Appalti

Infrastrutture pubblico-privato, flop del project bond nonostante gli sconti fiscali

di Alessandro Arona

Lanciato dal governo Monti come lo strumento chiave che avrebbe risolto il problema del finanziamento dei project financing di opere pubbliche (si vedano le dichiarazioni entusiastiche dell'allora vice-Ministro Mario Ciaccia), i project bond (obbligazioni dedicate a un singolo progetto in Pf) si sono rivelati in Italia un mezzo flop. Finora sono state lanciate 12 operazioni, per 3,4 miliardi di euro raccolti, ma in 8 casi i PB sono serviti solo a rifinanziare il debito, dunque le obbligazioni non hanno assolto il ruolo di promuovere la realizzazione delle opere in assenza o in affiancamento di banche disponibili a firmare i closing nella fase più rischiosa, quella della costruzione. Nei quattro caso di PB per la fase inziale, inoltre, tre sono relativi a opere private nel settore fotovoltaico e fibra ottica, e solo in un caso, per l'ospedale di Este-Monselice (Padova sud) i project bond hanno assolto il ruolo che ci si aspettava: contribuire a finanziare - dunque promuovere, spingere - nuove opere pubbliche in project financing.

La mappa dell'attuazione dei project bond in Italia viene per la prima volta da uno studio curato da Luiss e Deloitte, e presentato nei giorni scorsi (scarica il testo integrale).

Il mercato italiano dei project bonds è composto da 12 operazioni, condotte tra il 2000 e il 2016, per un ammontare complessivamente emesso pari a 3,4 miliardi di euro ad integrazione di altrettanti 3,4 miliardi di euro di debito contratto con le istituzioni bancarie per i medesimi progetti. I numeri non sono dunque male, ma il problema è che finora i collocamenti di PB sono riusciti (in 0tto casi su 12) solo quando le opere erano già in gestione, e dunque sono serviti solo a "dare il cambio alle banche". Un ruolo da non sottovalutare, certo, perché risolve il problema della difficoltà di trovare banche (a parte la Bei) che finanziano a lungo termine. Tuttavia: 1) non risolve il problema del closing nella fase di costruzione; 2) i casi finora chiusi in Italia sono arrivati a debito già contratto, non sono stati concordati fin dall'inizio tra concessionario e banche, e dunque non sembrano aver avuto un ruolo nella fase di start up del progetto.

In quattro casi i PB hanno finanziato la fase di costruzione, ma tre di questi sono relativi a opere private: 1) nel lontano 2000 l'operazione Grapes per fibra ottica (133 milioni di PB contro 151 di debito); 2) nel 2010 l'impianto fotovoltaico SunPuglia (3 milioni di PB e 49 di debito); 3) nel 2011 il fotovoltico di First Reserve sempre ijn Pugla (2 milioni di PB e 12 di debito).
Solo in un caso i project bond hanno contribuito alla fase di costruzione, per l'ospedale di Este Monselice (Padova Sud): 29 milioni con i PB e 82 a debito.

Tra i rifinanziamenti, oltre a tre operazioni nel settore energia (opere private), di cui una molto grande per l'acquisto di una quota di Rnet Rete gas (2014, PN da 1.394 milioni e 1.807 di debito), hanno riguardato infrastrutture pubbliche in tre casi: 1) 2016 Passante di Mestre, rifinanziamento con PB per 830 milioni, debito a 335 mln; 2) 2015 ospedale di Udine, cogenerazione (33 contro 27 milioni); 3) 2015 ospedale di Garbagnate, 25 milioni da project bond e 12 a debito; 4) metrò 5 di Milano (sempre rifinanziamento), 150 milioni da PB e 430 a debito.

Tra il 2014 e il 2015 la Bei ha gestito per conto della Commissione europea l'esperimento Project bond Iniziative, sostenendo nove operazioni di costruzione in project financing, per 4,28 miliardi di project bond su un costo delle opere di 5,8, ma nessuna di queste ha riguardato l'Italia, per mancanza di progetti appetibili. Tre operazioni riguardavano i trasporti: un'autostrada in Germania da 773 milioni, il porto di Calais in Francia (863), un'autostrada in Irlanda (169 mln); negli altri casi energia e telecomunicazioni. La Bei sosteneva i PB con garanzie fornite ai sottoscrittori.

GLI SCONTI FISCALI
Allo scopo di incentivarne l'impiego e la diffusione, i project bonds beneficiano in Italia delle seguenti tre importanti misure agevolative (disegnate nell'ambito del Decreto Sviluppo del Governo Monti):
A) applicazione della ritenuta ridotta del 12,5% (anzichè del 20%) sugli interessi corrisposti ai sottoscrittori di project bonds, ovvero esenzione da imposizione per determinati soggetti (es. sottoscrittori non residenti facenti parte della c.d. white list);
B) deducibilità degli interessi passivi (da corrispondere sui project bonds emessi) a favore dei soggetti emittenti, ovvero non applicazione dei limiti alla deduzione previsti dall'art. 3, comma 115, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 in relazione ai relativi interessi, con conseguente assoggettamento di tali componenti negativi di reddito alle norme "generali" che presiedono alla determinazione del reddito d'impresa;
C) applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa (pari a € 168 per ciascuna imposta applicabile) sulle garanzie prestate a sostegno delle emissioni di project bonds.

Il predetto regime fiscale (aliquota del 12,5%) è stato inizialmente applicato ai project bonds emessi nei tre anni successivi all'entrata in vigore del Decreto Sviluppo – ovvero entro il 26 giugno 2015 – rimanendo applicabile per tutta la durata del prestito obbligazionario. Successivamente, il Decreto Sblocca Italia ha reso permanente la predetta aliquota agevolata della ritenuta sugli interessi (equiparata a quella prevista per i titoli di Stato

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