad oggetto, tra l'altro, anche un appalto per l'affidamento del quale la Consip aveva già avviato altra procedura.
Nella pronuncia del Consiglio di Stato si ricorda in primo luogo che la legge regionale della Basilicata che ha istituito la Stazione Unica Appaltante per tutti gli affidamenti ha altresì previsto, in particolare, che la stessa svolga il ruolo di centrale di committenza degli enti e delle aziende del servizio sanitario regionale per l'affidamento dei lavori, forniture e servizi di importo superiore a quello previsto per le acquisizioni in economia. In attuazione di questa previsione la centrale di committenza regionale svolge in piena autonomia il ruolo di Sua regionale e soggetto aggregatore.
Questa sfera di autonomia non subisce alcun vincolo in relazione alla normativa nazionale che disciplina la centralizzazione degli acquisti in capo alla Consip e, in particolare, alla previsione contenuta nella legge 296/2006, invocata dal giudice di primo grado.
Tale ultima previsione, infatti, se da un lato effettivamente afferma che la Consip e le centrali di committenza regionali costituiscono un "sistema a rete" finalizzato nel suo complesso alla razionalizzazione della spesa pubblica, dall'altro non fa discendere da tale affermazione alcun obbligo di coordinamento inteso nei termini stringenti indicati nella pronuncia di primo grado. In sostanza, dalla circostanza che centrali di committenza regionali e Consip siano individuate, nell'ambito del generale processo di centralizzazione degli acquisti, quali componenti costitutive di un unico "sistema a rete" non può farsi conseguire l'effetto – fortemente limitativo dell'autonomia operativa delle diverse centrali acquisti che operano nel sistema – secondo cui una centrale di committenza regionale non può avviare una gara avente ad oggetto un appalto per il quale la Consip ha già indetto in precedenza analoga procedura.
Ed anzi il quadro normativo complessivo – sia pure attraverso un sistema di rinvii non sempre facilmente intellegibile - appare orientato a salvaguardare proprio le competenze operative delle centrali di committenza regionali. In tal senso depone il DL 66/2014 (articolo 9, comma 3) che, nel prevedere che gli enti del servizio sanitario nazionale debbano ricorrere a Consip, fa salve proprio le disposizioni della legge 296/2006, secondo cui i suddetti enti devono «approvvigionarsi utilizzando le convenzioni stipulate dalla centrali regionali di riferimento ovvero, qualora non siano operative convenzioni regionali, le convezioni quadro stipulate dalla Consip».
Non può neanche ritenersi che tale ultima previsione sia stata superata dal più recente intervento legislativo di cui al DL 95/2012 (articolo 15, comma 13, lettera d), che per l'acquisto di beni e servizi da parte degli enti del servizio sanitario nazionale dispone il ricorso alla Consip. Tale disposizione va infatti letta in coordinamento con le richiamate previsioni della legge 296/2006 e del DL 66/2014, entrambe volte a salvaguardare, accanto al ruolo della Consip, quello delle centrali di committenza regionali.
In definitiva, secondo il Consiglio di Stato il quadro normativo complessivo, sia pure nella scarsa chiarezza dovuta a una continua produzione legislativa in tema di centralizzazione degli acquisti, fa salva la piena e autonoma operatività delle centrali di committenza regionali, che non può subire alcun vincolo limitativo in relazione alla speculare attività posta in essere dalla Consip, quale centrale acquisti operante a livello nazionale.

Le centrali di committenza nel D.lgs. 50/2016.
Il tema sollevato nella pronuncia in commento trova un riscontro anche nel D.lgs. 50/2016. Il nuovo Codice dei contratti pubblici prende in considerazione le centrali di committenza in particolare agli articoli 37, 38 e articolo 41.

Nello specifico l'articolo 37, al comma 1, fa salvi gli obblighi di utilizzo di strumenti di acquisto e negoziazione, anche telematici, previsti dalle vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa.
Il successivo articolo 38 prevede poi l'istituzione presso l'Anac di un elenco delle stazioni appaltanti qualificate, di cui fanno parte anche le centrali di committenza, e in cui è iscritta di diritto la Consip.
Infine, l'articolo 41, comma 1, prevede che con apposito Dpcm siano individuate le misure di revisione ed efficientamento delle procedure di affidamento utilizzabili dalla CONSIP e dalle altre centrali di committenza e soggetti aggregatori.
Nell'ambito di tali misure il successivo comma 2 individua, tra le altre, quelle indirizzate al monitoraggio dell'effettivo avanzamento delle fasi delle procedure, anche in relazione a forme di coordinamento della programmazione tra soggetti aggregatori.
È proprio quest'ultima previsione quella che potrebbe assumere rilievo in relazione alla tematica oggetto della pronuncia in commento. Occorrerà infatti attendere l'emanazione del richiamato Dpcm per verificare se e in che termini in esso saranno contenute previsioni volte ad assicurare forme di coordinamento tra i vari soggetti operanti, a livello nazionale e regionale, ai fini della centralizzazione degli acquisti.
In quella sede potrebbe forse essere opportuno che trovino spazio tali misure di coordinamento che, al di là delle conclusioni cui è pervenuto il Consiglio di Stato sulla base di un puntuale esame della normativa vigente, sembra possano avere una loro logica, come emerge dalla vicenda che ha dato origine al contenzioso portato all'attenzione del giudice amministrativo.

La sentenza del Consiglio di Stato

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