Il Commento Appalti

Responsabilità solidale e voucher/2. Rischio paralisi negli appalti privati

di Giorgio Santilli

Si è parlato molto degli effetti che avrà sul sistema del lavoro temporaneo il decreto legge che abolisce i voucher per evitare il referendum proposto dalla Cgil. Una scelta drastica, quella dell’abolizione della disciplina, che crea un vuoto normativo su diversi aspetti e che il governo ha fatto per evitare anche il minimo rischio di celebrare la consultazione. Scelta politica chiara che lascia molti dubbi sul piano giuridico. Stesso metodo estremo è stato usato per l’altra questione sul tavolo, quello della responsabilità solidale negli appalti.

Anche qui si è intervenuti con l’accetta, non per correggere storture o limitare abusi nell’uso dello strumento, ma per cancellare alla radice la disciplina. Si torna così alla responsabilità solidale illimitata e senza filtri fra committente e appaltatore, ricreando di fatto una responsabilità oggettiva piena del committente che era stata in vigore fino al 2012.

Il risultato di questo arretramento sarà che le imprese saranno costrette a operare con un vuoto normativo e il rischio di moltiplicare i contenziosi dagli esiti incerti. Certamente lo strumento economico-organizzativo dell’appalto, che viene usato dalle imprese per “esternalizzare” servizi specialistici (come la vigilanza) e per l’esecuzione di lavori edili, ne uscirà fortemente depotenziato. Le imprese-committenti saranno meno propense a esternalizzare (con un consistente aumento di costi dei servizi interessati) e comunque dovranno selezionare attentamente i propri appaltatori. Si dovranno studiare formule innovative da inserire nei capitolati di appalto. (Per altro i nuovi vincoli si applicano anche nel settore ad alta potenzialità di crescita dei lavori pubblici quando il committente è un general contractor privato che affida il lavoro a un appaltatore privato).

A fronte di questi danni e di queste diseconomie - che nascono proprio dalla scelta di cancellare drasticamente la disciplina e non di ridefinire i rapporti nella filiera in chiave di minori oneri e maggiore sicurezza per il lavoro - sarà presto necessario intervenire nuovamente per evitare che un intero comparto si blocchi. Soluzioni semplicistiche a problemi, politici e giuridici complessi, raramente producono buoni risultati.

È a tal punto così che il governo già oggi pensa a correttivi che si potrebbero mettere in campo dopo la conversione in legge del decreto (e la pronuncia della Cassazione sul referendum). Certamente sarà impossibile tornare alla disciplina coerente che è stata spazzata via dal decreto. In ossequio alla migliore tradizione italiana della “fabbrica delle leggi”, si cercheranno soluzioni intermedie, più o meno durature, più o meno di compromesso, più o meno pasticciate.

Tutto quello di cui non c’è bisogno in questa fase quando l’economia avrebbe bisogno di poche regole chiare essenziali (e non di un’altra “fabbrica delle leggi”) per accelerare sulla via della crescita e del recupero di competitività.