Appalti

Riforma appalti, per il Consiglio di Stato è da riscrivere anche il decreto sui livelli di progettazione

di Mauro Salerno

A occhi maliziosi potrebbe assumere quasi i connotati di una "guerra di posizione" il puntiglioso confronto tra Consiglio di Stato da una parte, ministero delle Infrastrutture e Anac dall'altra, sull'attuazione del codice degli appalti. Dopo i pesanti dubbi sollevati sul valore delle linee guida dell'Anticorruzione, la bocciatura del decreto sui compiti di direttore lavori e direttore dell'esecuzione dei contratti, Palazzo Spada ha rispedito ora al mittente il decreto con la definizione dei livelli di progettazione messo a punto da Porta Pia. Per farlo, la commissione speciale del Consiglio di Stato ha distillato obiezioni sia formali che sostanziali in un parere «interlocutorio» di 50 pagine, condito da considerazioni sul rapporto tra diritto e tecnica (con il primo che «per definizione» «non può essere subalterno» alla seconda) giudicate alla stregua di «questione preliminare» ai fini della valutazione del provvedimento.

Andando alla sostanza, il risultato è che i tecnici delle Infrastrutture dovranno riscrivere in molti punti i 38 articoli di cui si compone il decreto, se vorranno ottenere il parere positivo dei giudici amministrativi. Inoltre, prima di rimettere di nuovo al vaglio il decreto, dovranno riaprire le consultazioni, acquisendo il parere della Conferenza unificata e di Itaca, segnalando in una nuova relazione illustrativa «in che punto e come si è intervenuti sul testo».

Nel merito, al Consiglio di Stato non è piaciuta innanzitutto la scelta di lasciare alle stazioni appaltanti la valutazione se separare o meno in due fasi l'elaborazione dello studio di fattibilità tecnica ed economica, che costituisce il primo livello della progettazione, sostituendo il vecchio progetto preliminare. Perché la novità «conferisce all'amministrazione un potere amplissimo di modellare la procedura a suo piacimento». Per questo, la commissione chiede al ministero di assoggettare questa possibilità all'obbligo di motivazione, come «condizione del proprio parere favorevole».

Obiezioni di analogo tenore vengono mosse sui livelli successivi della progettazione «caratterizzati da una proliferazione di elaborati» suscettibili, si rileva nel parere, di caricare di costi aggiuntivi le stazioni appaltanti. Di qui l'invito ad alleggerire «gli oneri progettuali», in base al tipo e alla dimensione delle opere. Bocciata anche la tecnica normativa: «Nel decreto in esame - si legge nel parere - si assiste oltre che a ripetizioni, ad aggiunte o modifiche incompatibili».

Uno stop arriva poi alle linee guida, affidate al Consiglio superiore dei lavori pubblici, come strumento di indirizzo alla progettazione. «A parte la contraddizione (documenti normativi non cogenti) - non manca di rilevare il Consiglio di Stato - l'ennesimo ricorso allo strumento delle linee guida, fuori dall'impianto codicistico, è inappropriato». Conseguenza? Le linee guida «devono essere eliminate» Anche questa, per la Commissione «è una condizione del proprio parere favorevole».

Pur apprezzando la scelta di puntare sulla «qualità della progettazione», la commissione solleva dubbi sul numero di adempimenti richiesti che «se non assolutamente necessari comportano un ingiustificato ed ingiustificabile aggravio procedimentale ed economico». Assioma da cui scaturiscono una serie di «criticità».

Tra queste, le scelte di «porre in via generalizzata gli stessi adempimenti per tutte le tipologie di intervento» e di appesantire di costi e adempimenti «la fase iniziale del procedimento». «I molteplici livelli di approfondimento, nei diversi passaggi tra progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva - si argomenta nel parere - non hanno storicamente portato ad alcun reale miglioramento nella qualità progettuale e realizzativa dei lavori e, a molti esperti, sono apparsi solo un ostacolo alla realizzazione di opere in tempi rapidi».

Non mancano, poi ,un lungo elenco finale di correzioni formali al testo, una serie di indicazioni in vista del correttivo appalti e la bocciatura della scelta di affidare al Rup «il potere di disporre una variazione del contenuto progettuale, individuando gli elaborati o le relazioni tecniche che devono comporre il progetto». Anche queste previsioni, sottolinea la commissione, «devono essere eliminate». Altrimenti, quasi inutile dirlo, addio parere favorevole.

Il parere del Consiglio di Stato sul decreto Mit relativo ai livelli di progettazione

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