Appalti

Il caso Sicilia/1. Investimenti paralizzati dai vincoli: i piani paesistici bloccano progetti per due miliardi di euro

di Nino Amadore

C’è la grande impresa che ha da tempo programmato un investimento per rendere più sicura e efficiente la rete elettrica regionale, l’azienda del Nord che ha pianificato in Sicilia investimenti sul fronte delle energie rinnovabili e ci sono decine e decine di piccole imprese che attendono solo un via per fare investimenti pianificati da tempo. Per non parlare poi di opere pubbliche,a volte anche strategiche, già finanziate ma ferme. C’è chi ha fatto una stima per difetto e ha calcolato in quasi due miliardi di euro gli investimenti bloccati in Sicilia. Un conteggio che, ovviamente, non comprende alcune grandi opere pubbliche strategiche (si veda articolo pubblicato qui) che restano ferme per i più vari motivi.

La Sicilia è una regione che appare ferma, in balia di procedure lente e di innovazioni, si fa per dire, legislative o regolamentari che bloccano tutto piuttosto che aiutare. Con situazioni paradossali e situazioni veramente kafkiane. Sotto accusa, in particolare, vi sono i Piani paesaggistici che fanno capo all’assessorato regionale ai Beni culturali, entrati in vigore negli ultimi anni. Con non pochi problemi: in molti casi i vincoli cadono su opifici industriali già esistenti e costruiti anche da parecchi anni, in altri casi invece hanno stravolto l’iter autorizzativo di opere programmate molto tempo prima della loro entrata in vigore. È il caso, ma non certamente l’unico, della provincia di Ragusa dove i vincoli del Piano paesaggistico hanno paralizzato la ricerca e il successivo sfruttamento di idrocarburi con il risultato di paralizzare investimenti per un centinaio di milioni, facendo mancare incassi derivanti da possibili royalties e da contributi straordinari che secondo stime ammonterebbero a oltre 4,5 milioni. Se ne è reso conto l’assessorato regionale all’Energia che ha apertamente contestato il Piano paesaggistico.

Il caso Ragusa è solo uno strapuntino rispetto al resto. Si prenda il caso degli investimenti di Terna che da anni prova a chiudere l’anello di 380 Kv che potrebbe dare stabilità e efficienza alla rete elettrica isolana, portando anche benefici di non poco conto a imprese e famiglie soprattutto dopo l’entrata in esercizio dell’elettrodotto Sorgente-Rizziconi che ha raddoppiato il collegamento elettrico tra la Sicilia e la Calabria. Terna ha messo sul piatto un investimento di 800 milioni solo per completare l’anello dell’elettrodotto da 380 Kv ma in qualche caso dal varo del piano di investimenti sono passati oltre dieci anni: è il caso, per esempio, dell’elettrodotto Paternò-Priolo il cui avvio della concertazione per la localizzazione dell’opera risale al 2006. Ebbene, in questo caso l’iter autorizzativo si trova in una situazione di stallo proprio a causa del Piano paesaggistico di Siracusa adottato mentre era in corso il procedimento di Valutazione di impatto ambientale 

Cosa si sono persi, nel frattempo, i siciliani? Non poco visto che la realizzazione di questo elettrodotto consentirebbe l’eliminazione delle congestioni che si registrano sulle linee di collegamento tra due poli industriali importanti: quello di Priolo e quello di Catania.  Ma soprattutto, tra le altre cose, non è avvenuto l’incremento di 500 Mw di capacità di produzione da fonte efficiente che avrebbe comportato un beneficio annuale per i cittadini di circa 50 milioni. Stesso discorso vale per un altro pezzo di quest’opera che tutti giudicano strategica ma che continua a rimanere impantanata: l’elettrodotto Assoro-Sorgente2-Villafranca, bloccato dai Piani paesaggistici in fase di concertazione.

E meriterebbe un piccolo approfondimento la vicenda dell’investimento di A2a nell’area industriale di San Filippo del Mela, nel messinese, per la riqualificazione della vecchia centrale elettrica in un polo energetico integrato che prevede, tra le altre cose, la realizzazione di un termovalorizzatore per la trasformazione di Css (combustibile solido secondario) in energia: investimento previsto in questo caso di 180 milioni circa. Anche qui le cose, però, vanno abbastanza a rilento e anche in questo caso l’investimento si incrocia con i divieti del piano paesaggistico in una vicenda che, se possibile, la burocrazia ha fin qui atto di tutto per complicare.

Per non parlare poi di decine di piccoli investimenti da uno o due milioni fermi alla commissione Via regionale che è «stata costituita da poco - spiegano dall’assessorato regionale al territorio - e che dunque deve avere il tempo di entrare a regime». Ma intanto alcune di queste aziende, in mancanza del parere della commissione, rischiano di essere penalizzate anche per la partecipazione ai bandi Ue.

Abbiamo finito? Per nulla. All’elenco vanno aggiunti gli investimenti turistici bloccati a Siracusa: si tratta di interventi sulla costa e legati alla portualità il cui valore complessivo si avvicina a 500 milioni per un totale, secondo stime, di oltre mille posti di lavoro stabili a regime. In questo caso gli interventi più significativi riguardano la costruzione di due approdi turistici (uno che faceva capo alla società Acqua Marcia di Francesco Caltagirone oggi all’asta e l’altro alla Spero, società che fa capo alla famiglia Di Stefano), per non parlare degli investimenti alla Penisola Maddalena e ad Ognina, sempre sulle coste siracusane.

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