Appalti

Correttivo/1. Finanza di progetto, sbagliato estendere l'iniziativa privata a tutte le forme di Ppp

di Remo Dalla Longa (*)

(*) professore all'Università Bocconi/SDA, coordinatore scientifico dell'Osservatorio PREM – Public Real Estate Management di SDA Bocconi e coordinatore di GePROPI – Gestione dei processi realizzativi di Opere Pubbliche ed Infrastrutture

Sul Partenariato Pubblico-Privato (PPP) vi sono state recentemente delle novità a livello di impostazione normativa:
a) vi è stata la seconda bozza delle linee guida di ANAC (1° febbraio 2017);
b) il Consiglio di Stato a sua volta il 29 marzo 2017 ha formulato i suoi pareri sulla bozza ANAC;
c) il governo si appresta ad emettere il decreto di parziale correzione del D.lgs 50, siamo nella parte finale del lavoro delle commissioni e della conferenza unificata; vi sarà un secondo esame in Consiglio dei ministri prima della pubblicazione in Gazzetta entro il prossimo 19 aprile 2017.

Dei punti (a) e (b) siamo ancora in fase di definizione, ce ne occuperemo in un'altra occasione.
Ora diviene importante affrontare il punto (c) nella sua fase finale.
Per la partizione IV sul PPP vi è sul tavolo del governo la proposta di due modifiche, poche rispetto ad altri articoli del D.lgs 50 del 2016, e questo non è un male.
Una variazione (comma 6 articolo 180, innalzamento dal 30 al 49% del tetto al contributo pubblico) è già stata commentata in questo giornale da chi scrive (24 febbraio, 2017).
L'altra viene commentata ora.
In entrambi i casi le variazioni sono di una o due parole, ma sempre significative a dimostrazione del fatto che spesso la modifica non si misura in righe o frasi ma basta togliere o inserire una sola parola e può cambiare l'architettura normativa. La proposta di modifica qui analizzata è rilevante.

Il riferimento è al comma 16 dell'art. 183 del D.lgs 50 laddove si propone di togliere la locazione finanziaria (altrimenti detta leasing) e sostituirla con «tutti i contratti di partenariato pubblico privato» al cui interno vi anche la stessa locazione finanziaria: si è quindi ampliato il perimetro applicativo.
A cosa si riferisce la modifica sopra indicata? Ci si riferisce alla possibilità per «gli operatori economici di presentare alle amministrazioni aggiudicatrici proposte relative alla realizzazione in concessione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità» e quindi di far entrare tutto il PPP all'interno della Finanza di progetto e in una particolare fase della procedura.

Il termine "concessione" potrebbe essere già di per se stesso critico in quanto il PPP è solo in parte concessione e si rischia con il termine improprio di generare confusione concettuale. Far rientrare alcuni PPP nella finanza di progetto può avvenire, non è un obbligo, poteva anche essere sotteso. Il PPP non è solo concessione e tanto meno è finanza di progetto; potrebbe, per esempio, anche essere ‘corporate finance'.
Tuttavia, per i più questo potrebbe sembrare un'ovvietà o comunque un completamento, ci si potrebbe chiedere come mai non si fosse provveduto prima a tale completamento. Non è così, basterebbe leggere con attenzione gli articoli 180, 181 e 182 per comprenderlo. Ho personalmente contribuito a scrivere quegli articoli non in solitudine ma con altri (il riferimento è al tavolo tecnico di recepimento delle direttive e di scrittura del D.lgs 50 del 2016, - Edilizia e Territorio 2 settembre 2015 - occupandomi in primo luogo del PPP).

Una lettura attenta di quegli articoli di legge è comunque stata fatta da ANAC e Consiglio di Stato (punti: a, b).
Bisogna sottolineare come non vi sia equivalenza tra PPP e la finanza di progetto anche se qui il riferimento non è alla formula economico-finanziaria ma alla procedura e la differenza è di sostanza.
La finanza di progetto è una tecnica finanziaria prima ancora che una procedura, nell'art. 183 è riportata come una procedura ed è una delle possibili adozioni applicative del PPP. Il termine presente nella modifica - "può riguardare" - attenua, in parte, le considerazioni che di seguito verranno fatte.

Gli articoli sul PPP della IV partizione del D.lgs 50 del 2016 (dal art. 179 all'art.191) si suddividono in innovativi (art. 180, 181 e 182) e appartenenti alla tradizione (tra questi vi è l'art. 183). L'art. 183 è di fatto l'ex art. 153 del precedente D.lgs 163 del 2006 leggermente alleggerito. Volutamente nella scrittura originale del D.lgs 50 del 2016 non era stato inserito il riferimento a "tutti i contratti di partenariato pubblico privato" perché questo aveva contribuito, in passato, a non distinguere l'infrastruttura economica (IE) dall'infrastruttura sociale (IS), la tariffa dal canone. La direttiva comunitaria 2014/23, ma ancor più il D.lgs 50, ha imposto questa demarcazione tra IE e IS con il concetto di rischio di domanda applicabile alla concessione, alea del mercato che fa in modo che il capitale investito non sia necessariamente recuperato, l'utente che si sottrae dall'utilizzo del servizio fa cadere i ricavi da tariffa. In altri termini viene coniato, preso a prestito da altre discipline economico-finanziarie, il concetto di ‘rischio operativo'.

Giustamente vi è una qualche differenza tra rischio operativo fatto osservare dal Consiglio di Stato e quello utilizzato da ANAC (punti a, b iniziali). Il rischio operativo riguarda la concessione, vi è qualche dubbio nell'estenderlo anche alle infrastrutture sociali come invece fa ANAC, negli articoli 180, 181 e 182 i due termini non sono confusi ci si riferisce a rischio trasferito per il PPP e rischio operativo trasferito per la concessione. Su questa distinzione torneremo con altri commenti in un altro momento.
La vera differenza è che con il rischio operativo l'operatore pubblico ha una responsabilità limitata, non può intervenire nella concessione (IE) sostituendosi all'utente e al pagamento da parte di questo della tariffa, perché è tramite la tariffa che si crea la relazione impresa-mercato e il rischio operativo sancisce la capacità dell'operatore economico di stare sul mercato, di attrarre utenza e di far pagare a questa una tariffa; se il servizio non è soddisfacente l'utenza cerca altrove ed è questa (o dovrebbe esserlo) la concorrenza (alea del mercato).

Lo Stato (salvo casi molto particolari, quasi tutti descritti nei considerando della Dir. 2014/23) che si sostituisce all'utenza dentro una concessione (Dir. 2014/23) si contrappone ai dettami della concessione stessa e si propone per una sanzione per la non (corretta) applicazione della direttiva comunitaria
Ha quindi un senso per la concessione (IE), laddove vi è il rischio operativo, che "gli operatori economici possano presentare alle amministrazioni aggiudicatrici proposte relative alla realizzazione in concessione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità" (art. 183 comma 15). La pubblica amministrazione è chiamata a verificare che non vi siano problemi di impatto, sicurezza, che vi sia un interesse pubblico e collettivo, che l'investimento non ritorni alla PA come costo ed altri aspetti di corollario, in altri termini che la funzione collettiva sia esercita correttamente. Il ruolo è tutto sommato soft. Il rischio principale, se ben esercitato, è in capo all'operatore economico e all'operatore finanziatore; sono loro che devono confrontarsi con il rischio operativo.

E quindi la procedura propria del comma 15 dell'art. 183 è spendibile per la concessione (IE). Non lo è per altri PPP, espressamente per le infrastrutture sociali (IS). Vi è tutta la partita del canone, e del trasferimento del rischio. Per le infrastrutture sociali la domanda è organizzata dall'amministrazione pubblica, mentre l'offerta dall'operatore economico e su questo viene pagato un canone. L'operatore pubblico si deve fare carico dell'utente, ma a differenza dell'infrastruttura economica non è l'azione ‘molecolare' dell'utente che incide sui ricavi e quindi viene, attraverso questa formula, creato il rischio operativo. Con il canone non vi è il rischio di domanda ma di disponibilità.

Per l'IS l'operatore pubblico è chiamato ad organizzare ex ante la domanda ed attorno a questa definire altrettanto chiaramente come trasferire il rischio (per questo non operativo) e mantenerlo trasferito nel tempo e fare in modo che attraverso ‘indicatori' di quantità, qualità e soddisfacibilità si crei l'equivalenza di ‘alea' (non di mercato come è per il rischio operativo) che permetta di ancorare l'oscillazione del canone al principio, non garantito, che l'investimento effettuato dall'operatore economico sia interamente recuperato.

Perché questo principio è importante? Lo è per due diversi motivi: 1) permette all'operatore economico (tramite regole) di agire con principi di efficienza-efficacia come se operasse nel mercato (deve prevalere il buon senso da entrambe le parti – pubblico e privato – non uno contro l'altro ma un equilibrio di regie); 2) permettere di operare off balance e non conteggiare il debito per la costruzione di lavori come un debito pubblico.

Vi sono criteri oramai evoluti di EUROSTAT che classifica il rischio trasferito e mantenuto in carico all'operatore economico per avere un off balance. Il punto (2) è fondamentale per il sistema Italia e ci è imposto, non lo possiamo mettere in discussione salvo partire con un off balance e poi dopo qualche anno trovarci, per l'investimento effettuato, in on balance con un aggravio ed inceppamento per il sistema paese.

Per le IS deve essere definito a monte una programmazione ed un corredo adeguato dell'investimento da effettuare, anche per questo nel comma 1 dell'art. 181 viene indicato come procedura il dialogo competitivo che senza accorgimenti si trova in antitesi rispetto alla correzione proposta nel comma 16. Non è possibile fare in modo che sia l'interesse dell'operatore economico a proporre alla PA un ospedale o una tipologia assimilabile ad esso. Il non aver dimensionato correttamente questo concetto ci porterebbe direttamente all'interno di un on balance e ad una asimmetria negativa tra regia pubblica e quella privata. La non conoscenza del PPP come strutturato negli art. 180, 181 e 182, porterebbe a tale scelta.
Si può capire l'asimmetria tra ciclo breve di una decisione (sfera politica) che vorrebbe accelerare l'utilizzo di capitale privato e il ciclo medio lungo (pubblica amministrazione) che è chiamata a salvaguardare i fondamentali del sistema paese. Il PPP ha un costo maggiore rispetto ad un appalto tradizionale, diviene competitivo, per il nostro paese, solo se si opera in off balance e se si recuperano elementi di efficienza-efficacia.
Il Consiglio di Stato (punto b) riprende alcuni concetti anche da noi da tempo manifestati:
-Il PPP è interdisciplinare (componente giuridica, economico-finanziaria, tecnica, risk management ecc.).
Spesso avviene che si prendano a prestito impropriamente alcuni termini e si confondano rendendoli procedure (per es. finanza di progetto, rischio operativo);
-Per lo sviluppo del PPP e delle infrastrutture in Italia è fondamentale formare e rafforzare la Pubblica amministrazione anche attraverso il RUP/project manager;
-Esistono oramai strumenti, sistemi operativi e tools per farlo, il linguaggio del management, interdisciplinare per definizione, che sappia includere gli specialismi è in grado di farlo.

Per rispondere ai punti sopra indicati bisogna far leva su un'esperienza di ricerca e formazione accumulata nel tempo, i nostri riferimenti (GePROPI e PREM di SDA Bocconi) hanno queste caratteristiche e non dovrebbero essere i soli.

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