Appalti

Illegittimo accorpare appalti dai contenuti diversi, dal Tar Lazio i primi paletti sulla suddivisione in lotti

di Roberto Mangani

La scelta dell'ente appaltante di affidare con un'unica gara il servizio di vigilanza armata e il servizio di portierato e di accoglienza deve ritenersi illegittima a meno che tale accorpamento non sia adeguatamente motivato sulla base di ragioni plausibili e opportunamente argomentate.

I due servizi indicati sono infatti del tutto distinti tra loro, presentando caratteristiche oggettive e anche discipline regolatorie molto diverse; di conseguenza, l'affidamento congiunto di tali servizi deve ritenersi in contrasto con il principio della suddivisione in lotti, sancito dall'articolo 51 del D.lgs. 50/2016.

Sono questi i principi affermati da una recente sentenza del Tar Lazio, Sez. I – quater, n. 4293 del 6 aprile 2017, che offre un contributo interpretativo sulla questione, sempre problematica, relativa all'effettiva estensione e alle modalità di applicazione del principio della suddivisione in lotti stabilito dal legislatore nei confronti degli enti appaltanti.

Il caso
La Regione Lazio aveva bandito una gara per l'affidamento, tramite un unico appalto, del servizio di vigilanza attiva armata e di vigilanza passiva (portierato ed accoglienza) delle proprie sedi amministrative.
Ai fini della partecipazione alla gara veniva richiesto ai concorrenti, tra gli altri requisiti, il possesso dell'autorizzazione prefettizia necessaria per lo svolgimento del servizio di vigilanza armata.
Questa specifica clausola del bando è stata contestata da un concorrente che, pur non essendo in possesso del suddetto requisito, svolgeva ordinariamente il diverso servizio di portierato. Nella censura mossa davanti al giudice amministrativo il ricorrente ha sottolineato che la scelta operata dall'ente appaltante risultava fortemente discriminatoria, anche in considerazione del valore economico sostanzialmente equivalente dei due servizi messi in gara nell'ambito di un'unica procedura. La sostanziale diversità dei due servizi e, nello specifico, il fatto che per uno di essi sia necessaria l'autorizzazione prefettizia che invece non è richiesta per lo svolgimento dell'altro, avrebbe dovuto indurre l'ente appaltante ad evitare l'accorpamento degli stessi in un unico appalto, consentendo così una più ampia apertura al mercato e un corretto dispiegamento delle dinamiche concorrenziali.
In questa logica, la scelta dell'accorpamento risulta in contrasto con il principio della suddivisione in lotti, sancito dall'articolo 51 del D.lgs. 50/2016, che tra l'altro impone agli enti appaltanti di motivare le ragioni in base alle quali ritengono di non dovervi dare puntuale attuazione.

La posizione del Tar Lazio
Il giudice amministrativo ha dato pieno accoglimento alle argomentazioni sviluppate dal ricorrente. È stato infatti totalmente condiviso il presupposto su cui si fonda il ricorso: pur essendo stati inglobati in un unico appalto i due servizi di cui si discute sono ontologicamente diversi. E i caratteri di questa diversità hanno un riflesso significativo anche sulla loro regolazione normativa.
Infatti, il servizio di vigilanza armata mira alla salvaguardia dei beni che ne sono oggetto, e in questo senso soddisfa – sia pure in via mediata – esigenze di ordine e sicurezza pubblica. Da qui la scelta del legislatore di prevedere che il relativo svolgimento sia subordinato al possesso di un'apposita autorizzazione prefettizia.
Del tutto diversa è la natura del servizio di portierato e accoglienza, che ha essenzialmente la funzione di garantire l'ordinato utilizzo dell'immobile e la corretta fruizione dello stesso a favore degli estranei, senza che vengano in rilievo finalità di interesse pubblico, circostanza quest'ultima che esclude la necessità di richiedere per tale attività qualunque tipo di autorizzazione amministrativa.
Proprio alla luce di questa netta diversità ontologica e regolatoria dei due servizi, il loro accorpamento in un unico appalto appare illegittimo, in quanto contrario ai principi di logicità e ragionevolezza che devono comunque guidare l'attività amministrativa.
Tale illegittimità si rende evidente in relazione al contrasto che la scelta dell'accorpamento comporta con la disciplina sulla suddivisione in lotti contenuta nell'articolo 51 del D.lgs. 50/2016. Questa disposizione prevede che l'ente appaltante, al fine di favorire l'accesso al mercato delle micro, piccole e medie imprese, suddivida l'appalto in lotti funzionali o in lotti prestazionali. La mancata suddivisione in lotti deve essere motivata dall'ente appaltante nel bando di gara o nella lettera di invito.

La ratio della disposizione è da rinvenire nella volontà del legislatore di ampliare la concorrenza, consentendo alle imprese di minori dimensioni di partecipare a gare che, se fossero indette per l'affidamento dell'appalto unitariamente considerato, non sarebbero accessibili alle stesse. Questa ratio trova evidentemente una motivazione forte in ipotesi – come quella in esame – in cui l'appalto unitario viene a ricomprendere servizi distinti, il cui espletamento implica lo svolgimento di prestazioni sensibilmente diverse tra loro. Cosicché appare evidente che il loro affidamento unitario comporta una illogica e immotivata restrizione del confronto concorrenziale.

D'altra parte nel caso di specie non è neanche rinvenibile negli atti di gara un'adeguata motivazione delle ragioni che impedirebbero la suddivisione in lotti, come richiesto dalla norma. L'ente appaltante si è infatti limitato a evidenziare in sede di capitolato l'esigenza che i due servizi siano gestiti in maniera sinergica e coordinata. Ma come correttamente rilevato dal giudice amministrativo, da un lato questa affermazione è indicativa della consapevolezza che si tratta di due servizi nettamente distinti; dall'altro, non giustifica in alcun modo il loro accorpamento, posto che le esigenze di sinergia e coordinamento possono certamente essere soddisfatte anche affidando i due servizi a soggetti diversi, prevedendo nel contempo adeguate clausole contrattuali che assicurino il coordinamento delle rispettive attività.

Lotti prestazionali e lotti funzionali
La disposizione dell'articolo 51 relativa alla suddivisione in lotti prende in considerazione due diverse tipologie di lotti: quelli funzionali e quelli prestazionali. Nel caso di specie ricorre la seconda tipologia, caratterizzata dal fatto che i lotti si distinguono in relazione alle diverse categorie e specializzazioni di cui si compone il complesso unitario delle prestazioni.
In sostanza, in questa specifica ipotesi l'unitarietà dell'appalto sconta in realtà una pluralità di prestazioni eterogenee, cosicché la loro suddivisione in singoli lotti appare una scelta razionale e che in ultima analisi risponde a principi di logicità e buona amministrazione. È quindi evidente che in questo caso la mancata suddivisione in lotti rappresenta una soluzione illogica e non facilmente motivabile, cosicché appare agevole che la disposizione dell'articolo 51 trovi la sua naturale attuazione.

Significativamente più complessa è invece l'altra ipotesi contemplata dalla norma, relativa ai c.d. lotti funzionali. Secondo la definizione contenuta alla lettera qq) del comma 1 dell'articolo 3 il lotto funzionale costituisce una parte di una prestazione omogenea, caratterizzata da autonoma fruibilità e fattibilità. A differenza dall'ipotesi precedente non vi quindi una diversità qualitativa tra le prestazioni che consente di distinguere i singoli lotti in base alle relative categorie di specializzazione, ma un'articolazione di tipo sostanzialmente quantitativo. In altri termini i diversi lotti funzionali sono tra loro omogenei e, rispetto all'unitarietà della prestazione, si caratterizzano per il fatto che ognuno di essi ha una propria compiutezza, che ne consente la separata fruibilità anche a prescindere dal completamento degli altri.

È evidente che, dal punto di vista dell'applicazione pratica, la suddivisione di una prestazione omogenea in lotti funzionali presenta profili problematici molto più accentuati rispetto all'ipotesi dei lotti prestazionali.

E infatti, proprio in relazione a questa ipotesi, la giurisprudenza prevalente ha affermato il principio generale secondo cui la suddivisione in lotti rappresenta una scelta ampiamente discrezionale dell'ente appaltante, che non può essere censurata sulla base di criteri di mera opportunità. Rientra cioè nelle valutazioni di merito dell'ente appaltante – come tali non soggette al sindacato di legittimità del giudice amministrativo – la scelta se suddividere un appalto omogeneo in più lotti funzionali o preservarne l'unitarietà, tenendo conto che una soluzione che vada nel senso dell'unitarietà può ben essere giustificata in relazione alle specifiche modalità esecutive in cui le prestazioni devono svolgersi considerando la situazione fisica dei luoghi o le condizioni giuridiche in cui l'appaltatore è chiamato ad operare. Inoltre, la mancata suddivisione in lotti funzionali può trovare ragione anche nei risparmi di spesa conseguibili in relazione a un affidamento unitario in luogo di una pluralità di affidamenti separati.

Questi principi – costantemente ribaditi dalla giurisprudenza (vedi tra le più recenti Cons. Stato, Sez. V, 16 marzo 2016, n. 1081; Sez. VI, 2682/2015) - evidenziano come l'obbligo di suddivisione in lotti che ad una prima lettura sembra emergere dall'articolo 51 risulta in realtà fortemente ridimensionato, almeno rispetto all'ipotesi dei lotti funzionali, risolvendosi più che altro in un onere motivazionale aggravato che incombe sugli enti appaltanti al fine di giustificare la scelta di mantenere l'unitarietà dell'appalto.

Conclusione che viene rafforzata anche dalla necessità di tenere nella dovuta considerazione anche l'altro principio – richiamato anch'esso nell'articolo 51 – secondo cui la suddivisione in lotti non deve comunque nascondere un frazionamento artificioso dell'appalto, al fine di eludere l'applicazione delle disposizioni che regolano l'affidamento degli appalti di importo più elevato.

In definitiva, sembra ragionevole affermare che l'applicazione pratica del principio della suddivisione in lotti non può prescindere da un significativo margine di discrezionalità dell'ente appaltante che, in relazione alle specificità dei singoli casi, gode di un spazio ampio di valutazione in ordine alle scelte da effettuare. Queste dovranno essere ispirate ai generali principi di logicità e ragionevolezza, con il solo onere di fornire un'adeguata e articolata motivazione della soluzione adottata qualora la stessa sia nel senso di optare per l'unitarietà dell'appalto.

La sentenza del Tar

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