Appalti

Codice appalti verso il tagliando: allo studio l'ipotesi di anticipare il correttivo a dicembre

di Mauro Salerno

Anticipare il primo tagliando al codice appalti. È l’ipotesi che sta prendendo forma inquesti giorni per rispondere da subito alle criticità evidenziate nella prima fase di attuazione del Dlgs 50/2016, che proprio oggi chiude i primi sei mesi di operatività.

Le audizioni avviate dal Parlamento per testare l’impatto delle nuove regole sul mercato hanno messo in luce alcune emergenze che potrebbero spingere il Governo a intervenire con le prime correzioni entro la fine dell’anno, senza aspettare la scadenza (massima) del 19 aprile per esercitare la delega (prevista dalla legge 11/2016) a correggere in corsa il codice.

Ancora da sciogliere la forma che prenderanno queste correzioni. Una prima idea sarebbe quella di lavorare da subito al decreto correttivo, anticipandone il varo entro fine anno. L’altra ipotesi - più concreta per una questione di tempi, ma anche meno coerente con il percorso immaginato finora - è quella di procedere con una serie di modifiche spot (magari da inserire in uno dei decreti in conversione oppure nella legge di Bilancio), lasciando al provvedimento da varare entro aprile il compito di un ripensamento più organico. Sulla decisione finale peserà anche il parere del Parlamento che dovrebbe completare nel giro di un paio di settimane la sua consultazione.

Qualche certezza in più c’è, invece, sul merito degli interventi da anticipare alla prima occasione. In prima fila c’è la marcia indietro sul periodo di riferimento utile per la dimostrazione dei requisiti di qualificazione delle imprese. Il nuovo codice dimezza da 10 a 5 anni la forbice entro la quale pescare i lavori eseguiti di maggior valore. Il rischio è quello di mandare fuori mercato migliaia di imprese. Di qui la scelta di ripristinare il bonus decennale.

Un altro intervento potrebbe arrivare sui criteri di aggiudicazione delle gara, ritoccando al rialzo il tetto massimo per l’assegnazione degli appalti al massimo ribasso (ora fissato a un milione di euro), venendo incontro alle reiterate richieste di enti locali e imprese. Si porta dietro più dubbi (insieme alla contrarietà dell’Anac) la possibilità di intervenire sulla disciplina del subappalto, rivedendo le norme che lasciano alle stazioni appaltanti la facoltà di decidere di volta in volta se ammettere o meno i subaffidamenti e che obbligano i costruttori a indicare con l’offerta una terna di imprese da chiamare per i subappalti.

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