Appalti

L'intervento. Ppp necessario per la ripresa degli investimenti, ma servono Rup e Pm all'altezza

di Remo Dalla Longa*

Alla crescita del Pil (Prodotto interno lordo) in Italia mancano gli investimenti pubblici in infrastrutture; negli ultimi anni abbiamo perso quote di Pil pari a 1,2%-1,5%, molto di più se si considera il rapporto diretto che vi è tra la realizzazione di investimenti (opere pubbliche ed infrastrutture) e tutta la filiera che contribuisce a rendere operativo un montaggio dell'investimento (produzione dei materiali, progettazione ingegneristica, costruzione ed altro). In aggiunta vi è anche il ruolo dell'investimento come volano allo sviluppo dei sistemi urbani, territoriali e nazionali.

Dati recenti ci dicono che nel 2015 le gare pubblicate per approvvigionamenti sono state pari a 115 miliardi, di cui i lavori, più strettamente legati agli investimenti in opere pubbliche ed infrastrutture, sono stati poco meno di 24 miliardi di euro (vedi tabella).

Si tratta di dati impressionanti per ammontare, è la prima volta che vengono formalizzati nel dettaglio. I lavori (gare pubblicate) sono scesi, in alcuni anni, da 40 miliardi di euro all'anno agli attuali 23,7 del 2015, nel 2014 erano 27,4 miliardidi euro.

Il governo nel suo Def indica di farli risalire a 40 miliardi di euro nel 2019, ma si tratta di conteggi differenti.Il riferimento è duplice, da un lato vi è la programmazione e l'impegno di spesa che indica in 37,2 miliardi di euro gli investimenti fissi per il 2015 (Def 2016), dall'altro i bandi di gara per il 2015 che invece indicano 23, 7 miliardi di lavori. Sono due dati asimmetrici destinati a non coincidere mai, come asimmetrici sono il Cup rilasciato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri (codice di progetto) e il Cig rilasciato dall'Anac (codice identificativo di gara). Altresì asimmetrico è il dato di conto economico e conto di cassa delle amministrazione pubbliche che nel 2015 vede il conto di cassa (pagamenti) molto inferiore rispetto al conto economico (programmazione). Si può concordare sul fatto che dal manifestarsi della crisi del 2007 gli investimenti per via dei patti di stabilità sono
sensibilmente diminuiti ogni anno in Italia (Def, 2016); ogni fonte conferma tale trend.

I dati inizialmente indicati si riferiscono a pubblicazioni di bandi di gara (rilascio del Cig) effettuate nel 2015; tra la fase di programmazione iniziale (compreso l'elenco annuale), progettazione di opere complesse e l'appalto intercorrono mediamente alcuni anni, sono gli anni della progettazione e del parco progetti necessari per dar vita all'appalto prima e alla spesa di investimento poi. Per la prima volta e questo è sorprendente, la spesa derivante da gare di lavori è significativamente inferiore a quella di servizi e forniture.
Il confronto con i dati omogenei (gare pubbliche) del 2014 ne è un'ulteriore conferma (vedi tabella).

Si tratta di dati antecedenti all'approvazione del codice dei contratti che è dell'aprile 2016.
I dati ci mostrano un paese che ha subito una profonda crisi e che non ha potuto utilizzare l'investimento (lavori) come volano per uscire dalla crisi. Era avvenuto nella crisi del 1929 che attraverso politiche di investimento di economia keynesiana si fosse riusciti a riattivare lo sviluppo. L'enorme debito pubblico italiano e le compatibilità europee del fiscal compact e del patto di stabilità (Maastricht) non ci hanno permesso nella crisi degli ultimi anni, a partire dal 2008, di utilizzare questa leva. In Italia il Ppp e il Project manager di opere pubbliche, se sistematizzati, ci possono permettere di recuperare i ritardi nello sviluppo. Ci si deve credere.

La spiegazione dei dati sopra riportati ha una duplice lettura, una congiunturale ed una strutturale.

Lettura congiunturale. Il patto di stabilità interno al nostro paese ha colpito maggiormente la categoria dei lavori (investimenti). È dal 2005 che gli investimenti vengono inseriti negli aggregati di spesa soggetti ai tetti posti dal patto di stabilità. Negli anni precedenti 1999 -2004 il confronto era tra spesa produttiva (investimenti) ed improduttiva (spesa corrente) e la correzione era espressa in termini di saldo finanziario tra entrate finali e la sola spesa corrente. Si viene a determinare un meccanismo per cui dal 2005 la spesa corrente si stabilizza, mentre quella degli investimenti cala vistosamente rispetto al Pil, soprattutto quella degli enti locali (Comuni) che rappresentava (e rappresenta tuttora) una fetta considerevole degli investimenti (20% circa dell'insieme degli investimenti del Settore pubblico allargato).

Lettura strutturale. Una tendenza generale in atto è la progressiva riduzione del finanziamento diretto da parte della pubblica amministrazione per quanto riguarda le infrastrutture ed opere pubbliche .

Con formule differenti si è assistito e si assisterà progressivamente ad una sostituzione delle risorse pubbliche con quelle private. È una tendenza già registrabile (vedi grafico). Vi è una tendenza di medio e lungo periodo che appare ineluttabile e si aggiunge a quella di breve e medio periodo che appare di assestamento e con qualche contraddizione.

Una criticità è costituita dalla direttiva 2014/23 sulle concessioni che sembra restringere, nel breve periodo, lo sviluppo delle infrastrutture economiche, ma la tendenza sul lungo periodo può, a date condizioni, fare rimanere la crescita.

La crisi economico e finanziaria ha ridotto gli investimenti di Ppp (Is – Infrastrutture sociali) e concessioni (Ie – Infrastrutture economiche) che erano in progressiva crescita, così come sono state ulteriormente ridotte le risorse pubbliche per gli investimenti in opere pubbliche ed infrastrutture.

Le cause di riduzione degli investimenti di Ppp (Is) e concessione (Ie) sono da imputare al credit crunch derivante dalla turbolenza finanziaria e dai nuovi scenari venutesi a creare con Basilea 2 (dal 2008) e Basilea 3 (dal 2013) dove permane un progressiva verifica sul patrimonio delle imprese; sulla definizione ex ante, sempre più stringente, dei rischi; sull'entrare in merito ai rischi di mercato delle imprese che richiedono il prestito; sullo scartare i finanziamenti a quelle iniziative con i maggiori rischi. L'oggettiva minore disponibilità di attingere al prestito e un lavoro più accurato sui rischi rende necessario, per la pubblica amministrazione, rafforzare l'ambito della programmazione e di coinvolgere all'interno di questo anche il finanziatore. In questa fase, i dati sul Ppp in Europa ci dicono che l'investimento sembra essere rimasto stabile. Vi è un calo per il Regno Unito e per le nazioni in crisi finanziaria e che hanno avuto un'alta crescita esponenziale dello spread (Italia, Spagna, Grecia, Irlanda, Slovenia e Portogallo).

Il dettaglio del breve periodo indica come la crisi economica, il rispetto degli indicatori di Maastricht sul debito pubblico annuale, i patti di stabilità, il credit crunch e gli alti spread in Italia e Spagna (2009-2014) hanno fatto diminuire significativamente gli investimenti pubblici diretti in infrastrutture ed opere pubbliche (vedi grafico 1-b).

In cinque anni (dal 2009 al 2014) in Italia la riduzione è stata pari al 1,2% rispetto al Prodotto interno lordo, in Spagna ancora di più (- 2,1%), più contenuta in Francia (- 0,6%) e in Germania (-0,2%). In altri termini il mancato investimento in opere pubbliche ed infrastrutture ha contribuito in Italia ad una riduzione del Pil in modo significativo che è ancora maggiore se si considera l'impatto che questo ha avuto sulla produzione dei materiali edilizi e delle costruzioni e sulle professioni legate agli investimenti in opere pubbliche ed infrastrutture.

La relazione degli investimenti pubblici è con il valore del Pil che in Italia è diminuito maggiormente in termini assoluti rispetto a Germania, Regno Unito, Francia e Spagna. Quest'ultima ha un debito pubblico complessivo sul Pil alquanto inferiore a quello dell'Italia. La Spagna ha inoltre una leva sul medio periodo per incrementare più di quelli italiani gli investimenti pubblici tramite un indebitamento diretto, deve però uscire, nel breve, dall'altro vincolo sul bilancio annuo (non superare il 3% di rapporto tra debito e Pil – parametri di Maastricht).

I dati sull'Italia fanno emergere un paese che ha imboccato con decisione lo sviluppo del Ppp (Is) e concessione (Ie) anche per il forte debito pubblico che con restrizioni e patti di stabilità blocca altre possibilità di investimento.

Il Ppp in Italia è passato dal 5% del mercato delle opere pubbliche ed infrastrutture dei primi anni del 2000 agli attuali 30%, con picchi del 43% nel 2011, segno di una rapida e ‘caotica' crescita del modello applicativo del Ppp. È stata, in definitiva, la peculiarità del nostro paese a richiedere questo balzo, anche se tutto non è sempre avvenuto in forma coerente e soddisfacente.

Il crescente intervento sul Ppp e concessioni non è stato aiutato da un'adeguata cultura e management di supporto alla pubblica amministrazione, sancito negativamente anche dell'Unione Europea nel mancato riconoscimento da parte di Eurostat del corretto trasferimento del rischio (cfr. MEF, 2015) dal pubblico al privato, con l'attivazione quindi di Ppp imperfetti (iscrivibili nell '«on balance») e non più proponibili.

Un montaggio coerente di PPP (Is) richiede che vi sia un'integrazione di più discipline non somma di segmenti incomunicanti (vedi grafico) ma con una base di conoscenza che veda nel project manager di opere pubbliche ed infrastrutture (Rup) una figura pro attiva in grado di raccordare in base all'oggetto di Ppp le diverse ‘miscele' interdisciplinari contribuendo a creare una ‘regia' pubblica e ‘privata' in equilibrio.

Una figura di questo tipo va creata nel nostro paese con riconoscimenti anche pubblici per gli individui ed organizzazioni che decidono di percorrere questo investimento. Sda Bocconi è impegnata da tempo nel formare questi profili.

*Professore all'Università Bocconi/SDA, coordinatore scientifico dell'Osservatorio PREM – Public Real Estate Management di SDA Bocconi e coordinatore di GePROPI – Gestione dei Processi Realizzativi di Opere Pubbliche ed Infrastrutture.

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