Appalti

Classifiche, la corsa all'estero contagia anche le Pmi: ricavi oltreconfine al 53%

di Alessandro Arona

Le imprese di costruzione italiane scelgono sempre più l'estero come uno degli strumenti per uscire dalla crisi, non più solo le grandi imprese, ma anche le Pmi . Purché in possesso di competenze specializzate e solidità finanziaria.

Dallo Speciale Classifiche 2016 (a cura di Aldo Norsa , scaricabile dal quotidiano digitale «Edilizia e Territorio»), basato sugli ultimi bilanci, emerge un fatturato complessivo stabile, +2,2%, ma con una quota di ricavi all'estero che nel 2015 è salita dal 48,1 al 54,3%.

Il numero uno Salini Impregilo sale ancora nella quota estera, dall'82,5 all'85% (e ancor più salirà quest'anno dopo l'acquisizione dell'americana Lane), Astaldi dal 75,6 all'83% e in modo significativo salgono Pizzarotti, dal 23 al 35% e Rizzani de Eccher dal 70,5 all'81%. Ancora più significativi sono i movimenti "diffusi" verso l'estero, che in alcuni casi ancora non si riflettono sul fatturato. Itinera (Gruppo Gavio) e Vianini Lavori (Caltagirone) tornano all'estero dopo vent'anni di sola Italia, con commesse che valgono il 9 e il 17% del portafoglio. Grandi Lavori Fincosit (scesa dal 7° all'11° posto in classifica), in difficoltà per l'inchiesta Mose, ha incrementato in pochi anni la quota estera dal 6 al 35%, tentando così una via di rilancio. Intercantieri Vittadello (n. 24) ha acquisito all'estero il 50% in valore delle sue ultime commesse, salendo all'8% del portafoglio, pur ancora a zero come ricavi. Torna all'estero Collini (Trento), da 0,5 a 7,4% del fatturato, da 9,3 a 16,1% il portafoglio, mentre si muove con convinzione tra Africa e Golfo Persico la ex coop Sicrea (Reggio Emilia). Ma ci sono anche medio-piccole imprese come Aleandri (Bari), specializzata in opere stradali (in crescita dal 39° al 30° posto, saldamente in utile), estero salito all'8% di fatturato. O come Cogeis (Quincinetto, To), specializzata nel microtunneling, sempre in utile, da due anni attiva anche fuori Italia, oggi con il 6,6% di quota fatturato e il 16,6% in portafoglio.

Sempre nei tunnel è un piccolo campione di estero la Icop di Basiliano (Udine), n. 42 con 67 milioni di fatturato (+14%), con quota estera cresciuta in pochi anni dal 20 al 75%. New entry nella Top 45 è infine Tirrena Scavi (Massarosa, Livorno), 65 milioni di ricavi di cui l'84% all'estero (in prevalenza lavori stradali in Romania).

In totale, nel 2015 le 50 maggiori imprese italiane hanno aumentato il fatturato solo del 2,2% (nel 2014 la crescita fu del 3,1%). Tra le imprese generali il fatturato è fermo (+0,5%), media peraltro tra 22 imprese che salgono e 23 che perdono ricavi. Tra le prime cinque specialistiche, invece, la crescita è univoca, con la leader Bonatti (pipelines) che si libera della "zavorra" libica, punta sul Messico e cresce in due anni da 581 a 933 milioni (82% al'estero). La n. 2 Trevi (fondazioni) sale del 18% a 847 milioni, 91% all'estero; Cimolai (terza, strutture metalliche) in crescita fino ai 510 milioni dell'ultimo bilancio (48% estero); la n. 4 Sicim (gasdotti e grandi impianti), 328 milioni nel 2015 (+4,5%) l 99% fuori Italia e infine la n. 5 Salcef (lavori ferroviari), stabile nel 2015 a 169 milioni, con estero in calo dal 40 al 20%. La situazione reddituale a livello aggregato vede ebitda ed ebit in ascesa del 12,4% e del 18,1%, mentre l'utile mostra un calo del 3,1%. A preoccupare è l'occupazione, con dipendenti stabili (complessivi) in calo del 4%, 90mila posti in meno.

Cinque imprese hanno chiuso il 2015 in perdita: Serenissima Costruzioni, Tecnimont Civil Construction, Tecnis, Strabag e Pessina Costruzioni. Tecnimont, in particolare, è al quinto rosso consecutivo, con fatturato dimezzato. Oltre a queste ci sono poi Coopsette, 16esima fino a due anni fa, in liquidazione coatta da fine 2015, e l'altra coop Unieco, che non ha comunicato il bilancio ma è in forte calo di ricavi e perdite pesanti da quattro anni.

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