Appalti

Subappalto più rigido con il correttivo, restano i dubbi di compatibilità con le regole Ue

di Laura Savelli

Tra gli articoli modificati del Codice, è la norma che ha conosciuto più varianti durante i lavori di redazione del decreto correttivo, che entrerà in vigore dal prossimo 20 maggio. Alla fine, la disciplina del subappalto fa la sua comparsa in Gazzetta ufficiale con una veste totalmente rinnovata, che tuttavia già desta dubbi sulla sua tenuta comunitaria e sulla sua applicabilità.

Due, le novità principali contenute nell'articolo 105 del d.lgs. n. 50/2016. La prima, relativa al comma 4, porta alla scomparsa della facoltà della stazione appaltante di prevedere nel bando le categorie di lavorazioni che possono essere affidate in subappalto. In altri termini, il decreto ridisegna i presupposti autorizzatori del subappalto, eliminando in prima battuta quel divieto assoluto, nel silenzio della P.a., di subaffidare le prestazioni a terzi.
Così facendo, il correttivo tenta di riportare la disciplina nella carreggiata comunitaria che, tra direttive e pronunce della Corte di giustizia, non ammette alcun limite al subappalto, anche se, nonostante le modifiche apportate dal d.lgs. n. 56/2017, resta pur sempre il tetto percentuale della subappaltabilità entro il trenta per cento dell'importo complessivo del contratto.

Il quadro autorizzatorio è poi completato dall'ulteriore previsione in base alla quale si chiede al subappaltatore di non aver partecipato alla procedura per l'affidamento dell'appalto, fermo restando che - come nella edizione originaria dell'articolo 105 - tale soggetto deve possedere, in ogni caso, i requisiti di moralità, oltre che di qualificazione, e che, all'atto dell'offerta, siano state indicate dal concorrente le lavorazioni da affidare in subappalto.

La seconda novità riguarda invece l'indicazione, in sede di presentazione dell'offerta, della terna dei subappaltatori che, ai sensi del comma 6, diverrà obbligatoria per gli appalti sopra soglia comunitaria e, indipendentemente dall'importo a base di gara, anche per le attività definite sensibili, ossia a maggior rischio di infiltrazione mafiosa, ed elencate dall'articolo 1, comma 53, della legge n. 190/2012, come i noli a caldo o la guardiania nei cantieri.
Tale modifica prenderà il posto della previsione in base alla quale, nel primo anno di vigenza del Codice, è stato disposto invece che la terna dovesse essere indicata sempre per i soli appalti sopra soglia e per i quali non fosse necessaria una necessaria specializzazione: una premessa che ha consentito, fino ad oggi, di sostenere che i tre nominativi non dovessero essere forniti per le categorie superspecialistiche. Di conseguenza, una volta entrata in vigore la modifica, si porrà il problema della indicazione della terna anche per tali particolari lavorazioni.

Ma, un'ulteriore criticità del comma 6 dell'articolo 105 è legata anche ai contratti sotto soglia. Nella versione ante correttivo, era infatti specificato che, per tali contratti, l'amministrazione potesse prevedere nel bando ulteriori casi di obbligatorietà di indicazione della terna. Mentre, nella versione post correttivo, tale disposizione viene eliminata per fare spazio ad una norma di difficile comprensione, in base alla quale si stabilisce che, per gli appalti sotto soglia, la P.a. deve invece stabilire nel bando non solo le modalità e le tempistiche di verifica dei requisiti generali prima della stipula del contratto (sia per l'appaltatore, sia per i subappaltatori), ma anche i mezzi di prova che saranno richiesti per la dimostrazione dell'eventuale sussistenza del grave illecito professionale, ossia dello specifico motivo di esclusione fissato dall'articolo 80, comma 5, lettera c), del Codice.

Aldilà della dubbia collocazione sistematica della previsione all'interno di un comma dedicato in maniera espressa alla terna dei subappaltatori, resta infatti il problema di comprendere la portata della prescrizione, dal momento che la regolamentazione delle modalità di verifica dei requisiti è già affidata ad altre disposizioni del Codice, per non dire che, ai sensi del comma 13 dello stesso articolo 80, anche i mezzi di prova del grave illecito professionale sono già stati individuati, seppur a titolo esemplificativo, dalle linee-guida Anac n. 6/2016.

Ad un primo resoconto, sembra dunque che il decreto correttivo, nel modificare la disciplina del subappalto, abbia introdotto, in primo luogo, nuove complicazioni procedurali; ma, abbia in particolar modo espresso la sua preferenza per quella "opzione zero" - cui faceva cenno il Consiglio di Stato nel parere reso sullo schema del provvedimento - scegliendo di andare incontro ad una eventuale procedura di infrazione, come già prospettato nella risposta fornita dalla Commissione europea all'esposto presentato dall'Ance, e di modificare la norma soltanto a seguito della condanna che dovesse arrivare da Bruxelles. Nell'attesa, resta solo la certezza di aver perso l'occasione di un allineamento della disciplina interna rispetto alle disposizioni europee, seppur dinanzi all'evidenza riconosciuta di meccanismi non conformi alle direttive.

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