Appalti

Mercati esteri, l'Oman investe 106 miliardi di dollari per potenziare le infrastrutture

di Roberta Miraglia

Le montagne scure e brulle incorniciano distese di bianche case basse. In Oman i palazzi non superano i cinque-sei piani perché il sultanato,impegnato ad attirare turisti e investitori per diversificare un’economia troppo dipendente dal petrolio (il 40% del Pil), ha ancorato il suo sviluppo a un principio: la modernità non deve avere il sopravvento sulla tradizione. La capitale Muscat non diventerà un’altra metropoli in stile occidentale nel deserto arabico.

Ma la difesa dei costumi locali non impedisce a questa perla nascosta, situata lungo una delle più importanti vie commerciali e geostrategiche, sullo Stretto di Hormuz, di ambire a diventare meta di un numero crescente di investitori. Puntando sul fascino della sua popolazione, ospitale e cosmopolita - 4,1 milioni abitanti, di cui 1,8 stranieri - e sulla vocazione alla pace. Gli omaniti sono in maggioranza musulmani ibaditi, né sunniti né sciiti, e forse anche per questo il Paese è riuscito a sottrarsi alle tensioni che investono la regione. L’Oman è un’isola di stabilità in un mare turbolento e si è ritagliato un ruolo diplomatico centrale: politiche moderate e realistiche ne hanno fatto un interlocutore necessario in dossier delicati, dal nucleare iraniano alla guerra nel confinante Yemen.

Costruire ponti, lontano dai riflettori, è la specialità del governo del sultano Qaboos bin Said al-Said, al potere dal 1970. «Parliamo con tutti e non interferiamo nelle faccende altrui» dice Mohamed Al Hassan, sottosegretario agli Esteri, nell’incontro con alcuni media europei organizzato da Apema, associazione della stampa europea per il mondo arabo, in collaborazione con il ministero omanita dell’Informazione. «È un fatto - continua il diplomatico - che viviamo un periodo agitato. Come in passato. Ma siamo riusciti a nuotarci dentro. I commerci e le relazioni economiche sono serviti e servono per tenere aperti i canali».

Lo sviluppo, la pace e il ruolo di player internazionale dipendono dal monarca, 74 anni, da tempo malato. Non avendo eredi, Qaboos ha escogitato un sistema atipico per la successione: alla sua morte la famiglia avrà tre giorni per mettersi d’accordo sul nome e in caso di fallimento verrà aperta una lettera con il nome designato dal sultano. Un percorso che potrebbe essere fonte di instabilità. Gli omaniti però non sembrano spaventati. C’è un intero sistema, dicono, che non dipende da un solo uomo. L’obiettivo è lo sviluppo crescente dei settori diversi da petrolio e gas che affranchi l’economia dall’incertezza legata alle quotazioni.

«Negli ultimi due anni abbiamo sofferto molto» sostiene Khalid Hilal Nasser Al-Mawali, presidente del Consiglio della Shura, il “parlamento” del sultanato al quale nel 2011, dopo una fugace primavera araba, Qaboos ha conferito alcuni poteri legislativi. Le entrate del petrolio sono crollate, costringendo il governo a tagliare molti dei sussidi alla popolazione. La politica di austerity prevede anche aumenti di imposta. Entro due anni verrà introdotta l’Iva mentre la tassa sulle società dovrebbe passare dal 12 al 15% sebbene esenzioni fiscali siano concesse agli investiori stranieri nelle free zone.

Alla crisi, però, si accompagnano opportunità, sottolinea Faisal Turki Al Said, direttore generale di Ithraa, l’autorità per la promozione degli investimenti. «Gli investitori hanno interesse - dice - però spesso non conoscono bene il Paese. Il driver principale per noi sarà il turismo. Vogliamo svilupparne uno di nicchia, e costruire a partire da esso». Entro il 2025 il contributo del turismo al Pil dovrebbe salire dal 2,6 al 6 per cento ed entro il 2040 gli omaniti si aspettano 11 milioni di visitatori l’anno. La crescita è già iniziata: i turisti sono aumentati dai due milioni del 2014 ai 2,5 del 2015. Nei prossimi due decenni il governo progetta di passare dalle attuali 18mila camere a oltre 80mila e alle imprese straniere offre sconti del 50% sull’acquisto della terra per attività turistiche.

È inoltre imminente una riforma degli investimenti esteri diretti - spiega Gianpaolo Bruno, direttore dell’Ita di Dubai - che consentirà agli stranieri di detenere il 100% delle imprese locali». Il piano nazionale di sviluppo “Vision 2020” prevede un massiccio programma di interventi, per un totale di 106 miliardi di dollari. Attualmente sono in corso di realizzazione o in fase di programmazione costruzioni per un valore di 63 miliardi. Per i trasporti i progetti ammontano a 40 miliardi. È dell’Oman uno dei piani di rete ferroviaria più ambiziosi della regione con una distanza coperta di 2.200 chilometri e un numero elevato di gallerie e sottopassi da scavare nelle rocciose alture del Paese. Nei tre principali porti - Salalah, Duqm e Sohar - sono in corso opere di ampliamento e nel più trafficato, quello di Sohar, si sta sviluppando un parco industriale grazie alla Free Zone, dove le imprese possono godere di un’esenzione dalla corporate tax fino a 25 anni.

Le imprese italiane hanno moltiplicato la presenza negli ultimi due anni, da Italferr, Salini Impregilo ad Astaldi, Saipem e Tecnimont. Quest’ultima si è aggiudicata una maxi-gara da 900 milioni di dollari per realizzare un impianto di polietilene.

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