Appalti

Doppia scossa di terremoto in Centro Italia, a rischio monitoraggi e prima ricostruzione ad Amatrice

di Giuseppe Latour

A desso cambia tutto. Nei minuti che seguono le scosse che ieri sera hanno riportato l’Italia centrale alle tremende ore di fine agosto, è questa la frase che si sente ripetere con più insistenza nelle stanze del Governo. E non sono parole dettate dalla tensione. Perché ieri sera sono stati messi a rischio alcuni tasselli chiave del percorso che, tra settembre e ottobre, Palazzo Chigi ha disegnato per avviare il processo di ricostruzione di Amatrice e dintorni. Dalla definizione del cratere ai primi adempimenti del commissario, la strategia adesso potrebbe essere radicalmente rivista.

L’apertura di questo nuovo fronte va, anzitutto, a impattare su una scadenza che, ormai, è imminente: il decreto terremoto (Dl n. 189/2016) ha previsto l’approvazione della prima ordinanza commissariale entro quindici giorni, cioè il prossimo 2 novembre. Entro questo termine, il commissario Vasco Errani dovrà emanare le «disposizioni operative per l’attuazione degli interventi di immediata esecuzione». In altre parole, si tratta di tutti quei lavori di ripristino degli immobili che hanno subito danni lievi e che possono, quindi, essere rapidamente resi agibili. Un fronte molto importante, per riportare le aree terremotate alle normali condizioni di vita. Basterà la presentazione di un progetto e l’asseverazione da parte di un professionista abilitato che documenti il nesso di causalità tra il sisma e lo stato della struttura, oltre alla valutazione economica del danno, per accedere ai contributi. Quindi, per queste situazioni non sarà necessario aspettare la convenzione con Abi, collegata alla ricostruzione pesante: in quel caso sarà la banca a pagare il Sal all’impresa - selezionata con gara- dopo che l’ufficio speciale alla ricostruzione avrà approvato il progetto. Gli uffici di Errani, comunque, sono al lavoro sul testo.

C’è, poi, la questione delle verifiche sugli edifici. Qui si rischia l’effetto “Tela di Penelope”. Il lavoro da fare è molto lungo e articolato, come dicono i dati sulle richieste di sopralluogo dei privati depositate entro il termine del 18 ottobre scorso. Sono oltre 70mila le istanze pervenute: più di 40mila nelle Marche, diecimila nel Lazio, quasi diecimila in Umbria e oltre diecimila in Abruzzo. Stando agli ultimi dati della Protezione civile, sono 65 le squadre di tecnici abilitati Aedes (agibilità e danno nell’emergenza sismica) e di esperti impegnate nelle verifiche di agibilità post-sismica. Ad oggi risultano 26.147 schede di valutazione relative a sopralluoghi su edifici privati compilate, da cui emerge un quadro molto difficile: 13.030 immobili dichiarati agibili (circa il 50%) e 1.298 che, pur non essendo danneggiati, risultano inagibili per rischio esterno. Sono 7.228, invece, gli esiti di inagibilità (circa il 28%) mentre 3.942 sono gli immobili temporaneamente o parzialmente inagibili (il 15%).

Questo scenario, frutto di un lavoro lungo e complesso, adesso potrebbe essere rimesso in discussione. Per avere qualche certezza bisognerà aspettare la conta dei danni, ma queste nuove scosse potrebbero far saltare almeno in parte i risultati del monitoraggio effettuato finora. Il motivo è banale: strutture messe già sotto stress a fine agosto potrebbero accusare l’ulteriore colpo e diventare inagibili.

C’è, infine, un fronte più burocratico ma non meno rilevante: quello del cratere. Con il decreto andato in Gazzetta sono stati individuati 62 Comuni nei quali sarà incassato il contributo pieno, sia per le prime case che per le seconde case. Fuori da quest’area veniva già garantito un risarcimento condizionato, ancora una volta, alla dimostrazione di un nesso di causalità tra la scossa e i danni. In ogni caso, per i danni alle seconde case il tetto del contributo era pari al 50 per cento. Questo perimetro, definito dopo un lungo lavoro di analisi della situazione del territorio, andrà probabilmente rimesso in discussione, adesso che lo sciame sismico si sta allargando verso nord: altre aree potrebbero rientrare nel cratere, costringendo Palazzo Chigi a rifare i conti. Per adesso nella legge di Bilancio sono previsti, dal lato della ricostruzione privata, 100 milioni nel 2017 e 200 milioni all’anno nei 30 anni compresi tra il 2018 e il 2047. Fanno 6,1 miliardi, ai quali sommare un altro miliardo per gli edifici pubblici. Totale: 7 miliardi.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©