Appalti

Appalto integrato, deroga-flop: falso allarme sui definitivi bloccati dal codice

di Giuseppe Latour e Mauro Salerno

Tanto rumore per nulla. Rischia di rimanere di fatto inutilizzata la "finestra" che autorizza a mandare in gara i progetti definitivi congelati dall'entrata in vigore repentina del divieto di appalto integrato con il nuovo codice. A chiedere a gran voce la riapertura dei termini per lo sblocco dei progetti messi in fuorigioco l'anno scorso (il codice è entrato in vigore il 19 aprile 2016 senza alcun periodo transitorio) erano stati soprattutto i comuni e le imprese. Sfruttando l'occasione del correttivo, il Governo si è convinto a riaprire i termini, in modo da permettere di disincagliare i progetti bloccati. Con l'obiettivo, non secondario, di mettere un po' di benzina fresca nel motore degli investimenti pubblici che fatica (molto) a ripartire. A sorpresa, però, non sembra che ci siano tanti progetti in canna. Anzi. Un giro di telefonate tra le principali stazioni appaltanti basta a convincersi che non c'è da aspettarsi alcuna iniezione massiccia di bandi di gara dovuta al ripescaggio dei vecchi progetti. Se qualcuno userà la deroga, sarà l'eccezione e non la regola.

Il Dlgs 56/2017, entrato in vigore il 20 maggio scorso, consente di aggirare per un anno (dunque fino al 20 maggio 2018) il paletto che vieta di bandire le gare di lavori su progetto definitivo. A una precisa condizione: per poter sfruttare la scorciatoia i progetti devono risultare «definitiviamente approvati dall'organo competente alla data di entrata in vigore» del codice appalti, cioè il 19 aprile 2016. Un "paletto" inserito all'ultim'ora sulla base di una precisa richiesta arrivata dalle commissioni parlamentari (vedi anche l'intervista in basso a sinistra) per evitare che la deroga si trasformasse in una "sanatoria" di progetti tutt'altro che pronti a partire e rimasti spiazzati dalla riforma del 2016. Magari è ancora presto per dirlo e in pochi lo ammettono ufficialmente, ma forse è proprio questo il motivo del repentino diradarsi dei progetti nel passaggio dagli annunci alla prova dei fatti.

A indicare la direzione per prima è stata Anas. Dalla società delle strade, infatti, spiegano di avere «provveduto ad avviare per le progettazioni definitive in essere le necessarie attività e affidamenti per provvedere al raggiungimento dell'approfondimento previsto per la progettazione esecutiva». Quindi, adesso non c'è necessità di usare la deroga del correttivo.

Qualche indizio sui motivi di questa situazione arriva da Palermo, dove il direttore del settore riqualificazione urbana e infrastrutture definisce la deroga «inutile». Allo scopo viene citato un solo caso specifico: il progetto per l'ampliamento del forno crematorio nel cimitero comunale di S.Maria dei Rotoli. «L'apertura ai progetti definitivi e non ai preliminari, del correttivo, non ci consente di recuperare quel progetto e quindi è ininfluente per la nostra attività».

Qualche altro motivo si intuisce nelle parole che arrivano dal Comune di Bari: «Dalla consultazione degli atti non abbiamo progetti definitivi approvati al 19 aprile 2016, pronti per l'appalto integrato, che non siano stati banditi in tempo utile». I progetti che avevano un definitivo in sospeso sono stati, nel frattempo, portati a livello di esecutivo. Il paletto dell'approvazione formale, evidentemente, ha tagliato le gambe a molti.

Magari, senza quel limite, sarebbe stato possibile un ripescaggio del Ponte dei Congressi di Roma. L'opera da 145 milioni che dovrà collegare l'Eur al quartiere della Magliana sarebbe stato un caso da manuale di applicazione della deroga. Lo scorso 19 aprile, infatti, il bando per l'appalto integrato era rimasto incagliato per una questione di ore. Il problema, però, è che nel frattempo il Consiglio superiore dei Lavori pubblici, con un parere del 20 gennaio scorso, ha chiesto modifiche al progetto. Quindi, ora bisogna ripartire da zero e, per il resto, la capitale non ha progetti da ripescare.

Non sembrano intenzionate ad utilizzare la deroga nemmeno a Milano, Genova, Napoli e Torino. La risposta è simile a quella data da diversi altri grandi comuni. Visto che la riforma ha imposto l'obbligo di gara su progetto esecutivo, è il ragionamento, gli uffici si sono già messi su questa linea. E non ci sono progetti rimasti a uno stadio meno dettagliato. Al limite potrebbe funzionare di più la deroga concessa per le manutenzioni, che sono un pane più quotidiano per gli enti locali. Su questa linea si trova il direttore del settore Lavori pubblici di Venezia Simone Agordi. Insomma, non ci sono progetti pronti. «L'anno scorso avevamo qualche preliminare da sviluppare - dice - nel frattempo l'abbiamo portato all'esecutivo. Ora abbiamo imboccato questa nuova strada». Risposta invece un po' sibillina a Firenze. Al Comune fanno sapere di avere in verifica «quattro o cinque progetti». Niente di più: «Perché per andare in appalto c'è ancora un anno».

Tra i pochi casi di deroga ci potrebbero essere, invece, due progetti per la messa in sicurezza del territorio in Veneto: l'invaso sul torrente Astico e quello sul torrente Orolo, entrambi in provincia di Vicenza (valore totale: circa 42 milioni). La Regione si è già attrezzata per passare dall'appalto di progettazione, «a meno che nel frattempo non intervengano modifiche normative». Era, insomma, in attesa di una deroga.

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